9 Febbraio 2023
Il recente monologo di Francesca Fagnani al festival di Sanremo 2023, ha riacceso la luce sulla vastissima dispersione scolastica presente in Italia: la responsabilità della dispersione scolastica è in gran parte dello Stato Italiano che non tutela e garantisce l’istruzione. Interessante è questa parte del monologo della Fagnani: “Lo Stato dovrebbe offrire pari opportunità ai giovani ed essere più attraente e più sexy dell’illegalità. Gli adulti mi dicono che sarebbero andati a scuola. In quel quartiere solo la scuola ti può salvare. Lo Stato non può esistere solo attraverso le forze di polizia. Lo Stato dovrebbe garantire pari opportunità ai giovani come la democrazia italiana dice. Lo Stato deve combattere la dispersione scolastica e garantire pari opportunità ai più giovani”. Nei territori in cui lo Stato manca è proprio lì che i giovani decidono di volgersi alla malavita, la riuscita scolastica è un lungo processo che ha a che fare con sfide relative alla crescita umana a partire dai primi giorni di vita. Soprattutto il contesto familiare e sociale, ma anche i processi e i contesti dell’apprendimento e dell’insegnamento, considerati nella loro diversità, come nel loro insieme.
La dispersione scolastica è sempre più considerata come un fenomeno complesso e multidimensionale, non riconducibile a un’unica causa quindi ha bisogno di uno sguardo vasto e pluridisciplinare per essere compresa e soprattutto affrontata. È importante guardare al contesto comunitario, cioè dei servizi, educativi, sociali, sociosanitari, sportivi, ricreativi, culturali, ecc. che sono la rete di supporto alla crescita e che, quando assenti, determinano quella scarsità di stimolazioni e di risorse che impatta negativamente sulla formazione delle capacità sociali, cognitive ed emotive delle persone di minore età. La dispersione può avvenire a diversi stadi del percorso scolastico e può consistere nell’abbandono, nell’uscita precoce dal sistema formativo, nell’assenteismo, nella frequenza passiva o nell’accumulo di lacune e ritardi che possono inficiare le prospettive di crescita culturale e professionale dello studente.
Bisogna ricordare però che l’educazione è un diritto umano fondamentale, universale, inalienabile e indivisibile, sebbene lo Stato Italiano quasi mai riconosce quanto poco si faccia e quanto ancora c’è da fare, senza rendersi conto che una buona scuola di oggi sarà una fabbrica di cervelli del domani, che potrebbe rendere l’Italia un paese migliore e più ricco. “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana” art.3 della Costituzione Italiana. L’ONU ha riconosciuto che riducendo la povertà, le disuguaglianze e l’ingiustizia sociale, promuovendo la crescita economica sostenibile, migliorando la salute delle persone – di quelle di minore età in particolare – e sostenendo la protezione del pianeta, l’insieme di istruzione ed educazione contribuisce al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile 1, 4 e 10 (ONU, 2015-30).
Il Servizio statistico del Ministero dell’istruzione Italiana nell’ultima rilevazione disponibile (2021), ha segnalato che la percentuale di abbandono complessivo, per la scuola secondaria di I grado, è stata dello 0,64% (pari a 10.938 alunni), mentre per la scuola secondaria di II grado questo dato ammonta al 3,79% (pari a 98.787 alunni). In totale, dunque, sono circa 110.000 gli alunni che abbandonano annualmente la scuola italiana, oltre a quelli che si perdono nel passaggio dal primo al secondo ciclo. Spesso c’è anche una dispersione implicita che può avvenire quando i giovani riescono a ottenere un titolo di studio, infatti, questi si trovano ad affrontare la vita adulta senza avere le competenze minime necessarie per esercitare la cittadinanza attiva, proseguire gli studi o intraprendere un percorso professionale.
Stando a quanto riportato dall’ultimo report dal Ministero dell’Istruzione Italiana la dispersione scolastica riguarda principalmente i maschi, con differenze più marcate nelle regioni del Sud e nelle isole. Tale dato appare correlato alla presenza di lavoro minorile nel nostro Paese che interessa maggiormente, in particolare nella fascia di età 14-15 anni, i ragazzi delle regioni meridionali. È qui, infatti, che la dispersione scolastica risulta più consistente. La Sicilia è la regione con il tasso di dispersione scolastica più alto d’Italia per quanto riguarda gli alunni delle scuole secondarie di I grado, mentre per quanto riguarda la secondaria di II grado, i tassi di abbandono sono superiori al 5% in Sardegna e tra il 4 e il 5% in Sicilia e Campania. Il tasso di dispersione scolastica più contenuto si registra nei licei (1,8%), seguiti dagli istituti tecnici (4,3%) e dagli istituti professionali (7,7%). Spesso le bocciature o i ritardi scolastici, provocano essi stessi l’abbandono scolastico.
