8 Marzo 2021
Se non hai figl* o non hai il proverbiale istinto materno, non sei una vera donna;
Se non sai cucinare, allora non sai/puoi avere cura della tua famiglia;
Se sei una bambina, devi giocare solo con le bambole e devi amare il colore rosa. E quando cresci, spetta solo a te contribuire alle faccende domestiche;
Se i tuoi interessi non coincidono con lo shopping compulsivo e sai parcheggiare bene, allora non puoi essere una donna perché non ne rispecchi il prototipo;
Se non ti sposi, sei una zitella;
Se hai un lavoro, non puoi occuparti della tua famiglia;
Se ottieni una promozione, sei andata a letto con il capo;
Se indossi un vestito scollato, sei una facile;
Se ti piace il calcio, sei un maschiaccio perché le donne non sanno cos’è un fuorigioco;
Se non ti trucchi, sei trasandata e ti trascuri. Se lo fai, devi farlo in modo leggero perché le donne “acqua e sapone” sono migliori;
Se preferisci le scarpe da ginnastica ai tacchi e indossi sempre jeans e felpa, non sai cos’è la femminilità;
Se sei nervosa o facilmente irascibile, hai il ciclo e non vieni presa sul serio;
Se scegli di essere sola, scegli soltanto di mascherare un amore mancato con la tua intraprendenza;
Se costruisci una vita fatta di carriera, talento, voglia di libertà, mancherà sempre un tassello importante per la tua realizzazione;
Se la tua vita quotidiana è ordinaria, legata agli affetti, al luogo in cui vivi, sei banale, relegata all’obsoleta espressione “donna di casa”;
Se lavori, cresci figl*, mantieni pulita la tua casa, è normale che tu lo faccia. Migliaia di donne lo fanno. Se è lui a farlo, è un eroe epico;
Se sei grassa, sei inadatta alla vita, priva di sessualizzazione, non congrua alla possibilità di lavorare, di condurre la tua vita pretendendo rispetto dallo sguardo altrui;
Se sei troppo magra, non ti ami, meriti al massimo un po’ di compassione;
Se non riesci ad amare il tuo corpo, è solo colpa tua e della tua scarsa autostima;
Se non trovi lavoro a causa della tua immagine, è solo colpa tua e non dello sguardo altrui;
Se la tua visione del mondo è relegata alla percezione che hanno di te e del tuo corpo, è solo colpa tua. Devi cambiare tu;
Se sei in competizione con un’altra donna, è nella tua natura;
Se ti metti in mostra su un social, sei una cattiva femminista;
Se mostri la realtà sotto una lente femminista, strumentalizzi le statistiche;
Se rivendichi uno spazio di protesta, escludi la controparte che, nonostante tutto, ti opprime;
Se sei femminista, non ti depili (perché è la presenza o no dei tuoi peli a determinare quanto tu possa definirti donna) puzzi, non ami, sei solo un agglomerato di rabbia e misandria repressa;
Se posti su Instagram foto di libri e tazzine rosa, sei soltanto un’influencer frivola e priva di contenuti;
Se racconti di aver subito violenza e fai un discorso preciso sulla violenza di genere, allora sei scorretta perché non tieni conto della sofferenza maschile;
Se ti tingi i capelli di biondo o se in generale assumi i canoni tradizionali di bellezza come quelli più vicini a te, allora in te non c’è alcuna avanguardia;
Se invece assumi dei canoni di bellezza completamente diversi da quelli tradizionali (tra cui non depilarsi), allora sei oscena;
Se rivendichi il fatto che gli assorbenti dovrebbero costare di meno perché non sono beni di lusso e in generale sei stanca di nascondere l’assorbente neanche fosse un grammo di cocaina, allora sei poco discreta e anche volgare;
Se ti offendi perché si rivolgono a te e alle tue colleghe usando termini al maschile (tipo “ciao ragazzi” mentre voi siete tutte donne), allora stai facendo polemica sterile perché mica sono queste le cose importanti;
Se credi sia ingiusto non poter dare il tuo cognome a tuo figlio/tua figlia o non poter ereditare quello di tua madre, allora stai avallando una istanza inutile perché è meglio conservare le tradizioni;
Se denunci la carenza di presenze femminili nella politica, negli sport o più in generale nel mondo del lavoro, allora non stai facendo un ragionamento corretto perché dovresti sapere che non importa il genere ma solo “la competenza”;
Se declini un invito o fai presente che alcuni atteggiamenti ti infastidiscono, allora sei solo una che se la tira;
Se non apprezzi le lusinghe “da strada” tipo clacson e fischi, allora sei una frigida;
Se indossi una minigonna, allora vuoi attirare attenzione;
Se abortisci, allora sei una persona insensibile che non capisce che i bambini/le bambine sono un dono del Signore;
Se vivi liberamente la tua sessualità, allora sei una poco di buono;
Se preferisci avere amicizie maschili anziché femminili, allora o sei un maschiaccio o una poco di buono perché è ovvio che le femminucce stiano con le femminucce;
Se in casa ti rifiuti all’idea di fare servizi o cucinare, allora sei solo una scansafatiche;
Se sei una donna con disabilità, sei incapace di fare sesso, essere sensuale, ambiziosa, lavorare, avere una vita piena e soddisfacente;
Se stai finalmente, dopo anni di lotta, sacrificio e consapevolezza, aderendo alla tua identità di genere e autodeterminandoti come la donna che sei sempre stata e che sempre sarai, sarai un errore per la religione e per la biologia;
Se sei una sex worker non hai dignità, né la possiede il modo in cui usi il tuo corpo;
Se sei nera, sei felina, animale, appetibile, sei sesso e null’altro;
Se scegli di portare il velo, sei automaticamente una donna oppressa;
Se eccelli nel tuo campo di studio/lavoro, sei l’eccezione o comunque ti sei sempre ispirata ad un uomo.
Barbara Palombelli aveva ragione. Non saremo mai abbastanza per i nostri padri, fratelli, mariti e (forse) figli. Non saremo abbastanza per qualsiasi uomo che ci voglia dire chi essere, come esserlo, cosa fare e per chi/cosa combattere. Qualsiasi forma prenderanno i nostri corpi, qualsiasi colore avranno i nostri capelli e la nostra pelle, qualsiasi stile o modo assumeremo, qualsiasi occupazione sceglieremo, qualsiasi vita creeremo, ci sarà sempre qualcuno a dirci che era meglio in un altro modo. Se chi legge è una donna, non serve neanche il like di consenso, sappiamo che hai almeno una volta sentito una di queste frasi. Sicuramente te ne sono venute in mente altre, diverse ma in fondo uguali. Non si possono contare le volte in cui ti è stato detto di stare zitta o quelle in cui stesso tu hai preferito stare in silenzio, convinta che le tue parole non avrebbero avuto il giusto impatto/effetto. Tutto questo deve cambiare. Se hai voglia di gridare, allora grida. Se non riesci a proferire parola, non importa. Arriverà il momento giusto, perché niente, niente è più forte delle parole che diremo.
La Redazione