20 Gennaio 2021
La classe studentesca non è stata esente dalle difficoltà emerse con l’introduzione delle norme imposte per fronteggiare la diffusione della pandemia, problematiche che si sono aggiunte a quelle già presenti e che hanno riguardato aspetti della vita accademica sia degli studenti che delle associazioni. Ne parliamo con Davide Masella, iscritto al corso di laurea in Medicina e Chirurgia, membro del Senato Accademico e rappresentante degli studenti nella Commissione Coronavirus istituita all’interno dell’università.
Per affrontare il periodo d’emergenza, l’Università degli studi di Salerno ha istituito all’interno dell’ateneo la commissione coronavirus di cui fa parte in qualità di rappresentante degli studenti. Di cosa si occupa l’organo e come sono stati decisi i suoi componenti? Com’è stato inserito Lei all’interno di questa commissione?
La commissione è stata istituita in seno al Senato Accademico durante una seduta di fine gennaio nella quale il Rettore espresse forte preoccupazione per la registrazione del primo caso di coronavirus in Europa. Considerando il flusso di mobilità anche a livello internazionale dell’ateneo, propose l’istituzione di una commissione che potesse occuparsi della tematica. Ogni qualvolta il Rettore decide di costituire una commissione all’interno del Senato Accademico propone anche i membri che secondo lui dovrebbero farne parte, poi spetta all’organo approvare o meno i componenti suggeriti. In questo caso, si è pensato di coordinarsi con il professore Zarra, delegato alla sicurezza e con Mario Capunzo, docente di Medicina esperto di igiene e sanità pubblica, il direttore del DISPC Virgilio D’Antonio ed altri docenti di diversi ruoli per cercare di coprire sia aree umanistiche e scientifiche. Era doveroso inserire anche qualcuno del personale tecnico-amministrativo come Gerardo Pintozzi, elemento fondamentale dato che i tecnici sono esposti a maggior rischio poiché soliti interfacciarsi con una mola non indifferente di persone. La rappresentanza studentesca doveva prendere parte alla commissione a prescindere da chi fosse stato scelto, il fatto che sia uno studente di Medicina è una caratteristica in più visto il lato sanitario della questione. Prima del lockdown di Marzo, la commissione si è riunita in presenza due volte durante il mese di febbraio, successivamente in remoto e poi nuovamente in presenza nei mesi estivi (giugno e luglio). L’organo si è proposto fin dall’inizio di gestire l’aspetto tecnico e procedurale relativo a quelle che possano essere gli adeguamenti strutturali e infrastrutturali da mettere in atto per fronteggiare l’emergenza, previsti dalle direttive governative e regionali. Quali strategie pianificare, come farle e in che tempi intervenire. Ad esempio, da maggio in poi, abbiamo passato la maggior del tempo per discutere dei test d’ingresso. Dovendo ospitare migliaia e migliaia di studenti per i vari test d’ingresso, questo è diventato l’argomento predominante perché il tutto andava fatto in sicurezza e nel miglior modo possibile. Compresa l’interlocuzione con il comune perché poi chiaramente sono cose che non sono semplici da mettere in atto. Oltre a questo, l’organo si è occupato di mettere in sicurezza il campus nel rispetto delle normative: rilevazione della temperatura, controllo della richiesta di accesso. Nel corso del tempo è stato inserito anche il controllo con il QR-Code, quindi tutta una serie di adeguamenti che fanno sì che al campus si possa accedere in sicurezza e per motivazioni reali. Cosa che purtroppo ha limitato la possibilità di vivere il campus. Nella prima riunione, svoltasi a fine febbraio, si è discusso nell’introduzione di dispenser igienizzanti, di valutare l’installazione di pannelli negli uffici, poi la situazione è degenerata e i punti su cui lavorare sono cambiati andando avanti nei mesi. Quando l’ateneo era chiuso durante il primo lockdown, c’era poco su cui discutere. Dalla seconda fase in poi, ci siamo riuniti telematicamente per cercare di pianificare quanto più possibile un ritorno degli studenti in sicurezza, anche se questo è stato sfruttato per poco o nulla. Paradossalmente tutti gli sforzi che abbiamo fatto non sono stati messi a frutto perché ci è stata praticamente un’altra chiusura. Quando ci riuniremo nuovamente, si lavorerà su un ritorno definitivo da parte degli studenti da gennaio per farlo in sicurezza, con gradualità e con tutte le misure necessarie.
Durante le discussioni avvenute all’interno della commissione, quali aspetti della vita accademica degli studenti sono stati affrontati?