Secondo le ultime stime dell’Istat: Campania, Sicilia, Calabria, Puglia e Molise occupano i primi cinque posti della classifica della povertà educativa in Italia, una situazione fortemente correlata al tasso di dispersione scolastica. I maschi sono più coinvolti delle femmine, così come percentuali più alte si registrano fra studentesse e studenti di cittadinanza straniera. Incidenze molto elevate di abbandoni precoci si registrano laddove il livello d’istruzione e/o quello professionale dei genitori è più basso. L’abbandono degli studi prima del diploma riguarda il 22,7% dei giovani i cui genitori hanno al massimo la licenza media; incidenze molto contenute di abbandoni, pari al 5,9% e al 2,3%, si riscontrano, invece, per i giovani rispettivamente con genitori con un titolo secondario superiore e genitori con un titolo terziario. Similmente, se i genitori esercitano una professione non qualificata o non lavorano, gli abbandoni scolastici sono più frequenti (circa il 22%), mentre sono contenuti quando la professione più elevata tra quella del padre e della madre, è altamente qualificata o impiegatizia (3% e 9%, rispettivamente). Nel Meridione l’incidenza di abbandoni tra i giovani i cui genitori hanno al massimo la licenza media raggiunge il 25,5%, rispetto al 18,9% nel Nord. Inoltre in chi lascia anticipatamente la scuola, si osserva una maggiore e forte difficoltà nel trovare un lavoro ben retribuito e in regola.
I bambini che crescono in povertà dimostrano difficoltà di comportamento, apprendimento e integrazione sociale, più probabilità di fallimenti scolastici. La povertà psicosociale ed educativa provata nell’ambiente socio-familiare nei primi anni di vita sono spesso le cause dell’avversione per la scuola. Esempi di povertà psicosociale ed educativa sono relative all’abuso fisico, emotivo e sessuale; alla negligenza fisica ed emotiva; quelle relative a disfunzioni nelle figure genitoriali o nella rete familiare: violenza domestica, malattie mentali, incarcerazione, uso di sostanze, traumi e separazioni: uno stato di povertà. In Italia, le ultime stime (ISTAT, 2021) rilevano che nel 2020 le famiglie in povertà assoluta sono oltre 2 milioni. L’incidenza di povertà tra i bambini sale da 11,4% a 13,6%, il valore più alto dal 2005, per un totale di bambini poveri che, nel 2020, raggiunge 1 milione e 346 mila, 209 mila in più rispetto all’anno precedente.
Per far riuscire un bambino nel percorso scolastico, non basta un villaggio, ci vuole un villaggio infrastrutturato, che integri risorse e scambi di comunicazione bidirezionali fra enti e servizi formali e informali e che sappia costruire le strutture per accompagnare lo sviluppo dei bambini già dal concepimento, e ancor più dal primo giorno di vita, e soprattutto per affiancare le figure genitoriali, gli educatori e gli insegnanti in questo complesso compito di garantire risposte collettive positive allo sviluppo dei bambini (Alleanza per l’infanzia, 2020).
Quali sono e possono essere gli strumenti per combattere questa piaga? Qui saranno riportati alcuni esempi:
Il sostegno alla famiglia, gli interventi sui territori e un efficace sistema di welfare sono indicati e se perseguiti possono essere misure ineludibili affinché azioni preventive e compensative nei confronti della dispersione scolastica abbiano speranza di successo. Oppure potenziare i servizi dello zero-sei e il tempo pieno della primaria e della secondaria di primo grado. Al riguardo sono indicate come più efficaci azioni integrate tra scuola e altri operatori che aiutino le scuole a utilizzare questo tempo con proposte che non siano la ripetizione delle attività del mattino ma che le rafforzino con approcci e metodologie coinvolgenti, inclusive e operativo – laboratoriali.
Un buon orientamento sia in entrata sia in uscita è fondamentale per evitare la dispersione scolastica. I ragazzi dovrebbero essere messi al centro insieme alla valorizzazione della loro creatività e attitudini individuali nella costruzione di un percorso di apprendimento, attraverso temi e occasioni che possono trovare un ancoraggio nel vissuto dello studente. Centrale è la costruzione di presidi educativi, soprattutto nelle zone con maggiore tasso di abbandono, inoltre altrettanto importante è lo sviluppo di progetti scolastici anche al di fuori dagli orari scolastici, progetti che potrebbero essere maggiormente incentrati sui ragazzi per cercare di capire ciò che a loro realmente interessa.
Davide Della Guardia
FONTE:
– Rapporto del Garante per l’Istruzione e l’Infanzia “La dispersione scolastica in Italia: un’analisi multifattoriale“.