27 Luglio 2019
“Il Ghana non può più continuare a fare politica per noi stessi, nel nostro paese, nella nostra regione, nel nostro continente, sulla base di un qualsivoglia sostegno che il mondo occidentale, Francia o Unione europea possono darci. Dobbiamo uscire da questa mentalità di dipendenza. ‘cosa può fare la Francia per noi?’. La Francia farà i suoi interessi, e quando questi coincidono con i nostri, tant mieux, come dicono i francesi. Ma la nostra preoccupazione dovrebbe essere quella di capire che cosa dobbiamo fare in questo XXI secolo per togliere il cappello dalle mani dell’Africa per chiedere aiuto e carità. Semmai è il continente africano, quando si guardano alle sue risorse, che dovrebbe dare denaro agli altri. Dobbiamo avere una mentalità che ci dice che possiamo farlo. E una volta che avremo questa mentalità sarà una liberazione per noi stessi e per l’Africa”. Nel dicembre 2017 ad un metro di distanza di Emmanuel Macron, il presidente del Ghana Nana Akufo Addo, provava a buttare via “il cappello dalle mani dell’Africa” con il “Ghana beyond aid”, documento programmatico che poneva l’obiettivo di “superare” gli aiuti economici di altri partner di sviluppo attraverso diverse proposte: rivalutazione del settore agricolo per creare nuovi posti di lavoro, riduzione della corruzione attraverso un processo di trasformazione digitale, cura del capitale umano per creare una forza lavoro istruita e industrializzazione dell’economia. Il 3 aprile 2019, dopo l’ultima tranche del pacchetto erogata pari a 185,2 milioni di dollari, il Ghana si dichiara ufficialmente indipendente dal punto di vista economico, con un pil in crescita ad un ritmo tra il 7 e l’8% (due punti sopra la Cina, che in questo 2019 non è riuscita a superare la soglia del 6,5%). Nonostante le perplessità riguardanti le reali possibilità del paese di costruire un futuro roseo per i propri cittadini, insieme alla Costa D’Avorio il Ghana continua senza sosta la sua rivoluzione.
Il mese scorso un annuncio a sorpresa: Joseph Boahen, Direttore della Ghana Cocoa Board, l’associazione coltivatori di cacao del Ghana, conferma la sospensione di tutte le esportazioni di cacao programmate per il 2020/2021, tentando di rivendicare una migliore assegnazione dei prezzi di vendita sul mercato internazionale. Si tratta di una vera e propria “offensiva economica” nei confronti delle otto multinazionali (tra cui spicca la Ferrero Group) che da più di vent’anni, stabilendo prezzi di mercato estremamente bassi, sfavoriscono gli imprenditori africani provocando ingenti perdite di forza-lavoro. I nuovi prezzi rivendicati dai coltivatori si aggirano attorno ai 2.300 euro alla tonnellata di prodotto non lavorato. Attualmente il mercato internazionale stabilisce un prezzo medio di 1.060 euro a tonnellata. Secondo gli attivisti della campagna europea per il cioccolato equo (a cui hanno aderito anche le ONG italiane “COSPE”), la maggioranza dei lavoratori del sud del mondo impegnati nella coltivazione del cacao lavora per meno di 1,25 dollari al giorno, decisamente al di sotto della soglia di povertà assoluta e il ricavo ottenuto dai coltivatori di cacao dalla vendita del prodotto è pari al 6%, rispetto al 16% ottenuto negli anni 80. La manovra economica attuata dal Ghana, seguita dalla Costa D’Avorio, estenderebbe il proprio raggio d’azione anche a tutte le problematiche sociali derivanti dai salari miseri. A causa della svendita del cacao, i contadini sono stati per anni costretti a sottopagare i propri dipendenti, sfruttare il territorio senza tener conto della sostenibilità agricola, ecologica e ambientale dello stesso e ricorrere, in estremis, allo sfruttamento minorile. Nel 2015 in Ghana oltre 376.000 bambini, contro la legge, lavoravano per l’industria del cacao in condizioni estremamente pericolose per la loro salute. Già allora, alcuni ricercatori dell’Arkansas di Fayetteville, proposero come unica soluzione un aumento del 2,81% del prezzo del cacao e un marchio di certificazione specifico (child labor free) per assicurare l’assenza di lavoro minorile dalle aziende.
Nonostante le previsioni sulla possibilità che le multinazionali americane, europee ed asiatiche accettino l’aumento del prezzo di mercato africano siano dubbie, il Ghana e la Costa D’Avorio continuano a lottare con le maniere forti per l’esportazione del cacao. Nel 2021, l’arrivo di un “cioccolato etico” sulle nostre tavole potrebbe diventare possibile.
Maria Vittoria Santoro