14 Maggio 2022
Il 17, 18 e 19 maggio 2022 avranno luogo le elezioni per il rinnovo della rappresentanza studentesca interna al C.N.S.U. Uno dei candidati all’ente è Michele Raia, iscritto all’Università degli studi di Salerno, sostenuto dalla Confederazione degli Studenti. Lo abbiamo incontrato per discutere dei temi presenti nel programma elettorale.
Sei candidato alle elezioni studentesche con Confederazione degli Studenti e non con Unione degli Universitari (UDU), appoggiata dalla coalizione Studenti Unisa di cui faceva parte l’associazione ASCBreaking. A cosa è dovuta questa scelta?
Nelle ultime elezioni facevamo parte anche noi di Studenti Unisa. Successivamente, gli studenti del dipartimento di Scienze e di Farmacia hanno creato un gruppo unico che non conosce più distinzioni. Questo ci ha spinto a cercare una propria identità, un’indipendenza unita al fatto di aver avuto forti divergenze dovute a ideologie di rappresentanza ben diverse. Da parte mia, la scelta di appoggiarsi alla Confederazione degli Studenti non è stata caratterizzata da un semplice aderire al programma, bensì sedersi al tavolo e collaborare alla stesura. L’interesse comune è quello di fare una rappresentanza che sia il più scarna possibile dalla politica e che va poi oltre l’università. Un altro motivo per cui ho scelto di entrare nella Confederazione è rappresentato dal fatto che la maggior parte dei punti, presenti nel programma elettorale delle precedenti elezioni, sono stati realizzati. Ho compreso che c’era una concretezza e un progetto che permettesse a tutti di poter esprimere le proprie idee. Le divergenze con la coalizione Studenti Unisa sono iniziate subito dopo la fine della scorsa campagna elettorale. Ci sono state delle generalizzazioni fatte sul gruppo di scienze in seguito alle quali c’è stata una scissione. Abbiamo preso due strade differenti che non erano né parallele né secanti, solo divergenti.
Il sistema universitario italiano ha dovuto adattarsi alle esigenze dell’utenza e alle norme anti-contagio per contrastare la pandemia ancora in corso. Nel vostro programma proponete di mantenere la didattica a distanza. In che modo questa ha giovato alla comunità studentesca e quali aspetti della didattica digitale intendete conservare?
La didattica a distanza ha dato la possibilità alla classe studentesca di continuare il proprio percorso di studio, contemporaneamente però lo ha accidentato molto. Gli aspetti che cercheremo di mantenere sono gli strumenti digitali che vanno al servizio degli studenti. Fra tutti, la piattaforma di Microsoft Teams che presenta delle forti potenzialità da usare in modo sapiente. Faccio un esempio: molte volte i corsi finiscono ad ora di pranzo, se si ha un tutorato alle 17:00, avere la possibilità di seguirlo a distanza per gli studenti che sono lontani e che altrimenti tornerebbero alle 22:00 a casa, potrebbe rappresentare un agevolazione non indifferente. Anche il caricamento del materiale didattico da parte del docente sulla stessa piattaforma è un modo per facilitare lo studente ad averne accesso. In più, si possono avere dei vantaggi anche dal punto di vista della comunicazione con i docenti per creare una collaborazione ancora più stretta che va dal messaggio per l’organizzazione di una lezione, dello spostamento della stessa, a poter effettuare un collegamento per avere un chiarimento. La didattica digitale deve essere uno strumento che si integra con la vita universitaria in presenza per fornire un supporto ulteriore a favore degli studenti. Deve essere pressante e sostenere la didattica come è successo negli ultimi due anni.
Quanto ancora si può fare per contrastare il digital divide?