Fortunatamente durante tutto il periodo dello svolgimento dei lavori della commissione abbiano potuto considerare un po’ tutti gli aspetti della vita accademica ed è anche per questo che il Rettore ha voluto un rappresentante degli studenti all’interno dell’organo. È ovvio che si è partito dall’ambito didattico, aspetto che in termini ponderali pesa di più. Poi abbiamo valutato il servizio mensa che, purtroppo, ci ha rimesso per primo, essendo un luogo di aggregazione in cui è più facile che si propaghi il contagio. L’aspetto sportivo, dove anche qui c’è stato poco su cui discutere soprattutto per gli sport da contatto. Una parte molto importante di discussione sono state le residenze a cavallo tra febbraio e marzo. Ci fu un caso di un ragazzo che accusò dei sintomi influenzali e in quel periodo scoppiò un po’ il panico. Un contesto come quello delle residenze andava gestito in un certo modo e per farlo ci interfacciamo anche con il presidente dell’adisurc Domenico Apicella durante una riunione per stabilire come gestire la situazione nei margini di possibilità dell’università. Ogni cosa che abbiamo cercato di mettere in atto, l’abbiamo fatta entro certi limiti sia in quanto rappresentanti che in quanto ateneo. Probabilmente, in questo periodo gli atenei sono stati lasciati un po’ soli dal governo. Lasciati a se stessi dai ministri e ciò ha compromesso molto la possibilità di intervento da parte dei singoli atenei che hanno risorse e possibilità limitate.
Le linee previste per la didattica a distanza e, in particolare, per lo svolgimento di esami da remoto, hanno suscitato perplessità in gran parte della comunità studentesca. In che modo si è provveduto a tutelare la privacy degli studenti?
Questo argomento non è stato discusso all’interno della commissione coronavirus, ma in un altro gruppo di lavoro, il FAD (Formazione a distanza), in cui sono stato inserito. Il team comprendeva il pro-rettore professore Avento, direttori di dipartimento, presidente di corsi di laurea ed altri rappresentanti degli studenti. Abbiamo iniziato a lavorare nel mese di marzo, in cui si è parlato in primis delle lezioni, poi delle sedute di laurea e, in ultimo, dello svolgimento degli esami. Si è cercato una modalità che permettesse all’ateneo di andare avanti e agli studenti di non bloccarsi. Garantire la privacy era un aspetto fondamentale su cui lavorare. Altri atenei si sono mossi prima di noi e ciò ci ha permesso di comprendere le diverse problematiche. Abbiamo visto tutti i video che giravano sul web in cui alcuni studenti sono stati presi di mira durante gli esami. Per questo, una mia iniziale idea era quella di svolgere gli esami con delle mini-chiamate tra il docente ed una coppia di studenti che testimoniassero a vicenda. La proposta è stata respinta perché avrebbe reso tutto più lento e macchinoso. Quindi, abbiamo tracciato delle linee guida che stabiliscono che ad accedere alle sedute d’esame siamo esclusivamente gli studenti prenotati. Ovviamente, i docenti dei singoli corsi di laurea hanno la possibilità di organizzare ulteriori sottocommissioni, ma l’importante è che nella classe virtuale siano inseriti solo i prenotati, impedendo così che gli esami diventino delle sedute di laurea a cui poter accedere con un semplice click. Dopo la conclusione della stesura delle linee guida, i rappresentanti presenti all’interno del gruppo FAD hanno chiesto all’ateneo di monitorare passo passo la situazione per verificare le eventuali problematiche che si sarebbero potute presente in termini di tutela della privacy, anche con l’ausilio di questionari valutativi. Al momento, non si hanno ancora riscontri a riguardo. Il FAD ha cercato di risolvere anche i problemi relativi ad alcune peculiarità dei dipartimenti, come quello di ingegneria in cui gli esami di profitto prevedono una forte componente scritta. Non è stato facile, per i docenti, convertire tutto in orali. Dopo un po’ di tempo è uscita anche la modalità scritta per gli esami online prevedendo l’ausilio della doppia piattaforma e altri criteri. Pratiche che comunque l’ateneo non ha mai sperimentato precedentemente.
Al di là della no tax-area, in riferimento alla terza rata dell’anno accademico 2019/20 e alla seconda dell’anno accademico 2020/21, sui social una parte della comunità accademica ha discusso animatamente sul presunto dovere dell’università di dover eliminare o, in alternativa, dimezzare la somma. È stato argomento di discussione all’interno della commissione coronavirus o del Senato Accademico?
