1 Giugno 2022
Le elezioni studentesche 2022 per il rinnovo della rappresentanza in seno al CNSU e all’A.DI.S.U.R.C hanno rappresentato per l’Università degli studi di Salerno un trampolino di lancio verso un reale ritorno in presenza. Le aperture a singhiozzo avvenute negli ultimi due anni, le estensioni di orari e le riabilitazioni degli spazi d’Ateneo concesse a piccole dosi, hanno acquisito un valore subordinato rispetto alla ripopolazione di studentesse e studenti avvenuta nei giorni 17, 18, 19 maggio 2022. Tornare a votare si è rivelato simbolico per la comunità accademica, che è tornata all’università per partecipare realmente alla vita del campus, per il miglioramento al suo interno della propria permanenza e per quella di chi verrà negli anni successivi. Le elezioni tenutesi quest’anno hanno visto trionfare ancora una volta dal 2017 la coalizione Studenti Unisa, che ha appoggiato l’associazione nazionale UDU – Unione degli Universitari e i candidati Felice Fasolino, rappresentante in seno all’A.DI.S.U.R.C e Francesco Tommasino, rappresentante in seno al CNSU, eletti grazie a 6231 preferenze.
Con le elezioni studentesche, il campus dell’Università degli studi di Salerno è tornato ad essere campus, cittadina universitaria, realmente abitata da studentesse e studenti, di cui una parte ha mostrato interesse verso la possibilità di far parte della vita politica in ateneo. Ciò che non è cambiato, anche a distanza di anni, e nonostante il corso storico degli eventi avrebbe dovuto necessariamente spingere alla riqualificazione delle pratiche d’approccio alle elezioni e alla rappresentanza in ateneo, sono state le solite modalità coercitive messe in pratica dalle associazioni studentesche, tornate in men che non si dica alle vecchie abitudini. Striscioni di propaganda in ogni dove, sempre eccessivamente più grandi del dovuto e a prova di numerose diottrie, manifesti megalomani sparsi e strappati ovunque.
Le modalità di acchiappo per racimolare partecipazione ai seggi elettorali hanno anche quest’anno ripopolato i corridoi, gli ingressi ai dipartimenti, agli eventi, alle biblioteche, ai punti di raccolta esterni, alle panchine, alle piazze, addirittura al terminal, dove cumuli di matricole venivano prontamente dirottate verso i seggi elettorali con istruzioni ben precise su chi, cosa e come votare, a suon di “ti accompagno?”, “hai votato?”, “hai già votato?”, “sai come si vota?”. “Ho già votato” la risposta più gettonata alle insistenze ripetute. Il silenzio elettorale, un momento fondamentale per riuscire ad esercitare in maniera consapevole il proprio diritto di scelta, diventa puntualmente un optional per chi tenta di iniziare la lotta all’ultimo voto anche il giorno prima delle elezioni studentesche. E lo specchio della scarsa considerazione verso le capacità di intendere e di volere di studentesse e studenti sono i risultati ottenuti da questa campagna elettorale appena trascorsa.
Ad Unisa splende sempre il sole. È un esito che non si è mai discostato da quelli precedenti. Il motivo è sempre lo stesso: l’idea che ci si possa far portavoce di istanze studentesche è, e continua ad essere, appannaggio delle associazioni. O si passa di lì, o nulla. È un pensiero piuttosto radicato ad Unisa, che si palesa anche per i modi e i linguaggi usati durante la campagna elettorale. Si dà per scontato che uno studente/una studentessa che non militi in qualche associazione non sia interessato/a a tematiche relative al diritto allo studio o ad organi di rappresentanza. “Ti aiuto a votare” sottende esattamente questo. Per cui le associazioni sono formate da studenti e studentesse che conoscono l’università e possono rappresentarla, gli altri/le altre no.
Certo, chi fa associazionismo affronta queste tematiche ogni giorno, e certo se ne interessa più spontaneamente. Ma un’università realmente inclusiva (aggettivo usato in tutti i programmi elettorali) parte dalle piccole cose, creando momenti di aggregazione e partecipazione sempre. Non solo quando si vota. La domanda allora è: quanti incontri si fanno con gli studenti/le studentesse durante gli anni di mandato? Quante discussioni pre/post lezione in un’aula? Quante assemblee? L’impegno che si mette durante la campagna elettorale è pari a quello che si mette durante gli anni di mandato per creare partecipazione e confronto con gli studenti/le studentesse?
Le associazioni rappresentano il punto di forza e di debolezza della rappresentanza universitaria. Punto di forza perché sono tuttora le uniche in grado di mobilitare intere masse di studenti e studentesse e fare senz’altro aggregazione tra loro. Punto di debolezza perché c’è sempre un limite di demarcazione, di circoscrizione, e tutto quello che sta fuori, sta fuori proprio da tutto. Se non ci sono, le elezioni rischiano di non avere luogo. I candidati di non esserci. Se ci sono, e scelgono insieme un candidato, quel candidato vince. Se si tengono le elezioni suppletive e c’è un solo candidato scelto da una sola associazione, quel candidato vince. Così, è solo questione di numeri. Più che di idee e progetti.
Si badi bene: è così, forse, da sempre. E questo nulla toglie a chi fa rappresentanza con serietà e trasparenza. Ma siamo in un periodo storico che ci impone di indagare il concetto di inclusione, che non può essere solo un aggettivo da usare in campagna elettorale come slogan. Essere inclusivi significa essere consapevoli delle barriere che, anche inconsciamente, si posizionano negli ambienti universitari. E provare a toglierli. Servono maggiori momenti di aggregazione, più scelte trasversali, e minori conflitti tra schieramenti. Nel mezzo ci sono sempre gli studenti e le studentesse, le loro istanze e i loro bisogni. Serve ricordarlo.