25 Aprile 2019
Il 25 aprile è una data importantissima per l’Italia e per gli italiani, sia a livello politico che a livello militare, in quanto è il simbolo della lotta di Resistenza attuata dai Partigiani durante la seconda guerra mondiale contro il governo fascista e l’occupazione nazista. Festeggiare il 25 aprile significa ricordare il sacrificio di migliaia di uomini qualunque che, armati soltanto di speranza e giustizia, liberarono il nostro Paese dalla dittatura nazifascista. I Partigiani, infatti, non erano un esercito vero e proprio ma erano uomini qualunque che si riunivano in gruppi per attaccare, come potevano, il nemico. I Partigiani e tutte le parti che si opponevano ai nazifascisti erano riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI). “Arrendersi o perire!” fu la loro parola d’ordine: infatti, alcuni combatterono in ogni modo possibile l’occupazione dei tedeschi e riuscirono a resistere in modo impeccabile, ma non mancarono – d’altra parte – delle vere e proprie stragi in cui morirono tantissimi civili non direttamente coinvolti nella lotta partigiana.
Il 25 Aprile è un fatto storico, un momento preciso della realtà, ricordato come l’insorgere dei partigiani contro i fascisti. Ma è, nel tempo, diventato molto di più. Si è trasformato in un’ideale, in un progetto, in un insieme di valori, che oggi abbiamo imparato a chiamare Costituzione. Tra i 139 articoli che compongono il testo, non ce n’è uno dove l’Assemblea Costituente non si sia interrogata a fondo, per non lasciare che un’altra ondata di distruzione potesse negare agli italiani quello che faticosamente hanno ottenuto. L’antifascismo non è più solo l’opposto del fascismo o la sua negazione, è la forte affermazione di libertà e democrazia. Principi cardini che nella Costituzione sono stati ribaditi sia nella sua prima parte, quella dedicata ai consociati, che nella seconda, quella relativa alla strutturazione dell’ordinamento giuridico. Così esiste uno Stato che pone al centro della sua organizzazione il Parlamento, quello votato direttamente dai cittadini e in cui gli stessi possono liberamente rientrare, che separa il potere giudiziario da quello legislativo ed esecutivo affinché mai possa essere al servizio di questo o di quell’altro potere ma solo ed esclusivamente alle leggi, promulgate dagli stessi cittadini. Inviolabile è l’aggettivo che i nostri costituenti hanno utilizzato per descrivere la nostra libertà personale, a cui hanno aggiunto quella di riunione, di associazione, di manifestazione del pensiero. Libero e uguale quelli per descrivere la nostra arma più potente: il voto. Il sesso, la razza, la lingua, la religione, le opinioni politiche, le condizioni personali e sociali sono espressamente considerate non influenzabili sulla considerazione dell’essere umano. Perché tutti, ma proprio tutti, hanno pari dignità sociale. Indipendentemente da qualsiasi fattore. La Resistenza è stata spesso considerata come qualcosa che semplicemente si contrappone ad altro. Il protagonista che esiste solo in funzione di un antagonista. Ma non è più così ormai. La Resistenza, l’Antifascismo, conosciuti in questo stesso giorno di 74 anni fa, sono diventati la trave portante della nostra società e del nostro essere libere persone.
Nonostante l’imprescindibile valore storico del 25 aprile, negli ultimi anni a causa della nuova ascesa dell’estrema destra, è stata riabilitata la possibilità di dubitare della legittimità di festeggiare questa giornata. Le manifestazioni in onore di chi, per anni, ha negato proprio quella libertà democratica di cui oggi avremmo estremamente bisogno di discutere, stanno attraversando tutta la penisola, dallo striscione in onore di Mussolini esposto a Piazzale Loreto dagli ultrà, all’assenza di Matteo Salvini (allergico seriale al 25 aprile) alle celebrazioni ufficiali in ricordo della liberazione dal nazifascismo, paragonate dal ministro dell’interno a un “derby tra fascisti e antifascisti”. L’attribuzione di un carattere “divisivo” alla festa della liberazione da parte di un leader politico è estremamente deleteria per il momento storico in cui viviamo e l’idea che il concetto di “libertà” possa non essere condiviso e difeso da tutti è sconcertante. Sembra propagarsi sempre più una sottile volontà di eliminare il ricordo di quegli avvenimenti, cancellare la memoria di quegli avvenimenti, creando una nuova unità, un neonato agglomerato di cittadini che non sanno o, ancor peggio, non si interessano alla celebrazione di quei diritti che, un tempo, avevano perso.
Il 25 aprile può significare tante altre cose e magari si dovrebbe riflettere di più su che cosa stiamo festeggiando e sul vero senso della parola “liberazione” o, meglio, di quella che dovrebbe essere la “libertà”. Siamo davvero liberi? Questa è una domanda che dovremmo porgerci forse ogni giorno e non solo quando c’è un data in un rosso sul calendario. Forse solo così potremmo renderci conto che, in verità, non si è mai veramente liberi. I nostri antenati erano partigiani, sono morti e hanno lottato per far cadere un regime, probabilmente non sarebbero molto orgogliosi della realtà che stiamo vivendo oggi e di ciò che si sta costruendo per il futuro. Ricordare il passato fa bene, ma solo se riesce ad essere una buona base per il presente e gli anni a venire, perché non basta ricordare solo una volta all’anno se per il resto dei giorni si continuano a fare gli stessi errori, magari anche in modi e contesti diversi, ma comunque è come se si facessero mille, o più, passi indietro.
La Redazione