All’interno della commissione coronavirus no, ma è stato oggetto di discussione della commissione tasse e di interlocuzione, in generale, con l’amministrazione. Come gruppo Studenti Unisa e abbiamo portato avanti una linea di aiuto. Fin dall’inizio, prima ancora che ci contattassero i primi studenti, immaginavamo che molti studenti avrebbero incontrato delle difficoltà anche a livello economico derivanti da questo periodo. La prima idea che ci è saltata in testa è quella di spremere, detto in maniera molto schietta, spremere quanto più possibile il limone per ottenere quanto più possibile per gli studenti. Innanzitutto, abbiamo chiesto delle proroghe come quelle relative alla terza rata dell’a.a. 2019/20 che slittò da marzo ad aprile e poi a giugno. Nel frattempo ci siamo messi subito a lavoro sulla no-tax area, elemento centrale di discussione, e su altre misure. Quello che abbiamo fatto è stato alzare la no-tax area a 23.000 euro, quando il ministero ha imposto di incrementarla fino a 21.000. E, a differenza di altri atenei, l’innalzamento della no-tax area non ha previsto un’ulteriore aumento di tasse per altre categorie di studenti come i fuori-corso. Al di là della no-tax area, abbiamo deciso di utilizzare il fondo delle attività culturali rimanente per l’impossibilità di svolgere alcune attività culturali per investirlo a favore della classe studentesca. Una discussione ancora posta in essere perché bisogna cercare di investire questi soldi in maniera proficua, cercando di utilizzarli per ammortizzare le tasse quanto più possibile. Per quanto riguarda, invece, la seconda rata dell’a.a. 2020/21, ne abbiamo iniziato a parlare in commissione tasse durante la riunione tenutasi intorno alla metà di luglio quando abbiamo stilato il piano tasse per tutto l’anno accademico. Durante l’incontro è stata proposta anche un’ulteriore ripartizione delle tasse, ma ciò non è stato possibile. In qualità di Studenti Unisa, abbiamo chiesto all’ateneo e all’economato la proroga della seconda rata dell’a.a. 2020/21, su cui ancora non ci è pervenuta una risposta ufficiale, ma l’ateneo ci ha fatto capire che ciò non sarà possibile perché l’università non ha risorse illimitate e ha tirato già tanto la corda. L’ateneo comunque ha investito molto. Tutti gli adeguamenti che sono stati fatti nel corso del tempo (informatici, strutturali, misure che vanno da proroghe fino a quelle apparenti semplici), sono tutte misure che l’ateneo ha messo a proprio bilancio e non sono state realizzate con fondi ministeriali. Questo ha portato a grandi spese, come l’acquisto dei termo scanner che hanno un costo comunque alto. L’adeguamento informatico delle aule quando si prevedeva un ritorno in presenza con una didattica mista, l’acquisto di licenze informatiche per l’utilizzo di programmi, i minimodem con le sim per le matricole. In base a queste risorse era difficile fare di più, bisogna che ci sia un intervento a livello ministeriale. Questo è un problema che riguarda anche molti altri atenei ed è stata forte espressione di preoccupazione anche da parte dei Rettori universitari durante la CRUI (Conferenza dei rettori) espresse preoccupazione per l’assenza di interventi governativi. Secondo me, il lavoro che bisogna fare in maniera più decisa è a livello ministeriale con organi nazionali ed è lì che bisogna battere di più. Nel momento in cui si sblocca la situazione e gli atenei cominciano a ricevere un po’ più di ossigeno, automaticamente possiamo fare molte più cose anche noi.
È stato preso in considerazione per Unisa premia il merito il fatto che, durante l’anno accademico 2019/20, molti studenti siano stati penalizzati negli esami del secondo semestre e non abbiano avuto possibilità di accedere al rimborso tasse?
Ovviamente sì, è stato preso in considerazione. Nell’arco del secondo semestre dell’anno accademico 2019/20, il bando era già formalmente in corso e, quindi, cambiare i criteri non era possibile. Più che altro, abbiamo colto l’occasione per ricominciare a ridiscutere la politica di “Unisa premia il merito”. Aggiungo una nota personale come peculiarità di pensiero: ho sempre criticato “unisa premia il merito”, per com’è strutturato penso che premi semplicemente una velocità di conseguimento degli esami senza incentivare realmente la qualità della didattica e di tutto quello che c’è dietro al conseguimento di un’esame. Per l’anno accademico in questione è difficile intervenire perché all’inizio di ogni anno viene redatto il bando che ha validità fino alla conclusione dell’anno accademico. Inoltre, la difficoltà di conseguimento degli esami nel secondo semestre è anche difficile da oggettivare perché comunque bisogna valutare per difficoltà cosa si intende. La difficoltà poteva essere una informatica nel poter sostenere gli esami e su questo l’ateneo ha messo a disposizione dei computer di cui poter usufruire in cui fortunatamente non si è mai raggiunto un livello di saturazione. Poi adesso è arrivata, anche se con un po’ di ritardo per causa di forza maggiore, l’iniziativa dei modem e sim anche se solo per le matricole. Chiaramente le iniziative andrebbero fatte per tutti, però ci scontriamo con quella che è la realtà economica dei fatti e non essendoci risorse si cerca di intervenire saltuariamente su tutte le categorie con misure ad hoc. Dall’altra parte, questa situazione d’emergenza può essere un’occasione quantomeno per sedersi e aprire un tavolo di discussione per ragionare sui criteri attualmente previsti dal bando di “Unisa premia il merito”. Per il momento non è un punto centrale, ma solo perché adesso gli sforzi sono incentrati su altre tematiche come l’organizzazione di un ritorno in presenza. Il tutto verrà fatto in funzione degli studenti, essendo una riforma studentesca la soluzione che cercheremo sarà quella migliore per tutte le categorie di studenti. Un concetto che ho sempre espresso è che secondo me rimborsare le tasse a chi consegue semplicemente gli esami entro un determinato limite, non significa magari tutelare proprio il merito. Questa è una nota strettamente personale. Per me il merito è un insieme di fattori. Se uno studente consegue tutti gli esami entro febbraio dell’anno accademico successivo con una media del 18, come faccio a dire che quello studente è più meritevole di uno che consegue l’80% degli esami e dei crediti previsti con una media del 26, del 25 o anche 24. Come posso stabilire chi dei due è più meritevole? Viviamo in un sistema in cui il conseguimento di un esame non è uno stato assoluto. Non è esame conseguito sì ed esame conseguito no. C’è una valutazione dietro e quella valutazione, per quanto possa essere magari oggettiva o meno, rappresenta comunque un indicatore di merito. Secondo me le cose vanno razionalizzate e integrate inevitabilmente, però in questo vedremo anche il Rettore. Devo dire la verità, la nostra fortuna è che c’è un Rettore che comunque è pronto ad ascoltarci e quindi ci sarà una discussione molto ampia su questo non appena la situazione si tranquillizzerà un po’.
