12 Maggio 2019
Raffaele Vitolo è candidato al CNSU con Confederazione Studenti e sostenuto dall’associazione studentesca Agorà. Lo abbiamo intervistato per discutere le proposte contenute nel suo programma elettorale.
Sei candidato al CNSU con Confederazione degli Studenti, sostenuto dall’associazione agorà. Perché tu e l’associazione di cui fai parte avete deciso di farvi rappresentare da Confederazione degli Studenti?
Dal nostro punto di vista, post anni 90, l’associazionismo universitario cambia. Non esistono più le associazioni di partito e inizia il civismo universitario. Tutte le associazioni studentesche dell’università degli studi di Salerno, infatti, non afferiscono a dei partiti, e non esistono più, in generale, associazioni che hanno come logo simboli di partito e organico di partito. In continuità con questo ragionamento locale di associazionismo universitario civico, decidiamo di candidarci con la lista Confederazione degli Studenti perché è l’unico progetto civico, laico, apartitico nell’ambito universitario italiano e, di conseguenza è l’unico progetto che può rappresentare il modo di praticare l’associazionismo in primis all’unisa e in secondo luogo in tutto il sud Italia. Le due parole chiave alla base del nostro progetto sono: autorganizzazione e autofinanziamento. Queste rappresentano a nostro avviso un faro per la libertà di scelta. Nel momento in cui termineranno le elezioni, non avendo aiuti da sindacati e da partiti, il giorno dopo Confederazione degli Studenti sarà libera di effettuare le proprie scelte per essere dalla parte degli studenti.
Per le precedenti elezioni avete appoggiato un candidato di confederazione degli studenti non studente all’Unisa, ma a Napoli. Al di là del risultato delle elezioni, in che modo Confederazioni degli Studenti intende essere presente anche nel nostro Ateneo?
È importante sottolineare che la nostra associazione ha appoggiato Confederazione degli Studenti , per le precedenti elezioni, anche all’Adisurc, ente regionale di diritto allo studio. È un progetto che curiamo da lontano. Piccola annotazione: parecchie associazioni che in questo momento votano Udu hanno votato Confederazione degli Studenti per l’ente regionale di diritto allo studio. Per quanto riguarda l’Università degli studi di Salerno, Confederazione degli Studenti intende essere presente portando avanti le linee guida del programma elettorale a livello nazionale e all’interno del campus. Uno dei capisaldi di questo progetto elettorale è richiedere all’interno del CNSU un aumento generale di fondi dedicati all’università. Il ministero attualmente effettua numerosi tagli per quanto riguarda il diritto allo studio. Bisogna quindi innanzitutto sensibilizzare la compagine studentesca nel comprendere la delicata fase nazionale rispetto a questo ministero. Allo stesso tempo bisogna far capire che Confederazione è vicina all’Unisa, che è sì carina, esteticamente bellissima, ma ricca di problemi come gli idonei non beneficiari, le strutture che cadono a pezzi. L’Università degli studi di Salerno deve partire dall’Università degli studi di Salerno in una programmazione nuova (siamo infatti nel semestre bianco) e poi essere rilanciata anche a livello nazionale.
Dal rapporto del CNSU uscente si evince che gli studenti universitari italiani sono quelli che pagano più tasse. Il vostro programma presenta come primo punto proprio l’estensione della no tax area. Come intendete agire in merito?
Il ragionamento è prettamente di sistema: essendoci pochi fondi a livello ministeriale, le università tendono ad essere sempre più autosufficienti, cercano di reggersi attraverso un principio prettamente aziendalistico, che è quello di gestire le entrate e le uscite in maniera autonoma. L’università di Salerno (e l’università in generale) è costretta a muoversi come un’azienda: numero di iscritti e numero di laureati, e tutto ciò, con la mancanza di fondi ministeriali, porta ad avere tasse più cospicue. Come lista vicina alle tematiche del diritto allo studio riteniamo che la no tax area non sia solo un diritto, ma un punto di partenza per uno stato civile.
Ritieni soddisfacente il piano tasse attuato dall’Università degli studi di Salerno (che include, ad esempio, l’aumento delle tasse per i fuoricorso)?
Non sono assolutamente contento del sistema tasse dell’Unisa. Aumentare le tasse ai fuoricorso senza valutare la storia di uno studente è assolutamente sbagliato. Spesso il fuoricorso, oltre a subire un’offerta didattica esigua o una vicinanza carente da parte dei docenti, ha affrontato problematiche familiari e personali non indifferenti. La vedo come una sorta di sperequazione sociale, di diseguaglianza, quella di incidere sulle tasse e sulla spesa quotidiana di una famiglia
Nel rapporto stilato dal precedente cnsu si evince una presa di posizione, da parte dei rappresentanti degli studenti, rispetto alla figura dell’idoneo non beneficiario, ritenuta una vera e propria contraddizione in termini. Come intendete agire con Confederazione degli Studenti rispetto a questa tematica?