Su questo aspetto sono già state messe in campo diverse iniziative interne all’ateneo come la campagna PC4U. Bisogna lavorare efficientemente all’interno del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari affinché i fondi previsti dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) possano rappresentare una risorsa per gli studenti universitari. Ho avuto modo di interfacciarmi con diverse realtà, sia nel sud sia nel resto d’Italia, ed ho avuto modo di constatare che l’ateneo salernitano non è messo malissimo. Ci sono delle situazioni critiche di alcuni studenti che vanno aiutati in tutto e per tutto e per quello ci impegneremo al massimo. Lo facciamo tutti i giorni all’interno dell’università, lo faremo anche sul campo nazionale. Dobbiamo ridurre il gap tecnologico che soffriamo anche rispetto ad altre università che riescono a gestire meglio alcuni aspetti. Ci tengo a sottolineare che gli studenti devono essere parte integrante di questo progetto, anche un’idea che nasce dalla chiacchiera davanti al caffè deve diventare una valida proposta da portare avanti. Cercheremo di tirare l’acqua verso il nostro mulino, dalla parte degli studenti, poi quando ci sono situazioni burocratiche e fondi diventa sempre complicato agire però non abbiamo paura di questo.
Per quanto riguarda la figura dei fuoricorso, credi che sia all’interno del sistema universitario ancora molto stigmatizzata? Avete qualcosa da proporre per evitare che ci sia una parte della comunità studentesca esclusa da determinate dinamiche?
Il fuoricorso è spesso demonizzato, che resta indietro e non riesce a stare al passo con gli altri. Un lato positivo di questa pandemia è rappresentato proprio dall’aver portato maggiore consapevolezza sull’esistenza di problematiche e condizioni precarie che non permettono agli studenti di raggiungere i risultati nei tempi stabiliti. Non stiamo qui a fare una corsa, ognuno ha i propri tempi ed ognuno deve ricevere le stesse garanzie dal punto di vista del diritto allo studio. Già in passato avevamo provato ad estendere la No Tax Area fino al secondo anno fuoricorso e non al primo. Quello che proviamo a fare nel nostro piccolo è inserire i fuoricorso nel contesto quotidiano dell’università. Tutti devono seguire, devono fare gruppo, devono sentirsi parte di qualcosa, nel grande proveremo a lottare dal punto di vista contributivo e della No Tax Area.
Un punto del vostro programma riguarda l’implementazione del supporto psicologico offerto dagli atenei. All’Università degli studi di Salerno, il servizio del Centro Counseling risulta attualmente sospeso. Come valuti questa sospensione? Cosa si potrebbe fare per evitare che servizi del genere, in momenti d’emergenza, vengano arrestati?
Pochi giorni prima della pubblicazione della notizia della sospensione del Centro Counseling, si era tenuta una riunione del Consiglio degli Studenti in cui era stata approvata la proposta per l’incremento del servizio. Ho pressato molto su questo punto del programma anche con gli altri candidati della lista perché dobbiamo sfruttare l’occasione di queste problematiche per dare una nuova veste allo sportello di counseling. Innanzitutto, intendiamo fornire un supporto concreto agli studenti a partire dalla gestione dello sportello che deve essere affidata a professionisti che riescano a sostenere l’elevato numero di richieste. I dati statici lo confermano: sempre più persone, dopo la pandemia, si rivolgono per un supporto psicologico. Avere la possibilità di rivolgersi ad una figura professionale inserita nel contesto universitario, che conosce determinate problematiche, può rappresentare una valida soluzione per coloro che hanno bisogno di questi aiuti. Abbiamo anche fatto richiesta per avere una motivazione reale per cui questo sportello non funziona più, ma non abbiamo avuto una risposta se non aleatoria. Cercheremo di regolamentare il funzionamento dello strumento di supporto psicologico all’interno degli atenei italiani. Lo sportello di counseling prima di tutto deve riprendere a funzionare, ma deve riprendere a funzionare in maniera concreta, gestito da persone competenti e da professionisti. Molto spesso ci siamo trovati ad essere il collegamento per alcuni studenti che si rivolgevano a noi e ci chiedevano come fare per raggiungere lo sportello di counseling. Qualche anno fa, pre-pandemia, avevamo già qualche situazione in cui il funzionamento era migliore poi è cominciato un po’ a scemare, appuntamenti saltati, impossibilità di contattare lo sportello, hanno causato problemi di difficile risoluzione. Personalmente in alcuni casi mi sono ritrovato a fare da tramite per mettere una pezza facendo rivolgere alcuni studenti ad una figura professionale esterna allo sportello universitario. Proprio questo è il motivo della richiesta in Consiglio degli Studenti per incrementare questo servizio. Se questo strumento può essere d’aiuto per risolvere determinate criticità, dobbiamo fare l’impossibile per poterlo riattivare.