Un aspetto lasciato in sospeso è sicuramente quello riguardante le elezioni studentesche, considerata la proroga di un anno e di cui non si ha attualmente nessuna comunicazione. Diversi atenei italiani, come quello di Roma e Padova, le hanno svolte da remoto attraverso la piattaforma “Uvote” di Cineca attiva dal 1998. Quest’ultima è già stata utilizzata durante le scorse elezioni, l’unica differenza consisterebbe nel farlo da remoto anziché in presenza. È un’alternativa che l’università di Salerno sta vagliando? Qual è la posizione delle associazioni a riguardo? Si è cercato, in qualche modo, di pressare il Rettore affinché indica le elezioni?
Conosco quello che è successo in altri atenei. È chiaro che una proroga di un anno non si può ignorare, questo è poco ma sicuro. Anche perché, dietro questa proroga di un anno, c’è da tener presente che inevitabilmente molti dipartimenti nel corso del tempo sono rimasti scoperti, in termini di consigli didattici o nel consiglio degli studenti. Soprattutto alcune realtà collegiali e organi accademici, sono entrati in forte sofferenza. Le elezioni erano previste per il 28-29 Aprile, poi chiaramente la situazione ci ha bloccato impedendone lo svolgimento. È un argomento al vaglio del Rettore e dei responsabile tecnici. Questa questione è molto procedurale ed informatica, nel senso che al momento noi come rappresentanti non ne abbiamo parlato per un semplice motivo: perché da rappresentante degli studenti ci siamo impegnati più che altro per delle tematiche, a nostro avviso, più delicate e complicate. A livello tecnico, emettere un decreto di indizione delle elezioni è un richiede dieci minuti, soprattutto nel momento in cui queste svolgono in modalità telematica. Senza dubbio è un’alternativa che l’ateneo sta tenendo in considerazione e si dovrà valutare la finestra temporale migliore. Quindi la domanda non è sé, ma quando. Noi ovviamente, per forza di cose, delle elezioni non ne stiamo proprio parlando semplicemente perché siamo sommersi di lavoro fin sopra i capelli. Nel momento in cui l’ateneo mette in piedi un sistema come Uvote che non richiede molto a livello logistico, soprattutto da remoto, le associazioni saranno pronte per affrontare la tornata elettorale al meglio. È chiaro che bisogna votare ed ogni momento è buono per farlo. La posizione delle associazioni riguardo a delle eventuali elezioni online, per quanto limitatamente ne abbiamo parlato, di accettazione di questa alternativa come causa di forza maggiore. Una tornata elettorale in presenza è più calorosa ed in questo l’università di Salerno si è sempre contraddistinta, però non si può ignorare la situazione di sofferenza di alcuni corsi di studio, consigli didattici, commissioni paritetiche, del consiglio degli studenti e tutto il resto. L’importante è che il tutto venga fatto tutelando gli studenti, a norma di legge e in maniera regolare, pulita, trasparente. Garantendo, nel contempo, la massima partecipazione studentesca possibile perché quando vi è un’espressione democratica così come le elezioni studentesche è importante mettere le basi affinché gran parte degli studenti possa votare liberamente, in maniera semplice, agevole che li renda partecipi. Nel corso del tempo ho avuto modo di interfacciarmi anche con altri colleghi di diversi atenei che hanno svolto le elezioni online e vedendo i dati di affluenza ho visto che in tutti si è registrato un incremento dell’affluenza. Questo è un segnale senza dubbio importante. L’ateneo di Salerno parte da un 44% di affluenza durante le scorse elezioni quindi incrementarlo ulteriormente non sarà semplice, ma l’obiettivo è quello di far esprimere quanti più studenti. Votare è un dovere. Non abbiamo paura perché un’elezione online inevitabilmente riduce tutto quello aspetto logistico che comporta la necessità di recarsi al campus, fare una fila, del riconoscimento dei documenti se tutti questi fattori saranno svolti online. Vediamo un po’, nel momento in cui si archivieranno discussione un po’ più importanti, quando si potrà fare il tutto anche in funzione di come evolve la situazione generale. L’indizione delle elezioni è competenza esclusiva del Rettore con un decreto che viene ratificato in Senato Accademico. A questo punto è diventata semplicemente una questione di quando perché non parlare della situazione di sofferenza di alcuni corsi di laurea significa ignorare l’elefante nella stanza. Per il momento non si è pressato il Rettore perché vi sono situazione più spinose, urgenti, impellenti. Però non è una realtà che è stata ignorata, come nel caso del consiglio degli studenti. Adesso veramente la situazione è difficile. Si tratta di una realtà oggettiva che nessuno ha ignorato, però si aspetta che si calmino le acque per capire quando effettivamente procedere.