Batto su questa tematica in tutte le aule. Il problema è in quel caso etimologico: gli studenti vengono catalogati in idonei, non idonei, idonei non beneficiari. Questa terza categoria è per me una fictio, o si è idoneo o non si è idoneo, non può esistere un “idoneo non beneficiario”, non significa proprio nulla in italiano. Non possiamo dire tout court agli studenti nelle aule di riuscire ad abrogare e rimuovere questa figura, non facciamo demagogia, ma senza dubbio possiamo assumerci la responsabilità di chiedere più fondi per ridurre il numero di studenti appartenenti a questa categoria.
Ragionando quindi su un possibile modus operandi dell’organo del CNSU, si evince anche che il raggio d’azione del consiglio è limitato. I membri possono infatti esprimere pareri, ma con la consapevolezza che questi rimangano tali. Da questo punto di vista secondo te l’organo andrebbe ripensato?
Sì, soprattutto sotto due aspetti: quello delle competenze e quello, per così dire, “rappresentativo”. Va rimodulato per quanto riguarda le competenze perché bisognerebbe concedere più compiti in più e più poteri per avere maggiore incisività, e non soltanto esprimere dei pareri che risultano poi in seguito non essere vincolanti. Per il principio di rappresentatività, il mio ragionamento è strettamente legato alla legge elettorale. Il cnsu divide l’italia in nord ovest, nord est, centro e sud, isole comprese. Il più votato della scorsa tornata elettorale del sud ha preso 7000 preferenze e, rispetto a chi ha fatto il presidente cnsu che ne aveva prese 700, è rappresentativo 10 volte in più. Bisogna quindi, dal mio punto di vista ripensare anche lo schema distrettuale, poiché al sud vi è una competizione più ampia che vede protagoniste la Campania, il Molise, la Basilicata, la Calabria, la Puglia e le due isole. Una circoscrizione ampissima rispetto al nord, che è diviso in nord ovest e nord est, quindi c’è un problema proprio di rappresentatività. Un consigliere nazionale del sud è dieci volte più rappresentativo in termini di preferenze rispetto ad un consigliere nazionale del nord.
E proprio in base a questa rappresentatività, senti maggiormente la responsabilità di essere un candidato appartenente al meridione in questo preciso momento storico?
Certo. Un rappresentante del sud deve farsi carico di diverse problematiche, ad esempio la sua eterogeneità per quanto riguarda la materia del diritto allo studio (in puglia è completamente diverso da quello campano). Oggi, in questa fase particolare in cui il meridione viene sempre più lasciato nel dimenticatoio soprattutto da forze di governo attrattive verso il nord, candidarsi nel collegio del sud mi riempie il cuore di gioia (da buon meridionale) ma allo stesso tempo mi carica l’anima di responsabilità
Nell’anno accademico 2018/2019 le università hanno subito un forte calo di immatricolazioni, soprattutto nel sud italia. Cosa intendete proporre per ovviare a questa problematica con Confederazione degli Studenti?
Lo studente non viene incentivato perché l’ottanta per cento dell’offerta didattica italiana è prettamente teorica, in controtendenza a tutte le altre università europee. Bisogna innovarsi anche in termini tecnologici, fare più lezioni interattive, abbandonare il cartaceo e andare verso il digitale, cercare di creare più laboratori didattici. Solo in questo modo noi riusciremo a stimolare e ad incentivare lo studente a non appiattirsi, proponendo anche un orientamento scolastico e universitario migliore, organizzando un piano strategico generale (che parte dalla scuola e arriva all’università) che rimedi alla passività dei ragazzi. Lo studente si annoia, e si annoia perché vive un mondo social, globalizzato, interattivo, un mondo dove si è abituati ad avere tutto e subito, a contare i mi piace su facebook, e il nostro modo di fare didattica è anacronistico rispetto ai tempi che corrono. Di conseguenza lo studente medio diventa piatto e, nella peggiore delle ipotesi non si iscrive all’università
Voi utilizzate infatti nel vostro programma elettorale l’espressione “meno teoria più offerta didattica pratica”.
Sì, parlo anche per la mia esperienza di studente. Io sono laureato in giurisprudenza, studente di scienze politiche. Noi non possiamo frequentare anni di corsi di laurea lunghissimi in cui, per carità, formano lo studente dal punto di vista teorico in modo eccellente, ma diceva Hobbes “è l’esperienza che porta alla conoscenza”. Abbiamo bisogno quindi di cultura e conoscenza sperimentando in maniera pratica e toccando con mano in maniera concreta il mondo.