La No Tax area è stata in molti Atenei ulteriormente estesa quest’anno. Un traguardo migliorabile? Quale obiettivo intendete proporre all’interno del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari?
Negli atenei c’è sempre stato un ritocco a quella che era la soglia minima nazionale, c’è un po’ questo effetto domino che si ripercuote sugli atenei per cui ogni volta si innalza la soglia. All’Università degli studi di Salerno attualmente il limite è fissato a 30mila, l’obiettivo è quello di valutare la disponibilità dell’ateneo per incrementarla ulteriormente. Bisognerebbe provare a ridistribuire dei fondi che prima venivano utilizzati per altro e impegnarli nel progetto della No Tax Area. Molto dipenderà anche da quello che potrebbe succedere con le borse di studio di competenza dell’A.DI.S.U.R.C. e dei fattori ISEE e ISPE che complicano il ragionamento. Noi in Consiglio dobbiamo essere bravi a presentare delle norme che siano inclusive per le rappresentanze studentesche regionali e che non siano oppressive nei loro confronti. Cercare di avere questo effetto domino per avere un maneggiamento della norma all’interno degli atenei può essere la soluzione migliore per andare incontro alle esigenze di tutti gli atenei italiani.
Rispetto invece proprio anche alle politiche di merito che sono attuate in molti atenei e anche nel nostro. Confederazione da questo punto di vista come si pone? Sostiene le politiche di merito e la misura di “Unisa premia il merito”?
Non reputo che “Unisa premia il merito” sia stata una misura errata nel corso degli anni. Perché al di là del bisogno economico, gli studenti sono tenuti ad avere merito per il loro impegno. Il premio meritocratico deve essere applicato. Come Confederazione siamo sicuramente d’accordo ad applicare una meritocrazia pura, scarna da quelli che possono essere i valori economici. Perché se uno studente vale, vale al di là della sua situazione economica o patrimoniale. Un premio dato per l’impegno messo tutti i giorni nel proprio piccolo è giusto. Se gestito adeguatamente e in accordo con i parametri della borsa di studio non ci vedo nessun tipo di problema, sono perfettamente favorevole.
Nel vostro programma come punto vi è anche lo stanziamento di fondi per la costruzione e manutenzione delle infrastrutture universitarie. In quest’ottica sarà presente anche la tematica delle barriere architettoniche e l’accesso agli spazi universitari a persone disabili?
Certo, fa parte del pacchetto. Anche questo punto è molto vicino ai fondi del PNRR che sono proprio destinati alle infrastrutture. Credo che ci siano molti spazi all’interno del nostro campus che necessitano di migliorie, come nel caso delle barriere architettoniche. Su questa tematica si è discusso molto in Consiglio degli Studenti e sono state presentate numerose proposte. Alcune sono state concretizzate, altre erano più complicate da realizzare. Continuare a lavorare su questo punto di vista con una disponibilità di fondi ed economica molto più sostanziosa può permetterci di superare dei blocchi che abbiamo avuto in passato.
Uno dei punti del programma è vicino al tema della sostenibilità ambientale. L’università di Salerno è rientrata nella Top100 della graduatoria internazionale “Green Metric 2021” per l’attenzione nei confronti di questa tematica. Come valuti il lavoro svolto fin’ora in questa direzione? Quanta strada c’è ancora da percorrere e quanto è importante la sensibilizzazione nelle università?