In che modo Lei e l’altro rappresentante degli studenti avete cercato di coinvolgere i componenti degli altri organi come il Consiglio degli studenti o, in generale, la classe studentesca nelle decisioni attuate dalla commissione?
Le modalità di coinvolgimento sono sempre le stesse che riguardano il nostro modo di fare. Lo abbiamo fatto portando le varie istanze che abbiamo raccolto nel corso del tempo da quando fu annunciata agli studenti l’istituzione di questa nuova commissione. Raccolte tutta una serie di criticità, abbiamo cercato di razionalizzarle in macro-problemi e le abbiamo portate in commissione. In questo, ovviamente, ci siamo interfacciati con gli studenti in un modo molto classico e tradizionale. Con il Consiglio degli studenti e con le altre associazioni ci siamo interfacciati rispondendo a quelli che sono dei problemi immediatamente pratici. Ad esempio, è stato proposta fin da subito la sanificazione degli spazi associativi e dei luoghi di aggregazione, ignari che saremmo rimasti chiusi in casi per due mesi. In quel caso cercavamo di mettere in sicurezza tutti gli ambienti associazionistici. Aree dove vi è un flusso di studenti non indifferente. Dopodiché, iniziammo a discutere della gestione all’interno del campus dei servizi delle associazioni. Inevitabilmente, questi discorsi sono rimasti in fase embrionale perché è scoppiato un pandemonio da un momento all’altro e quindi il centro delle discussioni è diventato tutt’altro: la didattica a distanza, gli aiuti economici e tutto il resto. Ci siamo interfacciati con gli altri organi in un momento in cui si pensava ancora di poter tornare presto in ateneo e con lo scopo di mettere in pratica quelle potessero essere le misure che permettessero un aumento della sicurezza all’interno del campus.
Un altro aspetto di cui si è ampiamente discusso durante lo svolgimento degli esami e della didattica a distanza è quello relativo al digital divide. Questo argomento è stato affrontato all’interno della commissione o del Senato Accademico? Oltre all’iniziativa del prestito dei pc da parte dell’ateneo di Salerno, si è pensato ad altri metodi o vi siete affidati al bonus regionale per l’acquisto di dispositivi per gli studenti?
Nella commissione coronavirus no e in Senato Accademico se ne è parlato in maniera più generale. Su questo, abbiamo spostato l’asse a livello nazionale avendo anche la fortuna di avere un rappresentante, Gianluca Mari, nel CNSU. Il digital divide è un problema storico perché espressione di un divario, anche economico, nazionale. In alcuni paesi come la Germania il digital divide, nel corso dell’ultimo decennio, è stato drasticamente ridotto. Il tutto è stato risolto con delle misure governative che pian piano nelle leggi di bilancio delle varie annate, la Germania ha stanziato sempre di più in funzione dell’innovazione tecnologica, dell’adeguamento informatico delle scuole e dell’università. Questo ha dato agli atenei gli strumenti per cercare di ridurre questo tipo di fenomeno. Purtroppo in Italia c’è una carenza centrale. Nel senso che nel momento in cui non ci sono risorse, l’ateneo veramente può mettere in atto delle riforme delle volte anche simboliche come il prestito di pc e l’acquisto dei mini-modem con le sim. È difficile parlare di una tematica così delicata come il digital divide con le possibilità nostre. Serve un intervento chiaramente più importante. Quando parliamo di digital divide, si parla anche di zone particolarmente problematiche come alcune aree dell’entroterra del Cilento, lì dove c’è un problema molto grave e la linea internet non arriva. In quel caso, chiaramente, il problema deve essere affrontato in sedi più risolutive, dove si investono risorse per far sì che ci sia una digitalizzazione più uniforme. Nel momento in cui si avranno le risorse, si cercherà di ammortizzare quanto più il fenomeno. Penso che tutta questa situazione d’emergenza abbia messo in luce il ritardo che ha il nostro paese nei confronti degli altri in materia di digitalizzazione e informatizzazione dei servizi perché siamo entrati molto più in sofferenza. Questo senza dubbio deve essere un campanello d’allarme su cui gli atenei, paradossalmente, hanno una responsabilità limitata. Perché se non si mettono in piedi preventivamente delle piattaforme e dei sistemi che possano comunque servire, ad esempio, per la didattica a distanza che non è contestuale esclusivo all’emergenza e che alcuni paesi hanno messo in piedi a prescindere nel corso del tempo. Un ateneo deve poter funzionare anche a distanza, è impossibile che l’università non abbia una vita telematica soprattutto al giorno d’oggi. Bisogna battere il ferro quanto più possibile. Oltre alle proposte menzionate, siamo in attesa e l’ateneo di Salerno deve essere parte attiva insieme alla rappresentanza nel chiedere un intervento regionale e nazionale. Purtroppo, potere decisionale non ne abbiamo. Noi, a prescindere, non ci fermiamo come rappresentanza. A seconda di com’è il problema si sposta l’attenzione, quando questa si sposta su un piano nazionale è fondamentale l’aiuto degli altri atenei. Tutte le componenti universitarie devono chiedere un intervento importante su una situazione così grave. Bisogna essere compatti.
