9 Novembre 2021
Gli spazi sono un tema portante del dibattito universitario tra governance d’ateneo e rappresentanza studentesca. Più questi sono garantiti, maggiore potrà essere la possibilità di vivere pienamente il campus e usufruire in modo più agevole dei servizi. È sulla necessità di uno spazio in particolare che si è concentrata la rappresentanza, quello che consente di sfruttare al meglio le ore nel campus e di costruire una propria routine che trascenda lo schema lezione-esame.
Il ritorno in presenza di tutte le attività didattiche ha riacceso i riflettori sui problemi strutturali che il campus di Baronissi si porta dietro da troppo tempo. Uno fra tutti, quello relativo agli spazi da dedicare alle attività di studio. Al momento l’unica aula adibita a tal fine è l’Aula Acquario i cui posti sono prenotabili attraverso la piattaforma d’ateneo utilizzata con le medesime modalità e finalità per le biblioteche del campus di Fisciano. Essendo prenotabili solo 25 posti, è chiaro che si tratti di una soluzione non in grado di soddisfare l’utenza del campus. La situazione è aggravata dal fatto che una delle aule maggiormente impiegate per lo studio, chiamata dagli studenti “Aula Bunker”, sia diventata un locale covid e che le aule vengano chiuse subito dopo la conclusione delle lezioni non consentendo a nessuno l’accesso al suo interno.
A Baronissi, quindi, ad eccezione dei 25 posti prenotabili in Aula Acquario, al momento è impossibile restare a studiare nel campus.
L’Associazione Studenti Medicina Salerno è intervenuta sul punto chiedendo di provvedere all’apertura della Biblioteca interna al Campus e contestualmente all’estensione degli orari di fruizione dello spazio, che vadano ben oltre i consueti lunedì-mercoledì-venerdì dalle 09:00 alle 12:00. La proposta conteneva anche la richiesta di apertura temporanea dell’aula nel corpo L.
Come per Fisciano, il tema qui non è solo relativo all’assenza di spazi ma soprattutto alla sua cattiva gestione. Non è affatto raro imbattersi in spazi completamente lasciati a sé che gli studenti e le studentesse potrebbero sfruttare per occupare quelle ore tra un corso e l’altro. Una soluzione del genere non solo consentirebbe di sfruttare al meglio il proprio tempo ma anche di venire incontro a chi è impossibilitato a lasciare il campus a causa della moria di corse dei pullman.
La pandemia ha lasciato in sospeso numerose questioni che stanno lentamente tornando a galla ora che il ritorno in presenza è divenuto reale e non più rinviabile. Proprio per questo, questioni come gli spazi e lo studio in aula sono più che mai necessari per ricucire il legame in presenza spezzato da un anno e mezzo a distanza. Ciò soprattutto alla luce del vigente regolamento di contrasto al covid che ancora impone distanza e sicurezza, circostanze che possono essere assicurate solo se c’è di base un serio lavoro organizzativo per trovare e mettere in sicurezza tali luoghi consentendo, allora sì, un effettivo ritorno in presenza. Questo vale soprattutto per il campus di Baronissi che non dispone di una biblioteca pari a quelle presenti sul campus di Fisciano e che solo ora vede la fruizione di una mensa un po’ più vicina a quella che dovrebbe essere l’utenza del campus.
Se gli spazi erano essenziali due anni fa quando si parlava di apertura dei campus nel fine settimana e oltre l’orario pomeridiano, ora lo sono senz’altro di più per ritornare a dare respiro alla quotidianità universitaria che è sembrata a tutti essere troppo compressa durante la dad. Avvalersi della rappresentanza e in generale di tutta la classe studentesca per lavorare alla riprogrammazione degli spazi è uno stimolo e anche un’occasione per ravvivare la partecipazione studentesca che si è sopita durante i mesi scorsi. Dare spazio, in fondo, significa proprio questo: lasciare margine di programmazione e intervento, per tornare realmente a sentirsi parte della comunità accademica e parte integrante del suo sviluppo.