Il lavoro è stato svolto bene, non posso dire il contrario. Molti obiettivi sono stati realizzati, altri sono in corso d’opera. Ciò deve essere sempre un punto di partenza, mai un punto di arrivo. Tra le manovre da attuare rientra sicuramente una maggiore manutenzione degli spazi verdi. Un’altra, e questo è un po’ un azzardo, potrebbe essere la creazione di spazi completamente sostenibili all’interno dell’università. Spazi in cui realizzare anche delle iniziative che provengono da realtà come quella green chemistry, che possono essere messe in campo dal dipartimento di Agraria o dal corso di studi in Scienze Biologiche. Dobbiamo essere inseriti in questo contesto, lavorare sempre di più con un impegno costante dal punto di vista nazionale come supporto alle università e le rappresentanze interne che hanno il compito e il dovere di mantenere verdi i loro pollici.
La comunicazione fatta da parte dell’università rispetto alla sostenibilità è stata efficace? Nel 2019 fu annunciata la nascita del progetto green e furono anche promesse delle misure per ridurre l’uso della plastica all’interno dell’ateneo (ricordiamo anche le famose borracce da distribuire e le fontane d’acqua).
Doveva essere attivato tutto. Dovevano essere create delle banche dell’acqua, distribuite delle borracce, ma niente di tutto questo è stato realizzato. Questo forse è stato l’unico punto dolente della campagna di sostenibilità fatta qui all’università di Salerno. Credo sia complicato poter regolamentare un progetto simile a livello nazionale, ma possiamo provare a presentare qualcosa del genere per incentivare l’istituzione universitaria da questo punto di vista.
Un altro punto del programma riguarda le misure a sostegno degli studenti extracomunitari. Nello specifico, quali misure vorreste proporre? Quanto è attualmente inclusiva da questo punto di vista l’università?
Credo che l’Ateneo salernitano possa rappresentare un modello per le altre realtà accademiche dal punto di vista dell’inclusività. Tra le varie misure che vogliamo portare vi è una particolarmente interessante: quella della creazione di uno sportello di supporto. Ci sono diversi tipi di sportelli di supporto. Ad esempio, quello presente nel corso di laurea in Informatica funziona in maniera particolare. Ci sono dei docenti – tutor che sono a disposizione sia per studenti extracomunitari sia della nostra stessa nazionalità. L’obiettivo che ci prefiggiamo di raggiungere è quello di crearne uno che sia dislocato sull’ateneo, un vero e proprio sportello non gestito soltanto da personale o da docenti. Nel corso del tempo, parlando anche con studenti extracomunitari, abbiamo riscontrato che spesso risulta difficile trovare la persona adatta con la quale confrontarsi per risolvere una determinata questione. Se si tratta di una problematica a livello di insegnamento, è giusto confrontarsi con il personale docente. Allo stesso modo, se la difficoltà riscontrata riguarda l’esperienza personale dello studente, quest’ultimo deve avere la possibilità di parlarne con qualcuno più vicino alla realtà studentesca. L’idea è quella di poter costruire uno strumento di supporto che sia gestito da una componente docente, tecnico amministrativa e studentesca. Da questo punto di vista si potrebbero dirottare le assunzioni part-time dell’università su questo sportello. Credo sia una soluzione reale e concreta su cui investiremo tutte le forze per poter realizzare questo sportello, è un po’ il deus ex machina di turno. Tutte le altre misure da dover mettere in campo sono di intervento straordinario nel momento in cui si verificano delle criticità forti che, per il momento, all’interno dell’università non sono accadute.
In che modo intendete ampliare l’accesso al progetto Erasmus? Proponete di aggiungere all’offerta formativa universitaria il progetto “Minor Erasmus”, in che modo questo progetto si differenzia da “Erasmus Plus”? E in che modo questo progetto dovrebbe arricchire la formazione universitaria degli studenti?
