Giurisprudenza: quali soluzioni per i fuori corso?

Giurisprudenza: quali soluzioni per i fuori corso?

26 Giugno 2024

In piena campagna elettorale sul cellulare di molti studenti di Giurisprudenza è arrivato un messaggio in cui veniva comunicata l’istituzione di una commissione per i fuori corso e l’individuazione di uno studente-tutor che si proponeva di fare da tramite. Qualche giorno dopo, in seguito alla nostra denuncia e a quella fatta da Asg, il Dipartimento di Scienze Giuridiche ha rilasciato un comunicato in cui affermava la presenza esclusiva di docenti all’interno della Commissione monitoraggio carriere studenti. Veniva, quindi, smentita l’ipotesi di uno studente-tutor, interno alla Commissione e/o capace di fare da tramite con i docenti, ma non l’esistenza di una Commissione incaricata di “elaborare soluzioni relativamente al percorso degli studenti fuori corso”.

Secondo quanto comunicato dal Dipartimento, a Giurisprudenza, gli studenti fuori corso in debito da uno a cinque esami potranno contattare i docenti titolari degli insegnamenti “al fine di rappresentare le difficoltà incontrate nell’affrontare lo studio e/o nel sostenere gli esami e consentire di individuare, ricorrendone le condizioni, percorsi di studio intesi al superamento di tali difficoltà, nel rispetto degli obiettivi formativi, del carico didattico complessivo, dei parametri e delle modalità di valutazione previste in relazione al singolo insegnamento”.

Rispetto a quanto è stato detto a maggio, non riscontriamo (e meno male, aggiungiamo) la possibilità di avere accesso a un programma facilitato d’esame. Restano, tuttavia, tantissime altre criticità. Innanzitutto, viene individuata una specifica categoria di studenti: fuori corso in debito da uno a cinque esami. Non tutti i fuori corsi e non specificatamente per chi è in difficoltà. Ma solo per chi, forse, è in difficoltà, ma non troppo (da 1 a 5 va bene, più esami no). Ciò che si chiede di fare agli studenti nel comunicato è qualcosa che gli studenti dovrebbero poter fare sempre: esprimere le proprie difficoltà e accedere al tutorato (attività che in molti corsi di laurea è potenziata e svolta in concomitanza dei corsi). Qualsiasi altra possibilità, nei limiti previsti dal comunicato, dovrà essere concordata con il docente e sarà quindi determinata ad personam.

Si evince un pregiudizio che, a quanto pare, ancora serpeggia in Ateneo, ossia che chi è fuori corso lo sia perché riscontra necessariamente delle difficoltà legate allo studio. È un pregiudizio verso coloro che svolgono altre attività in concomitanza degli studi, verso coloro che affrontano situazioni personali spiacevoli e verso coloro che studiano regolarmente e che, semplicemente, intendono prendersi più tempo. Si dà, in generale, per scontato che quelli a cui mancano ancora cinque esami necessitino di aiuto e dal momento che l’aiuto è fornito a loro soltanto (e non a chi è, a prescindere, in difficoltà) sembra che il problema non sia tanto l’essere in difficoltà, ma l’essere fuori corso. Questo è sconfortante per chiunque intenda lo studio con serietà e dedizione e che aspiri ad approfondire più che ad essere veloce nell’assimilare concetti giuridici.

Le difficoltà a cui si fa riferimento sono solo ed esclusivamente quelle inerenti allo studio. Nessun altro tipo di attenzione viene posto. Eppure, la possibilità di riscontrare difficoltà in relazione all’ambiente è più che frequente. Basti pensare alla denuncia fatta dall’associazione studentesca Link – Fisciano in merito a un messaggio girato sui gruppi whatsapp in cui si faceva riferimento a una conversazione avvenuta con una docente titolare dell’insegnamento, la quale per sollecitare gli studenti ad uno studio accurato avrebbe intimato gli stessi a sostenerlo soltanto se convinti della propria preparazione, pena la possibilità di segnare il nome della persona bocciata. Essere bocciati è già la conseguenza del non aver studiato abbastanza, ulteriori azioni non dovrebbero essere intraprese, né fatte presenti come sollecito allo studio, perché il rischio è quello di indurre un senso di tensione e preoccupazione che potrebbe spingere lo studente a non sostenere affatto l’esame. Nel corso degli anni si è assistito all’uso frequente del salto d’appello (vietato da quando è stata introdotta la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti) che consentiva a un docente di non ammettere uno studente in sede d’esame (ad esempio a febbraio) qualora fosse stato bocciato nell’appello precedente (ad esempio a gennaio). La pratica dovrebbe essere stata debellata ma l’esempio è utile a ricordare a tutti che il modo in cui gli studenti vivono l’ambiente universitario e si approcciano ai docenti o alle esperienze d’esame è fondamentale e ha un peso incisivo tanto quanto lo studio che si fa di una materia.

Nulla di tutto questo viene preso in considerazione. Nessun colloquio con gli studenti è fatto se non quello che avverrà tra gli stessi e i docenti titolari degli insegnamenti di cui si è indebito. Nonostante la tematica della salute mentale sia particolarmente sentita in Ateneo e Unisa abbia un Servizio Psicologico di Base a cui si può fare riferimento anche per situazioni relative ad ansia e stress per il sostenimento degli esami, nulla di tutto questo viene preso in considerazione.

Si preferisce, invece, dare una parvenza di attenzione al tema, e una parvenza di soluzioni, che, in realtà, non ci sono, se non forse quelle individuate ad hoc (di cui non si sa nulla), e/o relative alle attività di tutorato (di cui gli studenti dovrebbero poter disporre già liberamente e in modo adeguato).

Una soluzione universale, ad esempio, che potrebbe venire incontro anche alle eventuali difficoltà con una Commissione, più che con un esame in sé, e che si ricollega al discorso di cui sopra, è la possibilità di accedere più liberamente ai cambi di cattedra. Gli insegnamenti previsti a Giurisprudenza sono divisi in tre cattedre che ruotano ogni due anni. Quindi, ogni studente di Giurisprudenza, ogni due anni ha un docente titolare di insegnamento diverso rispetto a quello avuto nei due anni prima. Spesso il passaggio tra una cattedra e l’altra comporta anche un nuovo programma di studio e nuovi testi da adottare e questo può avere sia un risvolto positivo (chi è in difficoltà con una Commissione potrebbe non avere difficoltà con un’altra) oppure negativo (l’essere obbligato a sostenere l’esame con un altro docente potrebbe dover comportare un nuovo acquisto di testi oppure inficiare lo studio già fatto con l’altro docente).

Ogni caso è a sé, per cui forse non è possibile adottare soluzioni uguali per tutti. Sicuramente, però, si può adottare un nuovo modo di guardare le cose: attenzione alle esigenze di tutti gli studenti, indipendentemente dall’anno di iscrizione, e inerente a qualsiasi sfaccettatura del contesto universitario. E, in ultimo: non badare all’essere fuori corso.