1 Gennaio 2022
La sensazione di poter addomesticare il tempo, controllarlo, programmare la nostra esistenza rispetto al modo in cui pensiamo ad esso, a come decidiamo che scorra in base alle nostre esigenze, ci pervade. È una necessità personale e pubblica. Pensare a come il futuro possa accadere è l’evento in sé. Il tempo stesso lo diventa: si circoscrive. Un piccolo lasso di tempo, a seconda di come pensiamo che esso debba trascorrere, diventa la proiezione dei nostri desideri, delle aspettative di un’intera comunità. È per questo che Capodanno rappresenta per la società il momento più atteso (o più temuto, a seconda del grado di fiducia che vi si ripone) del calendario. D’altronde il calendario stesso non è altro che una convenzione per scandire il tempo. La riunione, i riti apotropaici, i fuochi d’artificio dal rumore distruttivo, le manifestazioni nazional popolari sono parte dell’approdo collettivo alla vita prossima, la vita possibile. Ogni anno migliore o peggiore, deludente o meno deludente, piatta o semplicemente identica alla vita trascorsa nei 365 giorni precedenti. “No alarms and no surprises”.
Il calendario gregoriano, il più utilizzato al mondo, si basa sull’anno solare, e cioè sul susseguirsi delle stagioni, ed è però singolare accorgersi di quanto il calendario solare, seppur non adottato in alcuni paesi del mondo, presenti le stesse caratteristiche, ma si articola in maniera del tutto diversa. Anche il calendario berbero si basa sul susseguirsi delle stagioni, ma esse accadono in maniera diversa rispetto al nostro continente in altre parti del pianeta. E così il suddetto calendario avrà all’interno della sua scansione del tempo stagioni e “periodi forti”, utili per regolare i lavori stagionali agricoli: primavera, estate, autunno e inverno arrivano quindi in anticipo rispetto al nostro ciclo stagionale. È proprio per questa esigenza che il calendario islamico, in molte regioni del Maghreb, non ha senso di esistere, poiché si basa su fasi lunari, distaccate quindi dal ritmo del calendario solare. Muharram, il Capodanno islamico, è tale solo per una parte della comunità religiosa. Per altre popolazioni è addirittura considerato “haram”. Per un gruppo di persone appartenenti alla stessa religione, il primo dell’anno può essere avvertito in modi completamente diversi tra loro.
“A Rosh Ha-Shanah tutte le creature sono esaminate davanti al Signore”, recita il Talmud. È il capodanno ebraico, a cadere a settembre, 162 giorni dopo la Pasqua ebraica, a rappresentare non un momento di festa propiziatorio per i giorni a seguire, ma un periodo di riflessione sulle azioni compiute dal singolo, sul suo modo di relazionarsi con il mondo. In Bangladesh, il calendario lunisolare fa cadere Capodanno il 14 aprile. La festa nazionale, istituita al di là delle appartenenze religiose del popolo, fatta di canti, fiere e processioni, è diventata nel 2016 patrimonio dell’Unesco. Se il calendario gregoriano è considerato uno dei sistemi di scansione del tempo più adottati al mondo, e di conseguenza anche le festività previste per il 31 dicembre sono estremamente diffuse in ogni parte del pianeta, il capodanno cinese, o festa di primavera, particolarmente sentito anche in Corea, Mongolia, Singapore, Malaysia, Nepal, Butan, Vietnam e Giappone (nonostante nel paese sia festeggi anche il calendario gregoriano), è una delle ricorrenze più diffuse in Asia e nel resto dei continenti grazie alle comunità cinesi residenti all’estero. Dura due settimane, tutto incentrato sul favorire la fortuna e sul ricongiungimento della famiglia. L’aspetto interessante del Capodanno Cinese è lo spostamento: ritrovare i propri cari genera un alto tasso di viaggi sul territorio nazionale e internazionale. L’identità culturale è quindi il carattere più evidente della festività.
La tecnica di scansione del tempo diventa quindi uno strumento di comprensione delle caratteristiche specifiche delle varie popolazioni. A seconda di come si decida che esso scorra, si comunica in che modo una singola comunità si muove nei meandri dei mesi, delle settimane, dei giorni, dei minuti e dei singoli secondi. Ciò che ci si aspetta dal nuovo anno, che inizia su tutta la superficie terrestre in momenti differenti, cambia a seconda di quanto abbiamo o non abbiamo interiorizzato del nostro circostante e della cultura a cui apparteniamo. Le norme del tempo sono cangianti, e così lo è il nostro approccio al nuovo, al tempo che è passato nel giorno esatto in cui non abbiamo deciso, o siamo riuscite/i a percepire che esso sia andato via, o che abbia deciso di lasciare a noi una parte di sé che possiamo, tramite la memoria, conservare e ravvivare nel futuro che sta per accadere.