Il progetto “Minor Erasmus” risulta poco presente negli atenei del centro e sud Italia. Nel momento in cui uno studente partecipa al bando del progetto Erasmus o Erasmus Plus, deve stilare un piano di studi in cui inserire gli esami da svolgere in un’università estera che verranno poi convalidati alla fine dell’esperienza. Il programma Minor si evolve perché permette agli studenti di svolgere gli esami in altri atenei italiani. Faccio un esempio: nel momento in cui mi trovo inserito in una realtà del mio corso di studi all’interno di un ateneo, non sempre ho gli stessi identici esami che posso trovare in altre università del territorio nazionale. Tramite questo progetto, ho la possibilità di recarmi in un altro ateneo italiano per la durata di un semestre in cui svolgere determinati esami più affini alle mie passioni, attitudini. Una sorta di Erasmus italiano che permette di avere una eterogeneità di figure professionali che possiamo trovare sul territorio nazionale per una crescita personale e di bagaglio culturale.
Come valuti la riforma universitaria che prevede ora la possibilità di iscriversi contemporaneamente a due corsi di laurea? Il fatto che le esenzioni economiche riguardino solo un corso di laurea non è un freno per gli studenti alla possibilità di accedere a questa soluzione?
Questo problema riguarda anche uno studente che cambia corso di studio e si ritrova ad affrontare una contribuzione diversa dagli effettivi anni di studi. Rappresenta certamente un freno perché lo studente che non ha determinate possibilità economiche è costretto a rinunciare a questa opportunità. Penso si possa un po’ lavorare su questo aspetto, mi rendo anche conto che sarà complesso perché ci sono delle disponibilità che non sempre possiamo forzare. Non so cosa può accadere, voglio essere onesto. Più volte mi sono trovato in situazioni in cui la legge morale non è stata di pari passo a quella di mercato.
All’interno del vostro programma proponete l’istituzione di nuovi corsi MOOC per ampliare la propria formazione. Sono pochissimi gli Atenei a proporli (soprattutto pubblici). Come intendete ampliare questa offerta?
L’idea è di presentare una richiesta di fondi per poter istituire un minimo di questi corsi all’interno degli atenei italiani in maniera gratuita. Vi è anche la volontà di coinvolgere molte aziende nell’istituzione di questi corsi di formazione e specializzazione. Credo che impostarli in modalità gratuita non sia complesso. Mi rendo conto che un’azienda nel formare una persona deve investire del tempo e del lavoro che potrebbe essere usato per altro, però questo potrebbe portare un vantaggio all’azienda stessa. L’impegno di uno studente realmente interessato a quel tipo di attività può rappresentare non un danno, bensì un valore aggiunto per l’azienda. Ad esempio, ci sono alcune piccole aziende che hanno visitato il Dipartimento di Informatica, hanno proposto dei corsi di formazione gratuiti agli studenti e sono state accolte con entusiasmo per la possibilità di estendere questa attività da un punto di vista di tirocinio formativo nel contesto della laurea. Credo che la difficoltà non sia tanto nel realizzarlo, ma nel conciliare tutti questi elementi che ne permettano la realizzazione all’interno dei nostri atenei. È già stata fatta qualche proposta da questo punto di vista in Consiglio degli Studenti, va definita la linea in modo tecnico per sviluppare una proposta concreta che non potrà essere negata.
Le proposte del vostro programma sono maggiormente incentrate sul miglioramento della didattica riguardante le professioni sanitarie. In che modo intendete aumentare le convenzioni per quanto riguarda i tirocini nell’area medica?