Per la ripresa delle attività di didattiche in presenza, l’Ateneo ha approvato il Protocollo di Sicurezza per affrontare la Fase 3. Voi avete partecipato attivamente alla stesura delle linee guide previste?
Il protocollo è stata una responsabilità diretta della commissione coronavirus. Stilare un protocollo non è semplice ed era inevitabile un ruolo attivo della componente studentesca nella sua accezione più larga. Ovviamente, il tutto ha avuto una connotazione molto tecnica, nel senso che l’impronta principale è stata molto pragmatica, pratica e ingegneristica. Quali e quanti varchi istituire, dove rilevare la temperatura, come diramare un determinato flusso che si viene a creare. Questi sono argomenti su cui ci sono persone anche molto più competenti di me che lavorano in ateneo e gestiscono la situazione. Da rappresentante degli studenti ho partecipato attivamente affinché il tutto sia quanto più intuitivo e agevole possibile per gli studenti. Fin da subito ho fatto presente le diverse realtà su cui si va a districare l’università di Salerno: il campus di Fisciano, quello di Baronissi e l’ospedale. Ogni intervento deve tenere conto delle peculiarità strutturali e infrastrutturali delle differenti realtà con cui ci si va ad interfacciare. La stesura del protocollo, che ci ha visti impegnati in estate, è stata molto agevole perché abbiamo avuto la fortuna di interfacciarci con persone molto competenti come il professor Santopietro che si è occupato dell’amministrazione tecnica. Il presupposto fondamentale è quello di rendere la cosa quanto più agevole possibile per gli studenti e, nel contempo, anche sicura. La prima cosa, nel momento in cui gli studenti devono venire al campus è garantire loro la possibilità di farlo in sicurezza.
La didattica a distanza e il dover sostenere gli esami da remoto hanno influito anche sull’aspetto psicologico degli studenti. Quest’ultimo è un argomento che è stato preso in considerazione durante il lavoro svolto dalla commissione?
È stato uno dei primi argomenti di discussione. Su questo abbiamo avuto percezione immediata del problema. Ognuno di noi ha varie sfaccettature caratteriali, momenti di debolezza ed ha vissuto determinati momenti durante questo periodo. Quindi è chiaro che una delle prime cose a cui abbiamo pensato è stata quella di potenziare il servizio counseling già esistente. La responsabile del servizio, la professoressa Savarese, si è sempre dimostrata disponibile nell’istituire anche una modalità telematica d’ascolto. Sono state messe a disposizione delle figure competenti. È stato un tema fin da subito al centro della discussione. E questo, ha portato il Rettore ad istituire un osservatorio per il benessere studentesco. Com’è successo per altre tematiche, questa emergenza ha accentuato il problema, ma in realtà ben prima della pandemia in Senato Accademico si parlava di benessere e di salute mentale degli studente. Quindi, probabilmente la situazione attuale è stata semplicemente un ulteriore sprint nell’accelerare la discussione. Rimane un tema, in generale, che non abbiamo mai abbandonato. Tutto quello che è successo nel corso degli anni ci ha portato a riflettere molto su quello che deve fare l’ateneo e questo ha portato senza dubbio a mettere al centro il concetto di benessere mentale, fare il possibile affinché ogni studente possa essere ascoltato, anche solo per parlare delle volte. Fortunatamente abbiamo un servizio counseling che risponde bene a questo tipo di esigenze. È uno dei primi punti su cui abbiamo lavorato ottenendo risposte positive.
