30 Marzo 2021
Quando i risultati delle votazioni per le elezioni studentesche vengono resi pubblici, dopo aver cercato il proprio nome o la propria lista vicina alla dicitura “eletto/non eletto”, sorpassati i primi attimi di stupore, felicità, consapevolezza o delusione, la necessità di fare il punto della situazione, mettere in ordine per iscritto i propri pensieri riguardanti gli esiti della campagna elettorale appena avvenuta, è un passaggio obbligato, un rito a cui aderiscono candidat* e associazioni, che siano inclus* o no nella nuova rappresentanza studentesca. La nostra associazione, Asinu, nonostante non si candidi alle elezioni, ha sempre preso parte a questo rito nella stessa maniera in cui ha partecipato, ogni due anni, ad un momento collettivo che riguarda l’intera comunità studentesca: scrivendo, dialogando con i protagonisti della campagna elettorale, facendo informazione, proponendo idee. È arrivato quindi il momento di mettere nero su bianco le nostre opinioni sugli eventi appena passati, con uno sguardo malinconico alle elezioni precedenti, in cui il nostro commento sarebbe arrivato dopo aver osservato le associazioni vincitrici festeggiare per i risultati ottenuti per tutto il campus.
Seppur a distanza, senza possibilità di ascoltare, interfacciarsi con la rappresentanza studentesca, l’affluenza alle urne è stata piuttosto considerevole. Il 66% degli/le aventi diritto al voto ha partecipato alle votazioni online tramite la piattaforma CINECA, che sembra aver funzionato in maniera corretta, data la totale assenza di schede nulle o non processate. I dati forniti nel report pubblicato dall’Unisa sui risultati globali dello scrutinio, mostrano per gli organi di rappresentanza non apicali (Consiglio degli Studenti, Consiglio Didattico, Commissione Paritetica), maggiore intenzione di esprimere le proprie preferenze in fase di votazione, raggiungendo un numero di schede bianche non molto alto per alcuni corsi di laurea con maggiori aventi diritto al voto (Giurisprudenza, Economia), o addirittura nullo. Tra questi spicca il corso di Tecniche di Radiologia Medica, per Immagini e Radioterapia, che oltre ad aver registrato l’assenza di schede bianche, ha raggiunto il 100% di affluenza al voto sia per il Consiglio Didattico che per la Commissione Paritetica. Per quanto riguarda le votazioni per gli organi apicali, si presenta una situazione diversa, data anche la mole di votanti partecipanti alle votazioni. L’affluenza alle urne si rivela abbastanza alta, anche in riferimento agli aventi diritto al voto. Il Senato Accademico, conteggiando i voti di entrambe le sezioni, risulta l’organo che ha registrato più partecipazione, seguito a distanza di poco dal Consiglio d’Amministrazione e dal Nucleo di Valutazione. Quest’ultimo ha però raccolto, tra tutti gli organi apicali, il numero più alto di schede bianche. Impossibile comprendere la mancanza di espressione relativa a quest’organo. Sarà per caso dipeso dalla trasmissione di messaggi volti a convincere l’elettore/rice a non votare per quella componente? Ciò che è certo è che, anche nell’impossibilità di svolgere una campagna elettorale canonica (che non è mai stata priva di cadute di stile nei metodi di propaganda), la magagna è stata anche questa volta nascosta dietro gli angoli più remoti dei social network.
