3 Maggio 2019
Negli ultimi tempi si sente parlare di ambiente con un certo fervore. Nuove voci si sono unite a quelle già presenti per denunciare i crimini perpetrati contro la terra. Per fare un po’ il quadro della situazione ci siamo rivolti a Mariateresa Imparato, giovane Presidente di Legambiente Campania, da poco più di un anno in carica, a cui abbiamo chiesto un’opinione sulle nuove e vecchie questioni ambientali.
Nell’ultimo periodo sembra essere rinata una certa sensibilità ai temi ambientali. Secondo Lei, per quale motivo?
Un contributo importante arriva sicuramente da Greta Thunberg, che attraverso i suoi discorsi diventati virali sul web è riuscita ad attirare l’attenzione anche dei più giovani. In realtà le sue parole sono le stesse che gli ambientalisti sostengono da tempo, quello che colpisce è che a pronunciarle sia una quindicenne. Bisogna rendersi conto che i giovani sono molto più sensibili e interessati al loro futuro di quanto si pensi; la crisi climatica genera ingenti danni e costi economici e le nuove generazioni si stanno rendendo conto che saranno loro a pagarne le spese.
Cosa pensa relativamente alle manifestazioni per i Fridaysforfuture? Pensa che si tratti della giusta strada da percorrere?
Affinché i Governi, a partire da quello italiano, attivino politiche climatiche serie e tangibili, è importante una spinta sempre più pressante e incisiva dal basso che coinvolga e abbia per protagonisti in primis i giovani. I fridaysforfuture, nati dalla protesta/sciopero della quindicenne Greta a Stoccolma in occasione della COP24, rappresentano una grande occasione per far ciò e per contribuire, insieme, alla nascita di un movimento più ampio e trasversale in difesa per il clima. Anche i giovani volontari di Legambiente, da sempre in prima linea per la difesa del clima, il 15 marzo sono scesi in piazza aderendo allo sciopero, organizzando iniziative e flash mob.
In Italia attualmente lo Stato non si espone particolarmente su tematiche ambientali. Cosa pensa a riguardo?
Penso che sia un gran peccato, che rischiamo di perdere il treno della sostenibilità, sia come necessità di lavorare sulla qualità della vita, sia come driver di sviluppo per creare valore e lavoro. Abbiamo accolto con favore la scorsa settimana l’approvazione del disegno di legge “Salva mare” elaborato dal ministero dell’Ambiente, che ha tenuto considerazione i contenuti del progetto di legge sul “Fishing for litter”, presentato alla Camera dei deputati da Rossella Muroni. Il provvedimento prevede che i pescatori possano raccogliere i rifiuti che spesso restano impigliati nelle loro reti. Un cambiamento di prospettiva a 180 gradi, poiché finora i pescatori rischiavano di essere accusati di traffico di rifiuti e si vedevano quindi costretti a ributtare in mare la spazzatura tirata su. Ora, invece, saranno incoraggiati a raccoglierli e a portarli in porto, e il loro contributo sarà significativo. Per la lotta all’inciviltà e per la prevenzione alla produzione dei rifiuti servono però azioni più incisive, come l’anticipazione della direttiva europea sul monouso accompagnandone la transizione verso l’entrata in vigore del 2021, come già fatto per la messa al bando di cotton fioc e microplastiche nei detergenti.
Qual è la situazione attuale nel Paese e quali sono i problemi principali da affrontare ora?
Investire sull’economia circolare, economicamente e culturalmente. Mettere in campo tutte le azioni utili per ribaltare l’attuale paradigma economico che fa ancora troppo riferimento all’economia lineare. Politiche orientate alla transizione ecologica delle imprese e una grande opera di educazione ambientale per favorire il cambiamento anche attraverso gli stili di vita. Alcune mosse semplici per rispettare l’accordo di Parigi e contrastare i cambiamenti climatici. Ad esempio bisognerebbe innalzare le royalties per le estrazioni di petrolio e gas ed andrebbero aboliti i sussidi garantiti alle società petrolifere ed all’autotrasporto. Bisognerebbe invece fornire più incentivi per la riduzione dell’inquinamento, varare una Roadmap della mobilità sostenibile al 2030 e 2050, con l’obiettivo della completa decarbonizzazione (emissioni zero) del settore come previsto da altri paesi. Poi si potrebbe fare tanto altro ancora ma questo sarebbe già un primo passo.
In Campania, e nella provincia di Salerno in particolare, cosa si può fare per preservare e tutelare l’ambiente? Crede che fino ad ora Regione e Provincia abbiano affrontato adeguatamente la questione?