L’ateneo salernitano è tra i pochi del sud Italia ad avere delle convenzioni che permettono di lavorare bene, anche se si potrebbe fare di meglio. Ci sono molte realtà che presentano delle forti criticità in questo ambito. Non aver stabilito, in passato, convenzioni con alcune aziende ospedaliere ha prima di tutto ridotto la possibilità di poter avere maggiori posti in un corso di studi ad accesso nazionale e, in secondo luogo, ha sovraffolato i reparti con i tirocinanti. Su questo bisogna lavorare perché dobbiamo offrire l’opportunità agli studenti di poter svolgere al meglio la propria attività di tirocinio formativo. Vivere il tirocinio formativo in modo brutto non permette la creazione di una figura professionale che possa lavorare in quell’ambito con tranquillità e serenità. Parlando molto spesso con i ragazzi delle professioni sanitarie, mi rendo conto che loro hanno a volte anche un po’ un blocco perché fanno tutto di fretta. Questo genera il timore di interfacciarsi con il paziente in un futuro quando saranno loro dei professionisti. È un tema molto sentito dai ragazzi di Medicina e Professioni Sanitarie, faremo il possibile per aiutarli. Ci si deve interfacciare a livello nazionale con le aziende per riuscire ad avere la stipula di queste convenzioni ed è giusto che intervenga il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari dove ci sono criticità e dove magari le istituzioni locali, regionali e le università non sono riuscite in questo intento nonostante ci abbiano provato nel corso degli anni.
Proponete di ridurre la pratica forense e di eliminare gli esami di stato rendendo i corsi di laurea abilitanti alle professioni. Ritenete quindi che l’accesso diretto alle professioni sia una strada migliore rispetto a quella che prevede un periodo di transizione tra la formazione universitaria e quella diretta al mondo del lavoro? Quali tipi di valutazione avete fatto per giungere a queste proposte?
L’accesso diretto è una soluzione sulla base anche di dati statistici. L’investimento profuso in tanti anni della propria vita per acquisire delle competenze non deve essere bloccato da ulteriori esami e da blocchi o anelli mancanti per il mondo del lavoro. In altre nazioni si è già abilitati quando ci si laurea. Credo che l’università non è una corsa ma l’accesso al mondo del lavoro lo è, soprattutto dovuto ad una internalizzazione del mondo del lavoro. Quindi avere la possibilità di laurearsi ed essere abilitati per svolgere la professione per cui si è portati, per cui sono stati investiti anni, fatica, sacrifici deve essere la soluzione migliore. Non dobbiamo essere poi sottoposti ad ulteriori esami che possono far perdere del tempo mentre altre persone hanno una condizione diversa che dà loro opportunità maggiori rispetto alle nostre.
La politica si sta interessando al voto dei fuorisede, i quali prima erano costretti a tornare presso il comune di residenza per poter partecipare all’incontro elettorale. Ci sono, secondo te, altri punti che andrebbero migliorati nella condizione di fuorisede degli studenti?
Al di là del voto, la condizione dei fuorisede, è banalmente anche il medico di base. Il fatto di dover tornare ai comuni di residenza per una visita e non avere la possibilità di avere il medico dove si è fuorisede che può visitarli rappresenta un disagio che mi tocca da vicino facendo parte della categoria. Ho anche valutato di effettuare il cambio di residenza e non credo che uno studente fuorisede debba essere messo in queste condizioni. Deve riuscire a poter usufruire degli stessi servizi del comune in cui è residente nel luogo in cui è domiciliato. Avere un regolare contratto di affitto e inserito in una nuova realtà non può ovviamente avere diritto a servizi diversi o minori, non dico superiori ma almeno alla pari. Questo include il voto dei fuorisede che non devono essere per forza obbligati a tornare, il medico a cui puoi rivolgersi nel momento in cui si ha una reale necessità e non essere costretti a recarsi al pronto soccorso o alla guardia medica. Credo che da questo punto di vista sia necessario un vero e proprio, come sta accadendo, decreto legge che permetta di potersi sentire a casa non tanto dove si ha la residenza ma dove si sta bene.
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