Il 66% di affluenza alle elezioni studentesche è davvero un buon risultato. Se non ci fossero arrivate notizie di messaggi molesti inviati durante il silenzio elettorale probabilmente questo paragrafo avrebbe tutt’altro scopo: direbbe di come abbiamo avuto la dimostrazione che la classe studentesca è consapevole del ruolo strategico della rappresentanza. Ma purtroppo queste notizie ci sono arrivate e purtroppo ne sono stati soggetti gli stessi membri della Redazione. Precisiamo subito: non tutti. E tanto di cappello a coloro che non lo hanno fatto. Ma qualcuno lo ha fatto e questo basta a giustificare le parole che seguono. La questione per chi scrive è davvero semplice: il giorno prima delle votazioni e durante i giorni di svolgimento delle votazioni non si fa propaganda. Fine. È una legge, la si rispetta. Il messaggio che arriva e che dice “ciao ci siamo visti/sentiti in facoltà/team”, “ciao, c’è questa persona che ti vorrei presentare”, o peggio ancora “ciao, ho preso il tuo numero da” sono delle azioni che incidono sulla libertà di voto, che incidono sul libero convincimento degli elettori. Soprattutto quando nel messaggio si legge “si prega di non ignorare il messaggio” o “si prega di far sapere l’orientamento di voto”. Davvero chi si rende autore/autrice di questi messaggi crede di riuscire a strappare un voto in questo modo? Di dubbia legalità anche l’aver scritto “se hai qualche problema a votare, dimmelo” oppure “ti seguo passo per passo”. È questa quindi la considerazione che hanno i candidati dei propri elettori? Persone che non sono in grado di spuntare sei caselle? (Ricordiamo che per i problemi tecnici andava contatto un indirizzo mail indicato proprio accanto al link di accesso), persone che non leggono i programmi e che non scelgono autonomamente chi votare? Coloro i quali si rendono autori/autrici di questi messaggi, qualora dovessero concorrere per le elezioni nazionali/territoriali, farebbero lo stesso? Promettendo in cambio qualcosa? Quindi, di conseguenza, avallando quella che viene da sempre considerata una cultura mafiosa? Perché in quale modo può chiamarsi un atteggiamento di totale sfregio della legge che si basa sul “vota me perché ti ho passato le dispense”? Sinceramente, è una delusione. Le idee, i programmi, “le cose fatte” sono più che sufficienti per farsi un’idea del modo in cui lavora un’associazione. E la classe studentesca è ben capace di rendersi conto autonomamente di chi votare. Ma una possibilità non le viene mai data. E pure a distanza si è trovato il modo di irrompere nella ordinarietà accademica per portare letteralmente (e ancora una volta) sotto il braccetto gli studenti e le studentesse dell’ateneo nei seggi a votare.
La campagna elettorale che ha preceduto il voto ha fatto emergere l’idea di un’università più inclusiva. Aggettivo che ogni associazione ha declinato in modo personale. Dalla possibilità di intervenire sui servizi essenziali della classe studentesca (borse di studio, trasporti, didattica mista) a quelli talvolta meno presi in considerazione (supporto psicologico, inclusione sociale). Un sentimento che è emerso molto nell’ultimo anno quando l’impossibilità di tornare a sedere tra i banchi ha generato un senso di alienazione e di distacco dal luogo universitario. Voler esserci e voler esserci tutt*. Un desiderio che la nuova rappresentanza dovrà alimentare con concreti interventi che partano, ad esempio, dalla pubblicazione dei verbali delle riunioni del Consiglio degli studenti (visti i trascorsi passati). Che vi sia, anche, da parte dei rappresentanti degli organi apicali la possibilità di interfacciarsi con gli studenti appartenenti ad altre facoltà, cercando di intensificare il contatto diretto, vis a vis, tra student* e rappresentante, indipendentemente dalla presenza o meno in quel corso di laurea di un’associazione affine alla coalizione. L’irruzione al Senato Accademico verificatasi a maggio 2019 ci ha dato modo di riflettere proprio su questo, su quelli che sono i canali di democrazia interna dell’università che talvolta non sono affatto in grado di dare voce a coloro che non si ritrovano in una determinata associazione o nella posizione assunta dalla rappresentanza su una questione. La sfida è proprio questa: riuscire a dialogare e/o dare voce a chi non rientra nel proprio schieramento. Solo ed esclusivamente in questo modo si potrà davvero praticare (oltre che vivere) un’università inclusiva.
Accanto a questo non può che porsi la questione dell’istituzione della figura del Garante dei diritti e dei doveri degli studenti. Un punto su cui la Redazione ha chiesto a tutt* un parere, appurando quanto siano differenti le visioni delle associazioni/candidat*. Ben venga anche questo. Ben venga un confronto nutrito da voci e visioni differenti che possa tramutarsi non nella scelta migliore, ma in quella più in grado di rappresentare (e far rappresentare) le istanze della classe studentesca. Nella speranza che la rappresentanza riesca a trovare un modo per includere anche qui la classe studentesca, che nel Garante dovrà riporre la propria fiducia. E quindi, in ultimo, pensare ad una costante campagna di sensibilizzazione su quelli che sono i contenuti della Carta, su quelli che sono i diritti e i doveri della classe studentesca in modo da creare una cittadinanza attiva e consapevole, proprio in conformità al primo articolo della stessa Carta che identifica il campus come una città.
