17 Novembre 2020
Caro Presidente Giuseppe Conte,
Chi Le scrive non ha 5 anni ma un’età a doppia cifra. Frequenta quel periodo di vita che si suol chiamare “formazione scolastica-universitaria”.
Oggi, sa, è un giorno speciale per tutti/e quelli/e che si trovano nella mia stessa fascia di crescita. È infatti la Giornata Internazionale dello Studente e se questa si fosse tenuta in un anno qualsiasi di questo millennio il testo che segue avrebbe sicuramente parlato di un raduno studentesco nazionale capace di ricordare al paese di essere ancora una categoria lasciata in fondo alla lista delle priorità.
Ma questo è l’anno della pandemia, della crisi sanitaria, sociale, economica incombente su di noi e sul mondo. Uno di quegli eventi sismici così profondi da riuscire ad incidere persino sul linguaggio pubblico generando la circolazione di nuove parole che soppiantano quelle di prima: non più crescita, ma rinascita. Riorganizzazione del paese, delle priorità e delle norme di ricostruzione.
Ecco – vede – noi ci sentiamo un po’ parte di questo discorso. Speravamo e speriamo, in qualche modo, di rientrare finalmente in quella lunghissima lista di priorità che ci ha sempre lasciati indietro, rimandati all’anno dopo, al governo successivo.
Oggi, pertanto, lasciandoci ispirare dal coraggio del giovanissimo Tommaso, abbiamo deciso di scriverLe almeno per provare ad onorare in modo diverso questa giornata.
Da giorni ci chiediamo (non a mamma ma a tutti quei colleghi/colleghe di scuola e università con cui parliamo sempre della possibilità di salvare questo paese dal lungo processo di decadimento culturale): è finalmente giunto quel giorno tanto atteso? Siamo davvero di fronte ad un nuovo assetto scolastico e accademico?
Abbiamo provato ad avere speranza, a rispondere di “sì”; ma è difficile farlo dal momento che le notizie su scuola e università negli ultimi mesi hanno quasi esclusivamente riguardato la chiusura delle strutture, alternate solo da un dibattito sui banchi a rotelle, l’innalzamento della NoTaxArea per gli studenti in corso e i reportage su didattica a distanza e digital device.
Ecco, vede, siamo un po’ preoccupati/e.
Volevamo chiederLe, pertanto, se può porre l’attenzione, nelle sue conferenze e nei suoi decreti, a qualche istanza studentesca.
Almeno, insomma, parliamone.
Ci siamo presi la libertà di elencarLe alcune problematiche. Giusto nel caso in cui le fossero sfuggite visti i tanti impegni che richiedono la sua presenza: gli studenti di Medicina che chiedono maggiori finanziamenti per l’investimento di borse di specializzazione e il superamento dell’imbuto formativo, gli studenti fuori-sede che hanno continuato a pagare affitti di casa presso privati e che si sono imbattuti in più di una difficoltà per esercitare il loro diritto al voto durante le votazioni per il referendum costituzionale di settembre, la quota per il servizio “mensa” della borsa di studio che gli studenti beneficiari non hanno mai visto ritornare indietro, i regolamenti illogici per il sostenimento degli esami a distanza (non usare cuffie, guardare fisso in telecamera), il digital divide per pc e connessioni che non è stato superato neanche dopo mesi, il desiderio di ritornare a svolgere gli esami in sede non per capriccio ma perché inseriti in situazioni familiari che influiscono sullo stato di pressione e ansia quotidiano, le elezioni studentesche rinviate in diversi atenei, l’estrema difficoltà nel reperire materiale per la preparazione degli esami o per semplici approfondimentI, l’impossibilità di studiare o cercare un testo in biblioteca perché mai riaperta dopo il primo lockdown, la difficoltà di sostenere gli esami di abilitazione alle professioni e – molto più in generale – la difficoltà di vivere il presente. Di interfacciarsi con coetanei, docenti, e quello che è da sempre considerato il luogo di maggiore formazione personale.
Ci piacerebbe, inoltre, almeno una piccola considerazione all’interno del dibattito pubblico. Non ci ha fatto molto piacere non essere da Lei mai menzionati, neanche quando, a luglio, sono emerse le prime linee guida per il ritorno in ateneo (avvenuto in modo parziale solo per le matricole), il cui confronto si è consumato soltanto inter-nos su twitter.
Abbiamo notato che di giovani si è parlato solo in relazione alle discoteche e ai pullman strapieni. Quando la vecchia quotidianità ha preso piede nel paese determinando il sovraffollamento dei mezzi pubblici si è pensato ad ogni tipo di soluzione ma alla fine ne è stata presa solo una: lasciare studenti e studentesse a casa.
Di questo – vede – ci dispiace.
Ci dispiace che di tutti i sacrifici che facciamo per studiare e formarci, ci venga fatto presente solo che la sera contribuiamo alla movida, che affolliamo i mezzi pubblici e che possiamo “arrangiarci” con i servizi a distanza. Ci dispiace che Lei ometta dalle priorità di questo paese le nostre difficoltà, l’incapacità di lasciarsi alle spalle i problemi del passato, comprendere il presente, pensare ad un futuro. Ci dispiace rimanere in una bolla in cui costruiamo una voce per difenderci constatando l’impossibilità di portarla al di fuori ed ottenere anche noi uno spazio all’interno del dibattito pubblico. Ci sgomenta partecipare ad una protesta in cui gli interlocutori ed interlocutrici siamo soltanto noi, senza aver alcuna possibilità di essere parte di una discussione che ha a che fare con la nostra identità di comunità studentessa.
Ancora una volta, il nostro microfono è spento.
Ci passi il suo, ci permetta di amplificare le nostre istanze, ci ridia la nostra identità di giovani donne e uomini che hanno voglia di contribuire al cambiamento di questa società, anche con il gel igienizzante e le mascherine, proprio come quel Babbo Natale che Lei ha immaginato. Magari non faccia come lui, risponda, non ci tenga in attesa fino alla vigilia di Natale per spacchettare un regalo che nemmeno ci aggrada.
Con stima
Gli studenti, le studentesse e chiunque si senta rappresentato da queste parole