Nel vostro programma è presente la proposta di regolamentare i tirocini. Quanto credi siano performanti quelli del nostro Ateneo?
Ho avuto modo di confrontarmi con molti studenti durante la campagna elettorale, tra questi riporto l’esperienza di una studentessa di economia, che durante il tirocinio si è ritrovata a fare fotocopie e catalogare libri in biblioteca al comune. Ricollegandomi alla pragmaticità dell’offerta didattica, il tirocinio dal mio punto di vista è fondamentale, ma il sistema con cui viene gestito necessita di maggiori controlli e di essere ripensato in maniera coerente rispetto al proprio percorso accademico. La maggioranza degli studenti si ritrova invece ad essere integrata nel personale tecnico amministrativo dell’università o, nella peggiore delle ipotesi, a fare l’usciere al comune. Il tirocinio, se formativo, è importante, è un momento di crescita in termini pratici, (mi ricollego di nuovo al discorso “più pratica meno teoria” presente nel nostro programma), ma se questa attività deve ridursi ad una raccolta firme, alla catalogazione dei libri in biblioteca, fare le fotocopie al comune somiglia ad una presa in giro.
Il sei marzo, Confederazione degli Studenti ha rilasciato un comunicato in cui lamentava la mancata applicazione del decreto fedeli riguardante il tirocinio a medicina in tutti i poli universitari. Molto spesso gli altri atenei sono costretti a ricorrere a modalità provvisorie che provocano irrimediabilmente problemi burocratici. L’Università degli studi di Salerno è in regola da questo punto di vista?
Che io sappia sì, qui all’Unisa i tirocini a medicina funzionano. C’è però in generale troppa diseguaglianza nell’offerta didattica tra gli atenei. Ci riduciamo ad avere in comune soltanto alcuni esami ritenuti capisaldi per la materia, mentre tutto il resto del programma presenta enormi differenze rispetto al piano di studi di un’altra università. Ciò non va bene in uno stato globale, dove il medico e il laureato in giurisprudenza non sono più rispettivamente l’avvocato di un foro o il medico di un distretto, ma un medico internazionale e un avvocato europeo.
Spostandoci dalla formazione al mondo del lavoro, uno dei punti del programma elettorale è legato all’accesso all’insegnamento. Qual è la vostra opinione in merito ai 24 cfu? Intendi proporre modifiche a questo sistema con Confederazione degli Studenti?
La problematica è ampia. Per quanto riguarda in generale il nostro percorso accademico, viviamo continuamente di imbuti formativi. Viviamo di imbuti formativi quando è previsto un numero programmatico nazionale (medicina ad esempio) ma successivamente la totalità delle borse di studio non viene coperta. Viviamo di imbuti formativi quando ci laureiamo in giurisprudenza e dopo 18 mesi dobbiamo superare l’esame di stato per accedere all’albo dei professionisti. Anche i 24 cfu fanno parte di un sistema di formazione a imbuto. Sicuramente evidente non tutti i corsi di laurea sono orientati alla pedagogia e all’insegnamento, ma aggiungere effettivamente tutti questi cfu non fa altro che ostacolare uno studente che ha conseguito un titolo ad immettersi nel mondo del lavoro. Dal mio punto di vista andrebbero rimodulati. O si crea un’indizione all’insegnamento seria che formi realmente gli interessati dal punto di vista pedagogico, oppure questi crediti si trasformano nell’ennesima perdita di tempo.
“Le idee prima dei personalismi”, “basta ai partiti nella rappresentanza studentesca”, “basta sindacati”, “più civismo universitario”. Questi sono tutti contenuti da te ideati e pensati per la tua campagna elettorale. Come concepisci l’attività politica svolta nelle università e in particolare nell’università di Salerno?
Mi ricollego alle premesse fatte all’inizio dell’intervista. Ritengo che l’università di Salerno, per quanto riguarda l’associazionismo, sia all’avanguardia. Il civismo universitario fa da padrone, sfido chiunque a trovare all’Università degli studi di Salerno un’associazione che abbia una bandiera di partito. Noi vogliamo traslare questo modo di fare rappresentanza al livello nazionale e Confederazione degli Studenti è la nostra casa naturale proprio per il suo essere l’unico progetto civico in Italia. Non siamo solo noi di Agorà a praticare questo associazionismo civico, lo fanno tutte le associazioni di Ateneo, e rimango senza parole quando noto che queste associazioni civiche si schierano per liste i cui loghi presentano frasi come “lista indipendente, lista di sinistra”. All’Unisa ci caratterizziamo proprio per questo, per il nostro non abbracciare nessun progetto politico esterno. Ciò ci rende eterogenei, in grado di essere sempre dalla parte degli studenti.
