1 Ottobre 2023
Il tema dell’immigrazione permea nuovamente la quotidianità del paese e la nuova tranche di approdi preoccupa l’attuale governo, impegnato nel cercare affannosamente una soluzione che sia concreta, e non semplicemente uno slogan. Le destre hanno basato un’intera campagna elettorale contro i migranti, proponendo addirittura un blocco navale: un’azione totalmente irrealizzabile. Un’attenta analisi dei dati riguardanti la questione immigrazione è sufficiente a smontare la propaganda delle destre italiane messa in atto in quest’ultimo periodo.
Il 9 agosto sono sbarcate 93.754 persone (di cui 9.857 minori non accompagnati). Più di 44.000 persone in più rispetto alle 44.951 dello stesso giorno del 2022. Un aumento che sfiora il +110%. La celeberrima “pacchia” (mai esistita) non è ancora finita e il governo finora non ha trovato alcuna soluzione.
È necessario iniziare a verificare con cognizione la fattibilità di alcune proposte: recentemente Ursula Von der Leyen ha visitato Lampedusa con la presidente del consiglio Giorgia Meloni e ha elencato un piano in dieci fasi, molto simile alla missione Sophia. C’è un punto del piano in particolare che è quasi del tutto irrealizzabile: garantire il sequestro e la distruzione di imbarcazioni utilizzate per il traffico di esseri umani. Questa azione avrebbe dovuto essere svolta anche dalla missione Sophia, in particolare durante la “fase 3”, mai entrata in vigore, e che prevedeva di neutralizzare le imbarcazioni e le strutture logistiche usate dai trafficanti sia in mare sia a terra in Libia. Perché non fu mai lanciata la fase 3? Semplicemente perché la Libia rifiutò quella che considerava una violazione inaccettabile della sua sovranità.
All’interno del nuovo piano si prevede anche un rafforzamento della sorveglianza navale -già previsto dalla missione- risultato fallimentare per l’obbligo dei militari di soccorrere i migranti e riportarli a terra. Inoltre, spesso queste navi militari erano tenute a distanza da paesi d’imbarco come la Libia. La missione Sophia tra il 2015 e il 2018 ha soccorso 36.000 migranti. Questa missione, più che essere una missione di controllo, finì per essere di salvataggio e fu rifiutata proprio per questo motivo da un celebre rappresentante dei partiti di destra italiani, ora parte del governo Meloni: Matteo Salvini la definì un pull factor.
Nell’ultimo Consiglio dei ministri sono state introdotte due innovazioni: una riguarda la creazione di nuovi Centri di permanenza per il rimpatrio, l’altra il prolungamento del soggiorno fino a 18 mesi. L’allungamento della permanenza in questi centri non vuol dire rimpatrio sicuro, non c’è un accordo con i paesi di provenienza in cui dovrebbero essere rimpatriati. Il rimpatrio nei paesi di transito non è previsto. Poiché i paesi di provenienza beneficiano dei soldi che gli immigrati mandano alle loro famiglie, i consolati tendono a ritardare l’emissione dei documenti, dunque non c’è un accordo che permetta il rimpatrio veloce. La Commissione ha già cercato invano di negoziare accordi di rimpatrio con i paesi di origine e transito.
Ogni rimpatrio, secondo la Polizia di Stato, nel 2023 costerà 2365 euro, il 30% in più del 2022. Oltre ai costi esosi, i rimpatri non possono essere messi in atto per tutte le persone arrivate in Italia, perché la convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati vieta il rimpatrio verso territori dove la vita e la libertà del rifugiato sono minacciate. Inoltre, molti dei governatori delle regioni, tra cui alcuni del Partito Democratico, tra cui Bonaccini e Giani, hanno rifiutato la realizzazione di nuovi CPR nelle loro regioni. Voci simili non sono mancate neppure a destra, infatti, il governatore del Veneto -non appartenente alla Lega-, si è dichiarato non favorevole alla costruzione di nuovi CPR. Opinioni che porterebbero il governo e le regioni ad uno scontro.
Neppure il tanto sospirato blocco navale potrà funzionare, poiché in base alla carta ONU, può essere imposto soltanto come forma di difesa, ed è considerato a tutti gli effetti un atto di guerra. A meno che non si voglia entrare in guerra con la Libia o la Tunisia, l’Italia non può imporre in alcun modo il blocco navale. L’alternativa possibile è un’eventuale cooperazione tra i paesi citati tramite accordi simili a quelli previsti all’interno della missione Sophia. L’Italia non può infine respingere i migranti in mare perché, secondo la Carta delle Nazioni Unite e il diritto umanitario internazionale, non è possibile respingere persone che hanno diritto di asilo e ogni paese ha il dovere di portare le navi in pericolo che trasportano migranti in un posto sicuro.
La richiesta di supporto non risulta essere una proposta positiva a livello di fattibilità. Sia Austria che Francia stanno incrementando i controlli alle frontiere, quest’ultima in particolare ha attuato nuove misure di respingimento utilizzando droni e percorrendo i sentieri di montagna, affinché i migranti cosiddetti irregolari non giungano in Francia. Il ministro degli interni francese ha già affermato che il paese non accoglierà nessun migrante illegale sbarcato a Lampedusa, e nonostante Macron si sia mostrato molto più favorevole all’accoglienza, deve far fronte alla sua politica interna e alla presenza incombente del partito di La Penne. Emerge quindi una sottile tensione tra Francia e Italia, e la Presidente Meloni sceglie di affrontarla non avvalendosi di alleanze con gli stati più favorevoli alla distribuzione dei migranti in Europa, ma incontrando Orban, il presidente dell’Ungheria, da sempre contrario a qualsiasi forma di redistribuzione dei migranti.
L’impressione scaturita è che si proponga un modello di società All Just Eat, semplice e veloce, una politica All Just Eat, che propone soluzioni semplici e veloci per problemi complessi. Ma le soluzioni All Just Eat non funzioneranno mai, non hanno mai funzionato e continueranno a non funzionare.
Le affermazioni del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, sono estremamente rappresentative dell’incapacità pratica e dell’immoralità con cui il governo gestisce le politiche migratorie: “Nello studio dell’appartamento dove vivo, al Quirinale, ho collocato un disegno che raffigura un ragazzino, di quattordici anni, annegato, con centinaia di altre persone, nel Mediterraneo. Recuperato il suo corpo si è visto che, nella fodera della giacca, aveva cucita la sua pagella: come fosse il suo passaporto, la dimostrazione che voleva venire in Europa per studiare. Mi rammenta che, dietro numeri e percentuali delle migrazioni, che spesso elenchiamo, vi sono innumerevoli, singole, persone, con la storia di ciascuno, i loro progetti, i loro sogni, il loro futuro. Fate che la speranza e l’amicizia corrano, anche, sulle vostre gambe, e si diffondano attraverso le vostre voci. I fenomeni migratori vanno affrontati per quel che sono: movimenti globali, che non vengono cancellati da muri o barriere.”
Oltre a mostrare quanto le politiche repressive nei confronti delle migrazioni siano tecnicamente inattuabili, le governance si dimostrano incapaci di immaginare una società che si occupa in prima linea dei diritti umani. Permettere l’integrazione di chi arriva in Italia e dar loro la possibilità di creare il proprio futuro è l’unica maniera per creare una realtà con più diversità.
Davide Della Guardia