18 Giugno 2014
Faccia incipriata, bianca come il viso di quella prostituta di fine 800 vista su un libretto, riposto tra vecchi libri ammuffiti dal tempo;
Naso rosso, vestito kitsch che mi penzola un po’ sui fianchi, così demodé, da video anni 80, piedi piatti (vabbè questo è un dono di natura): si entra in scena. O ad entrare in scena siete voi.
Perpetuo i miei gesti: le solite gag, le solite smorfie, il mio viso un accostamento di bianco e rosso, con questo naso e questo rossetto che mi cola fino a farmi sembrare un gigante lecca-lecca colorato, in vendita nei vecchi luna park.
Illuminato da queste luci ancora funzionanti di questo piccolo teatro, in un piccolo quartiere, di una grande città.
Ciò che non sapete è che i veri protagonisti siete voi, io sono solo uno spettatore che ripete incessantemente gli stessi movimenti da ormai decenni e decenni.
Ho visto la platea riempirsi, a volte essere occupata da pochi intimi, a volte ancora tristemente desolata: ebbene, anche lì ero lo spettatore di un protagonista ideale che stava per arrivare. In questo teatro desolato, in un quartiere periferico, di una città in costruzione.
Amanti spensierati, in fuga dalla realtà, chiusi in valige di cartone e strafottenza, lì seduti in fondo, visibili e nascosti ai miei occhi: regalo a loro un po’ di sana paura, per vederli ancora più vicini, per mostragli che la quotidianità sa logorare anche ciò che sembra indissolubile.
Logorati come quei due coniugi che non hanno nulla da dirsi, se non sprofondare in fantasie nostalgiche vuote di slancio; ai loro figli ho donato quei sorrisi che loro non sono stati capaci di dare, vittime di una sanguinaria routine. Ho visto operai cercare un po’ di evasione dalle loro giornate, smontarsi dalle catene di montaggio, mi sono avvicinato tendendogli la mano: per ricevere un po’ della loro dignità, della loro forza, del loro coraggio.
Ci sono sere che ho piedi pesanti, per salire sul palco e filtrare luce dalle vostre storie: tensioni, sguardi complici, fischi, sdegno, ingenuo stupore.
Ci ripenso. Sospiro. Sono di nuovo su questa pista di legno calcata da vecchi sognatori.
In questo piccolo teatro, in un piccolo quartiere, di una grande città: il sipario non chiude, la vita continua.
Gian Luca Sapere