24 Dicembre 2022
È capitato a tutti/e, almeno una volta, mentre si è nel pieno dei preparativi per il cenone della Vigilia o il pranzo di Natale, di rendersi conto di aver dimenticato quel particolare ingrediente o di aver sbagliato a quantificare le dosi della pietanza in rapporto agli ospiti. A quel punto, un membro della famiglia si immola nello scendere al negozio più vicino per sopperire alla mancanza. Un gesto semplice e quasi meccanico per risolvere la situazione. Allo stesso modo, è successo di sentire la domanda “Ma il 25 siete aperti?” posta al/alla cassiere/a in fila al supermercato o al/alla farmacista mentre si è in attesa dei medicinali richiesti. C’è chi con un sorriso di circostanza risponde in modo positivo o negativo a seconda della politica aziendale e, quando la risposta è affermativa, in modo automatico i clienti fanno un cenno di disapprovazione, per poi recarsi nello stesso luogo proprio il giorno di Natale approfittando dell’apertura straordinaria: “Tanto è aperto, ci metto un attimo”. Ma quanto costa quell’attimo al personale di turno?
Quest’anno, l’USB (Unione Sindacati di Base) ha deciso di tentare di smuovere gli animi proclamando uno sciopero nelle giornate prefestive del 24 e del 31 dicembre, dalle 17 a fine turno per tutelare i/le lavoratori/trici “che da sempre, sette giorni su sette e per 52 domeniche l’anno, permettono ai cittadini di spendere e consumare, anche nelle festività”, precisando che “il godimento del riposo nelle festività è un diritto garantito dalla legge che il datore di lavoro non può e non deve scalfire”. La protesta include tutti i settori del commercio, della grande distribuzione organizzata (ad esempio, i supermercati), dell’abbigliamento e dell’arredamento per la casa per poter consentire, agli/alle addetti/e a questi servizi di trascorrere “un Natale più umano” contro la politica del sempre aperto in uso nel mese di dicembre. Sulla stessa scia, per le giornate del 25 e 26 dicembre e dell’1 e 6 gennaio, è stato indetto dai sindacati Filcams Cgil e Uiltucs Toscana uno sciopero che prevede l’astensione dal lavoro. Anche questa manifestazione riguarderà i/le lavoratori/trici dei negozi e degli esercizi commerciali. “Per salvaguardare la libertà delle lavoratrici e dei lavoratori che desiderano trascorrere le feste in famiglia e di aumentare i diritti per coloro che, invece, e sono molti, prediligono il mero aspetto economico legato alla prestazione, per risolvere definitivamente la problematica basterebbe una decisione politica che privilegi la famiglia e la socialità, oppure, più semplicemente, avere da parte delle società un approccio per restare umani”, è la dichiarazione di Marco Conficconi, segretario generale della Uiltucs Toscana.
Oltre ai settori menzionati in precedenza, sono diversi i servizi pubblici che restano accessibili nei giorni festivi come Natale, Santo Stefano e Capodanno. Il personale addetto, pur di poter celebrare almeno una delle festività, mette in atto un escamotage sui turni: chi lavora a Natale, è libero a Capodanno e viceversa. Ci sono settori che non possono permettersi di essere fermi, come quello ospedaliero che include medici, infermieri, Oss, addetti/e alle pulizie, alla sicurezza e volontari/e della Croce Rossa e del 118 pronti ad intervenire in caso di necessità. O quello delle forze dell’ordine e dell’esercito che comprende coloro che sono impegnati/e nelle missioni estere. E, ancora, quello del trasporto pubblico che racchiude il personale aereo e gli/le autoferrotranvieri/e che, come si evince dallo spot targato Frecciarossa, si impegnano a riconciliare le famiglie distanti a qualsiasi orario.
Inoltre, vi sono coloro che invece di gustarsi le specialità della tradizione a tavola con i propri cari, sono impegnati nel cucinarle e servirle alle tavolate prenotate con largo anticipo da chi non è solito trascorrere queste festività tra le mura di casa. Quello della ristorazione è tra i settori più gremiti di mole lavorativa in periodi come questo, basti pensare ai classici veglioni di Capodanno che vengono sponsorizzati già da inizio dicembre. Ma i tavoli si riempiono lo stesso anche a Natale perché risulta più comodo darsi appuntamento in un locale dove altri hanno pensato all’intera preparazione anziché a casa di uno dei membri della famiglia che deve incaricarsi di allestire il tutto. Un’altra tipica consuetudine è quella di ritrovarsi davanti ad un bar a pranzo concluso per continuare a brindare e passare il resto del pomeriggio.
È ovvio che non si vuole pretendere di congelare, nel giorno di Natale, un’intera città e tutti quei servizi essenziali di cui la cittadinanza ha necessità come quello ospedaliero e delle forze dell’ordine. D’altro canto, altre attività potrebbero restare chiuse come gli esercizi commerciali e i supermercati. L’obiettivo è quello di mettere in risalto le storie di chi decide, spesso per necessità, di trascorrere le festività per soddisfare i bisogni dei clienti anziché a tavola tra i parenti. Come cittadini/e è necessario rivoluzionare la nostra narrazione riflettendo sui privilegi acquisiti che spesso sottovalutiamo. Anche un semplice caffè al bar preso durante questi giorni di festa, sebbene possa sembrare un’azione minima, com’è il tempo di berlo, in realtà è indice del fatto che determinate persone per riuscire ad offrire quel caffè si sono dovute privare di un giorno di festa per lavorare e tenere in piedi l’attività. In queste giornate, sarebbe il caso di pensare un po’ di più a chi prepara il caffè o l’aperitivo dietro al bancone e a non dare per scontato tutti i servizi di cui usufruiamo in maniera molto agevolata.