Se un Campus aperto ora, in questo momento, è quello che sogna la quasi totalità della classe studentesca; un Campus più aperto (anche nel fine settimana e anche durante l’orario serale) è senz’altro un’istanza fondamentale per lo sviluppo e il progresso dell’ateneo. Una struttura capace di non sentirsi soltanto ospite del territorio in cui risiede, ma protagonista della vita cittadina e sociale. In grado di essere un punto di riferimento per tutti i giovani e non solo per quelli iscritti all’ateneo. Capace di raccogliere attorno a sé flussi di cultura liberi e indipendenti. Una visione così aperta dell’università permetterebbe di far sentire meno soli i fuori sede, gli studenti internazionali ed Erasmus e consentirebbe ai frequentanti dell’ateneo di vivere appieno delle strutture interne all’università consentendo agli studenti e alle studentesse di Baronissi di cenare alla mensa di Fisciano e tornare in paese con la navetta inter-campus ma anche di svolgere le attività sportive che, se organizzate di sera, in conclusione ad una giornata di studio e corsi, potrebbero avere molti più usufruitori.
Tutto ciò è un Campus più inclusivo. Più aperto, con più servizi, più presente sul territorio, meno rigido negli orari e nell’organizzazione delle attività al suo interno, scegliendo di destinare dei luoghi specifici alle associazioni per organizzare eventi e per vivere in modo pieno e adeguato l’associazionismo.
La strada verso un Campus più inclusivo deve passare obbligatoriamente anche attraverso coloro che ricoprono il ruolo di rappresentante degli studenti e delle studentesse all’interno degli organi collegiali. Durante queste elezioni, la presenza delle studentesse elette è ancora inferiore al 50%, percentuale a cui ogni ateneo che si fa promotore della parità di genere dovrebbe aspirare. Per gli organi apicali quali Senato Accademico, Nucleo di Valutazione e Consiglio di Amministrazione, nessuno dei ruoli preposti sarà ricoperto da una donna. Su 17 Commissioni Paritetiche all’interno della governance universitaria e 81 membri eletti per il prossimo biennio, il numero di studentesse presenti è di 39. Per i 37 Consigli Didattici, invece, su 168 rappresentanti, 79 di questi saranno ricoperti da volti femminili. Discorso nettamente diverso per il Consiglio degli Studenti, organo in cui la percentuale di studentesse è di molto inferiore alla metà: su 30 membri sono solo 9 le donne elette.
Purtroppo neanche queste elezioni studentesche sono state esenti da discussioni, polemiche e attacchi gratuiti. Il 21 marzo 2021, a pochi giorni dal voto, l’associazione “Artisticamente – UniSa DiSPaC”, tramite un post pubblicato su Instagram, ha denunciato le frasi e gli insulti a sfondo omofobo, discriminatorio e sessista che hanno subito due candidati. “Credi davvero che beni culturali voglia essere rappresentata da un frocio come te?”, “Credi davvero che beni culturali voglia essere rappresentata da una ignorante come te?”. Queste ultime si aggiungono alla lista delle numerose frasi sessiste indirizzate ad una studentessa che, tramite un post sui social di Facebook e Instagram, aveva annunciato la sua candidatura alle elezioni e riportate in un post-denuncia dall’associazione LINK – Fisciano pubblicato il 20 marzo 2021. “Come sei bona”, “Da quale stalla esce questa?”, “Che pezzo di…al di là del partito!” e l’elenco potrebbe continuare. Apprezzamenti e commenti decisamente sconvenienti e fuori luogo, scritti e letti in un contesto che dovrebbe farsi promotore di una cultura priva di ogni forma di discriminazione e atteggiamenti sessisti. Giudicare una persona per il proprio orientamento sessuale o perché, secondo i canoni di bellezza preposti, ha un bel corpo non dovrebbe essere considerato normale. E quando un’associazione o un* student* prova a dare il giusto peso a questi comportamenti tramite, com’è accaduto, dei post-denuncia questi non dovrebbero essere oggetto di critiche. Perché non si tratta di essere pesanti o esagerati, ma di mettere in luce i pregiudizi e gli stereotipi ancora radicati nella società, soprattutto quando a farsi portavoce di questi è la classe studentesca che rappresenta quella dirigente del futuro. Da un luogo di cultura, studio e confronto libero, il minimo che ci si aspetta è che i diritti e la dignità del singolo non vengano mai calpestati. A cominciare dal presentare nella lista dei candidati agli organi apicali anche volti e nomi al femminile. Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione, a differenza degli altri organi collegiali, non hanno mai avuto un membro donna a rappresentare la classe studentesca. Fa eccezione il Nucleo di Valutazione che ha una studentessa come rappresentante uscente eletta nelle scorse elezioni. Quest’anno, tra coloro che ambivano ad occupare uno spazio all’interno del Senato Accademico, c’era anche una candidata. Una sola presenza femminile contro nove maschili. A questo, va aggiunta la completa assenza di candidate per gli altri organi apicali. Equità, rispetto e parità di genere, non dovrebbero essere solo principi di cui farsi promotore a voce o slogan, ma dovrebbero essere trasformati in fatti ed azioni concrete. Possibilmente, senza aspettare la prossima tornata elettorale.