Come vi siete relazionati con l’Adisurc, sia come Commissione e sia Lei in quanto rappresentante della classe studentesca, rispetto ai temi relativi all’azienda (residenze, mensa, borsa di studio ed eventuali rimborsi)? Anche l’Adisurc ha risentito delle mancate elezioni di rinnovo che si sarebbero dovuto tenere ad Aprile 2020?
La seconda senza ombra di dubbio. Fino a quando non si è laureato abbiamo avuto un rappresentante diretto nell’adisurc che era Mario Passero. Con l’adisurc ci siamo interfacciarti fin da subito, andando per gradi, un po’ come commissione anche perché nel momento in cui si comincia a parlare di una situazione come questa è chiaro che un centro nevralgico diventano le residenze. Trattandosi di un luogo di aggregazione, deve essere deve essere attenzionato in maniera particolare. Il presidente dell’adisurc, Domenico Apicella, ha partecipato attivamente nel corso di alcune riunioni stabilendo quelle che potessero essere delle decisioni più adeguate, ipotizzando anche dei vari scenari: cosa succede nel momento in cui viene fuori un sintomatico nelle residenze, come muoversi, come farlo in sicurezza senza mettere in pericolo la salute delle altre persone, se deve essere messo in isolamento uno studente o una studentessa come fare, cosa fare e tutto il resto. Su questo, abbiamo avuto un filo diretto con l’adisurc in quanto commissione ed ha riguardato quanto più l’aspetto strutturale delle residenze e della mensa. All’inizio, come per altri punti, si è parlato di adeguare e mettere in sicurezza quanto più possibile la mensa, poi inevitabilmente quando la questione è diventata più grave a livello nazionale è diventato sempre più difficile muoversi. Il servizio mensa è chiaramente esposto a notevoli rischi. Come rappresentante degli studenti ci siamo interfacciati rivolgendoci istituzionalmente all’adisurc chiedendo il rimborso della quota servizi, che abbiamo chiesto costantemente e infine ottenuto. Ogni occasione è buona per spronare chiaramente i vari enti a fare di più. Nel cercare di ottenere quante più interventi possibili a favore degli studenti senza dubbio un filo diretto con l’adisurc c’è stato. Però abbiamo avvertito la mancanza di un nostro rappresentante all’interno dell’organo, questo è chiaro. Anche in questo caso le elezioni sono più che opportune e rientrano in una realtà più complessa perché come circoscrizione unisce anche Caserta e Benevento.
Considerato il suo ruolo all’interno del Senato Accademico, sicuramente conosce la situazione in cui versano le associazioni e, in particolare, le difficoltà riscontrate nella realizzazione delle iniziative culturali risultate vincitrici del bando per le associazioni studentesche. Ciò è stato argomento di dibattito all’interno degli organi di cui fa parte?
Non proprio. Per questo c’è una commissione ad hoc e perciò non è stata una questione messa all’ordine del giorno. Come Senato Accademico, abbiamo ultimato i lavori con l’approvazione di tutte le attività durante i primi giugno e siamo rimasti con il termine di realizzazione previsto dal bando che poi è stato prorogato al 31 luglio 2021. Data che probabilmente sarà nuovamente posticipata. Come componente studentesca abbiamo valutato che organizzare le iniziative culturali in via telematica sia poco onesto. Si tratta di attività che hanno un costo per l’ateneo e rappresentano una possibilità sia culturale che sociale per i responsabili che le portano avanti e per tutta la macchina organizzativa che c’è dietro. Realizzarle in via telematica non è la stessa cosa e per quanto possa essere una possibilità, c’è bisogno di un approccio almeno parzialmente in presenza. Su questo aspettiamo di poter tornare e, ovviamente, le associazioni vincitrici del bando non devono temere. Le attività verranno realizzate senza nessuna corsa o fretta. Il tutto verrà fatto in maniera tranquilla, l’importante sarà farlo nei modi giusti che possano permettere una forte partecipazione studentesca. L’approvazione andava portata avanti perché tutto l’iter relativo al bando era partito prima della pandemia e andavano rispettati i tempi di valutazione. In termini di realizzazione, si è considerata l’ipotesi di farle online, ma come gruppo Studenti Unisa crediamo sia opportuno farle in presenza. Delle volte, erroneamente questi fondi vengono visti come qualcosa che appartengono alle associazioni, ma non è così. Questi sono soldi che appartengono agli studenti e come tali devono essere utilizzati per portare avanti delle iniziative sociali, scientifiche e di valore culturale nella sua accezione più ampia. Per fare questo abbiamo bisogno che l’università si rimetta almeno parzialmente in moto, altrimenti si svilisce il senso di queste attività.
A settembre, l’università di Salerno ha deciso di riattivare il servizio di restituzione e prestito offerto dalle biblioteche nel pieno rispetto delle normative anti-Covid19. Il servizio, visto il protrarsi del periodo di emergenza e l’esigenza da parte degli studenti di dover usufruire dei testi soprattutto durante le sessioni d’esame, sarebbe potuto essere riattivato nei mesi precedenti? I ritardi riscontrati dalla classe studentesca e la carente comunicazione delle strategie messe in atto sono stati causati da difficoltà elaborative durante la stesura delle linee guida?
