5 Aprile 2019
“Take, make, dispose”: questo è il meccanismo alla base dell’economia contemporanea e delle abitudini degli individui. Un meccanismo che mira al benessere di un istante per poi disinteressarsi del processo che è stato necessario a produrlo, e delle sue conseguenze. In un’epoca come la nostra, con la minaccia di un collasso dell’ecosistema davanti ai nostri occhi, è strettamente necessario un cambio di rotta. Le risorse energetiche che muovono la società si stanno esaurendo, e costano sempre di più alla Terra. Una soluzione possibile, discussa già da diversi anni ormai, è convertire il sistema economico attuale in un modello di economia circolare.
Cos’è l’economia circolare? Secondo la definizione che dà la Ellen MacArthur Foundation è “un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’ economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera”. La Ellen MacArthur Foundation dal 2010 porta avanti questo progetto volto alla transizione verso un tipo di economia sostenibile, volta a ridurre drasticamente la quantità di rifiuti prodotta, lo spreco di risorse, l’impatto ambientale.
I principi fondamentali dell’economia circolare secondo la Fondazione sono 3:
1- Preservare ed intensificare il capitale naturale attraverso il controllo delle risorse non rinnovabili ed equilibrare i flussi di energie rinnovabili.
Strumenti di risoluzione: Rigenerazione, Virtualizzazione, Scambio
2- Ottimizzare il rendimento delle risorse attraverso prodotti circolanti, componenti e materiali utilizzati al massimo rendimento sia nel ciclo tecnico che nel ciclo biologico.
Strumenti di risoluzione: Rigenerazione, Condivisione, Ottimizzazione, Ciclo
3- Favorire l’efficienza del sistema evidenziando e denunciando le conseguenze negative
Strumenti di realizzazione: non specificati
A mio parere, il problema principale che ha causato il sistema economico basato sul consumo usa e getta, sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse, è stato instaurare nelle abitudini quotidiane delle persone una incoscienza verso il sistema di produzione. Vedere sempre i beni su scaffali sterili, con distacco e con poche o nessuna indicazione sulle fonti ha portato a un consumismo diffuso che non vede l’utilità dei beni oltre il mero consumo istantaneo. La concezione del ‘tutto e subito’ è ciò che spinge e alimenta l’apparato economico.
Come fare allora per prendere coscienza? Bisogna risvegliare una connessione con la Terra, in un’epoca in cui siamo alieni sul nostro pianeta. Nell’ultimo periodo manifestazioni in tutto il mondo mostrano un’interesse nuovo per l’ambiente, e sembra che le coscienze si stiamo muovendo. Ma la sfida più grande è portare i principi dell’ecosostenibilità nella quotidianità, sacrificando una piccola parte del proprio tempo e delle proprie risorse. È facile nella frenesia delle giornate scegliere un piatto di plastica per non dover lavare un altro piatto, ma è da questi piccoli gesti che si può iniziare a fare la differenza, o fare una spesa rapida comprando prodotti confezionati singolarmente in confezioni non riciclabili o derivanti da filiere di lavorazione non sostenibili.
L’Unione Europea nel 2015 ha iniziato a discutere nel 2015 un pacchetto di direttive sull’economia circolare, entrato in vigore il 4 luglio 2018, che tutti gli stati membri dovranno recepire entro il 5 luglio 2020. Le direttive puntano principalmente alla riduzione delle emissione di Co2 e a una drastica riduzione dei rifiuti non riciclabili.
Le imprese che scelgono di essere ecologiche sono in crescita, e l’augurio è che in pochi anni, ancora prima che la legge intervenga, queste siano la maggioranza.
Il passo più grande da fare sarà comunque eliminare la visione consumistica dei singoli, facilitando il processo di conversione verso un’economia circolare.
Martina Bianchi