Le possibili azioni per preservare e tutelare l’ambiente sono innumerevoli, sicuramente Legambiente chiede da tempo sia alla Regione che alle amministrazioni locali degli interventi mirati come: – la realizzazione di impianti di compostaggio e di digestione anaerobica per completare il ciclo integrato dei rifiuti e per produrre biometano; – il potenziamento del trasporto pubblico locale per ridurre il tasso di motorizzazione con l’uscita progressiva delle auto dalle città, -piani urbani per la mobilità sostenibile per incentivare l’utilizzo delle bici -piano regionale clima e energia Insomma le sfide sono molteplici e per affrontarle c’è bisogno di capacità politica e di leggere il presente e mettere “al sicuro il futuro”. Sono tanti i modelli virtuosi in Campania, dai comuni ricicloni a quelli rinnovabili, poi ci sono invece comunità rimaste indietro per mancanza di visione e coraggio.
Un esempio che noi studenti dell’Unisa viviamo quotidianamente è il problema della inadempienza alla raccolta differenziata in ateneo, come mai questa università che vanta un campus frequentato da decine di migliaia di persone non si preoccupa del problema?
Sarebbe opportuno che le studentesse e gli studenti, insieme a tutti i prof disponibili, chiedessero velocemente di attivare quella raccolta differenziata che nel Campus di Fisciano aspettiamo da ormai da troppo tempo. Un piano di raccolta che sembra ostaggio di una burocrazia inspiegabile che incatena la voglia di cambiamento e di sostenibilità in uno dei Campus definito tra i più sostenibili. Se è così, cosa stiamo aspettando, considerando che abbiamo perso ormai decenni?
Oltre quelle a cui già lavora, quali misure può adoperare l’Unisa per mirare ad essere un esempio concreto di ecosostenibilità?
Sicuramente oltre a differenziare i rifiuti, sarebbe il caso di prevenirne la diffusione, evitando l’utilizzo di monouso dai punti di ristoro alla mensa. L’installazione di erogatori di acqua negli uffici per permettere agli studenti e ai professori di riempire le proprie borracce. Promuovere la sharing mobility da e per il campus, aumentare le aree verdi e investire sempre di più sulle energie rinnovabili.
In Europa si discute dell’eliminazione della plastica monouso, l’Università e i Comuni secondo Lei potrebbero guardare al futuro cominciando a bandirla o è un passo troppo grande?
Possono e devono farlo! Alcuni comuni si sono già attivati in questo senso, le isole e i parchi nazionali e regionali attraverso ordinanze contro l’uso e la commercializzazione delle plastiche monouso. Il comune di Napoli attualmente ha tracciato un’area plastic free limitata alla zona del lungomare, per un periodo di prova che andrà da maggio a settembre 2019. Insomma la strada è già tracciata.
Un altro problema è la poca attenzione di molti cittadini alla tutela dell’ambiente nella quotidianità, come fare per coinvolgere e sensibilizzare gli studenti e i lavoratori che frequentano il campus?
Raccontare le buone pratiche singole e collettive è la forza motrice che le fa moltiplicare. Bisogna promuovere azioni importanti di sensibilizzazione, attività dimostrative, pubblici dibattiti all’interno del Campus per orientare gli stili di vita, anche quelli studenteschi.
Quali iniziative ha in programma Legambiente per creare un collegamento diretto con l’Università e gli studenti?
Una delle campagne che Legambiente sta promuovendo, anche nelle università è quella di “volontari per natura”, un progetto nazionale che punta a promuovere il volontariato e a sviluppare la pratica della cittadinanza attiva. L’idea è quella di coinvolgere attivamente i giovani nelle campagne di monitoraggio ambientale attraverso la citizen science su cinque aree tematiche specifiche: Aria, Acqua, Legalità, Arte e Biodiversità.
Darebbe qualche consiglio ai lettori per iniziare ad essere più attenti e sensibili all’ambiente?
Fare il bilancio delle proprie abitudini, provare a eliminare quelle insostenibili per l’ambiente, vuol dire prendersi cura di se stessi e della propria comunità. In un periodo in cui i sentimenti più diffusi sono rabbia e rancore, prendersi cura di se stessi e della propria comunità è di quanto più importante e rivoluzionario, come ci dimostrano sia Greta dalla Svezia, che lo stesso Simone da Torre Maura. E’ il tempo di praticare atti di coraggio per diffondere speranza e questi due ragazzi ci parlano di ecologia e di umanità, sostantivi che da sempre ci piace declinare insieme.
Martina Bianchi
Tratto dal bollettino informativo “Interferenze“.