Sostieni quindi che un candidato e un rappresentante degli studenti non coniughi mai la propria attività associazionistica con i propri ideali politici? Nel momento in cui hai reso pubblici alcuni tuoi contenuti elettorali legati proprio alla tua idea di civismo universitario, altri studenti hanno discusso con te di un’impossibilità, da parte tua, di distaccare questo civismo universitario dalla tua attività in politica.
Io penso che la rappresentanza studentesca sia lontana dai partiti. Fare rappresentanza studentesca significa avere la lungimiranza, la credibilità, la maturità di sedersi ad un tavolo senza pregiudizi ideologici. Vuol dire sedersi ad un tavolo in maniera democratica cercando di trovare soluzioni più vicine e favorevoli agli studenti. Per quanto riguarda la seconda questione, io credo che queste persone che vantano di far parte di queste associazioni studentesche di sindacato all’interno dell’università abbiano un problema. Possono parlare di diritto allo studio soltanto se presentano una proposta reale di diritto allo studio, che non consiste nel fare volantinaggio, attaccare manifesti o mettere assorbenti in giro per l’ateneo. Una proposta di diritto allo studio deve essere legata ad un’idea di diritto allo studio che passa per una proposta politica dello stesso. Ci sono tante associazioni che competono oggi a livello nazionale, ma non si sono occupati a livello locali di questioni come quella dell’ispe per l’ente regionale di diritto allo studio. Personalmente posso dire che ho composto, ho fatto e avevo una proposta per il diritto allo studio di Confederazione degli Studenti nel dicembre del 2017 e, in continuità, oggi mi presento con Confederazione degli studenti. Tante associazioni parlano di diritto allo studio senza essersi presentate in passato per l’ente di diritto allo studio regionale.
Credi quindi che determinate iniziative – prendiamo ad esempio la questione assorbenti – oscurino ciò che è realmente il diritto allo studio?
Assolutamente no, non fraintendermi. Rispetto alla questione, ritengo che anche per un’idea di diritto –lo definirei- “naturale”, la donna non debba essere pregiudicata ne tantomeno essere costretta a spendere cifre esose per gli assorbenti. È però secondo me errato circorscrivere il diritto allo studio soltanto a questo, e lo è anche strumentalizzare la questione facendo percepire agli studenti che la proposta di diritto allo studio può essere soltanto quella. Non accetto lezioni di diritto, ne di etica e di morale da associazioni che oggi, con un megafono in mano, parlano di questa tematica e nel dicembre 2017 non hanno fatto l’ispe per il diritto allo studio.
L’Università degli studi di Salerno ha fatto da baluardo per la sua campagna di comunicazione il suo aver scalato le classifiche Anvur, il suo essere “primo ateneo del sud Italia”. Credi che questo modo di agire e che in generale i criteri Anvur vadano rispettati anche a discapito degli studenti?
Io credo che l’Anvur sia un altro organo ausiliare del CNSU. Sono parametri da rispettare, ma non viviamo di statistiche, viviamo di concretezza e di vita quotidiana. Sono indici che si occupano soprattutto di chi fa ricerca. Cerco in generale di essere più concreto e di analizzare i problemi reali più che le statistiche.
Sul vostro programma, per quanto riguarda la mobilitazione internazionale, parlate della creazione di una piattaforma che “funga da network tra aziende, università, centri di ricerca, docenti, studenti”. In cosa consiste specificamente questa piattaforma?
Potrebbe essere un metodo alternativo per facilitare l’immissione degli studenti nel mondo del lavoro. Crediamo fermamente nell’internazionalizzazione perché non esiste più, oggi, un professionista italiano o un professionista campano, ma esiste un professionista e un laureato globale.
Uno dei temi di cui si è discusso moltissimo nel precedente CNSU e che crea dibattito nelle università soprattutto negli ultimi mesi è quello dell’ecosostenibilità e del plastic free. Che idea avete in riguardo con Confederazione degli Studenti?
Ho visto che il Consiglio degli Studenti di Ateneo ha deliberato rispetto a questa tematica. Bisogna assolutamente portare l’argomento nelle università soprattutto del sud Italia. Oggi abbiamo un calcolo del PIL ancora tradizionale, nel quale non vi è la componente ambientale e quella ecologica, ma neanche quella culturale. Per me ecosostenibilità e cultura sono indice di ricchezza per un paese.
Maria Vittoria Santoro