Quando circa un mese fa sono state annunciate le elezioni studentesche un po’ tutt* si sono chiest* come si sarebbero svolte, in quale modo l’ateneo avrebbe risposto all’esigenza di rinnovo della rappresentanza studentesca, quali istanze avrebbero prevalso. Ora che il momento di confronto, propaganda, post sui social e irruzioni su Team è finito, la Redazione di Asinu si ritrova a scrivere quello che forse avrebbe scritto anche in occasione di elezioni svolte in presenza. E non è chiaro se sia un elemento, questo, positivo o negativo. È positivo vedere come le associazioni studentesche siano riuscite a colmare le distanze della dad, come si siano create sinergie tra realtà diverse, come i social si siano popolati di argomenti universitari; è negativo assistere alle intrusioni (virtuali) di spazi comuni, leggere le frecciatine sui social in stile “impara da me”, assistere ai copia-incolla delle comunicazioni delle segreterie anziché dei post che generino confronto nella classe studentesca. È positivo riuscire a coinvolgere il 66% della classe studentesca. È negativo comprendere che anche in una situazione emergenziale come questa le rivalità tra realtà differenti sono accresciute, che il silenzio elettorale e il diritto al voto non sono stati rispettati e che non si è persa occasione di offendere la controparte attraverso attacchi di cyberbullismo e commenti sessisti nei confronti di alcuni candidati. È positivo leggere all’interno dei programmi punti relativi alla parità di genere e all’inclusione, al contrasto delle discriminazioni, è positivo che i/le candidati/e ne parlino dialogando con la classe studentesca; è negativo assistere ancora una volta ad un elenco di candidature fatto prevalentemente da uomini e all’arrivo di insulti omofobi verso un* candidat*. È negativo che chi si propone di rappresentare la comunità studentesca e chi invece dovrebbe esprimere la propria preferenza per eleggerla, non sia ancora del tutto in grado di creare uno spazio inclusivo fatto prima di tutto di parole giuste, che siano paradigmatiche per la costruzione di una società fatta per tutt*. Gli/le eletti/e hanno vinto, ma quando si tratta di problemi universitari a vincere e perdere sono sempre gli/le stessi/e: gli studenti e le studentesse. Siamo cert* che lo avremmo scritto anche in presenza.
Per i prossimi due anni, lasciamo due inviti: uno ai rappresentanti e alle associazioni, uno agli studenti e alle studentesse. Ai primi ricordiamo che il dovere di un rappresentante è portare nelle sedi dove sono delegati le istanze della classe studentesca tutta, non solo della propria associazione di provenienza, né tantomeno dei soli student* che li hanno votati, e che il ruolo delle associazioni è di creare una comunità studentesca, lavorando con costanza nel tempo, coinvolgendo tutti nel lavoro che svolgono sia fuori che all’interno degli organi. Agli/alle studenti/esse raccomandiamo di seguire il lavoro degli/delle eletti/e e non nei prossimi due anni, per essere più coinvolti nelle attività associative, e soprattutto arrivare alle prossime elezioni con maggiore consapevolezza. A tutt*, libertà é partecipazione.
La Redazione