Le prime proposte sono state avanzate tra aprile e maggio. Quando si è cominciato a parlare di riapertura parziale e la situazione si è un po’ sbloccata, abbiamo spostato subito l’attenzione sulle biblioteche. Questione che è stata accolta fin da subito. C’è stata un’interlocuzione molto proficua con il Rettore, con il centro bibliotecario di ateneo e con le varie componenti responsabili del servizio. Da parte loro c’è stata nel mettere in moto la meccanica funzionale per il processo. Successivamente si è passati alla parte pratica che riguardava la messa in sicurezza degli ambienti, ma soprattutto un elemento che ha ritardato di molto l’attuazione del servizio è stato l’acquisto di una macchina apposita che igienizzasse e mettesse in sicurezza i libri e tutto il materiale. L’ateneo ha acquistato subito questo macchinario, che alcune normative rendevano obbligatorio per diversi tipi di biblioteche, ma questo non è arrivato subito. Senza dubbio si poteva partire prima con questo tipo di servizio. L’intervallo di latenza che si è venuto a creare purtroppo riguarda delle procedure burocratiche e amministrative soprattutto dei problemi logistici legati alle norme di sicurezza per il servizio. Noi abbiamo messo in luce fin da subito la banale possibilità da parte degli studenti di accedere al servizio di restituzione e prestito come una sorta di front office. La macchina è arrivata in estate e immediatamente è stato attivato il servizio. Nel corso del tempo abbiamo costantemente sollecitato l’amministrazione universitaria. Rispetto a quelle che potessero essere problematiche che richiedevano una valutazione un po’ più attenta (tasse, dad, adisurc), e con discussioni molto articolate e complicate, il servizio restituzione-prestito rappresentava un problema che richiedeva davvero poco. Ci sono stati dei ritardi che non dipendono da noi, ma dall’arrivo di questo macchinario. L’ateneo per questa tematica si è mosso bene purtroppo le lungaggini sono qualcosa con cui delle volte ci si scontra. Questo ritardo non l’abbiamo tollerato bene, abbiamo costantemente contatto l’amministrazione per richiedere aggiornamenti. Il tutto è stato portato avanti in quanto gruppo Studenti Unisa, la commissione coronavirus in questo non ha messo bocca perché non è un territorio di sua competenza.
Le linee guide previste dall’Ateneo durante la Fase 3 hanno validità fino a gennaio. Avete già lavorato alle misure da attuare per l’inizio del secondo semestre dell’anno accademico 2020/21?
Come commissione stiamo ancora valutando la situazione perché ci sono due elementi da tenere in considerazione in questo caso: primo, bisogna attendere le linee guida ministeriali perché le ultime di cui disponiamo fanno riferimento al ritorno al primo semestre dell’a.a. 2020/21. Non possiamo a queste di settembre perché ogni protocollo viene comunque contestualizzato in un determinato periodo storico. Innanzitutto, è importante vedere all’atto pratico il ministero cosa vuole mettere in pratica, quali sono le linee di indirizzo che dà ai vari atenei per tornare in presenza. Quindi bisogna attendere loro che cosa dicono. E in questo risultano in ritardo, perché ci si sente già parlare anche in televisione di un ritorno a gennaio, ma ad oggi non si sa come. Secondo punto, bisogna anche un po’ aspettare e vedere la situazione come sarà da marzo in poi. Siamo all’inizio di una campagna vaccinale e non sappiamo per marzo a che punto saremo e come sarà la situazione sanitaria. Penso che un test importante sarà proprio il mese di gennaio per vedere un po’ come rispondiamo e come ritorneremo anche in funzione delle indicazioni che ci diranno. Poi da lì ovviamente ci organizzeremo con tutti i protocolli del caso, la commissione fortunatamente lavora in modo celere e veloce. Elemento importante è la presenza di un esperto come il professore Capunzo, che tratta questo tipo di tematiche nel quotidiano e ciò ci permette di agire in maniera tempestiva anche tenendo conto delle varie situazioni. Interverremo comunque rapidamente in funzione delle indicazioni che ci daranno e in funzione della situazione che si verrà a creare. Fermo restando che comunque l’università di Salerno segue una linea di prudenza e che non permette di correre rischi inutili. La sicurezza e la salute degli studenti, docenti, tecnici-amministrativi, è la prima cosa da tutelare. Secondo me è auspicabile un ritorno in presenza per marzo anche oltre il 50%, però probabilmente dovrà passare tutto l’anno accademico per vivere una situazione più o meno normale. La campagna vaccinale ci darà una mano.
Annaclaudia D’Errico
Tratto dal bollettino informativo “Arrocchi Artificiali“.