3 Febbraio 2021
Parliamo de “La regina di scacchi” (The Queen’s Gambit), la miniserie prodotta da Netflix che ha tanto appassionato gli spettatori fino a farla arrivare in cima alla Top 10. Anya Taylor-Joy dà corpo ad Elizabeth Harmon, una bambina tranquilla, cupa e in apparenza insignificante, fino a quando non diventa un prodigio: dopo la prima partita a scacchi impara fin da piccola tutte le tecniche scacchiste. I suoi sensi diventano più acuti, il suo pensiero più chiaro e sente di avere tutto sotto controllo, ma si troverà a combattere con la dipendenza dall’alcol e dagli psicofarmaci nella sua scalata verso il titolo di Grande Maestro di scacchi. Tra gli altri volti della serie troviamo Harry Melling, Thomas Brodie-Sangster e Marcin Dorocinski che interpretano gli avversari, ma poi grandi amici di Beth. È stata apprezzata anche dalla comunità scacchista internazionale e quelli che ne capiscono meno del gioco di strategia l’hanno stimata per le scenografie, le ambientazioni e i costumi che ci portano negli anni Cinquanta e Sessanta.
La serie è tratta dall’omonimo romanzo di Walter Tevis del 1983. La storia di Elizabeth Harmon parla di genio e solitudine, il talento dell’individuo non combacia con i suoi rapporti sociali, ma la differenza dal tema già usato nel mondo del cinema è che Beth ha fame di successo, un obiettivo che la trascinerà fuori dalle dipendenze, dalla solitudine e dalla morte che la circondavano e facevano parte della sua vita sin da piccola. Riesce a sottolineare la salvezza che possono portare le passioni; inizia come allieva del custode dell’orfanotrofio che le fa scoprire il gioco come una via di fuga dalla realtà, ma rapidamente diventa la sua fonte di sostentamento. Beth cresce, sia nel mondo degli scacchi sia nella realtà, che sono per lei due facce della stessa medaglia, ma il cammino è sregolato e spesso fallimentare, non per questo si abbatte, la sua genialità e la sua voglia di farcela riescono a spronarla per farle superare qualsiasi ostacolo.
Il racconto si svolge tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60 e mette in luce la condizione femminile che, a distanza di 60 anni, non è cambiata di una virgola. Beth Harmon può essere brava quanto vuole, battere chiunque agli scacchi, ma sui giornali verrà messo sempre l’accento sul fatto che la cosa stupefacente non è il talento, la bravura e la preparazione che portano alla vittoria, ma che a vincere è una donna. La serie è una continua scacchiera di emozioni, in cui i pezzi all’interno vengono mossi sempre con una certa eleganza e pacatezza, senza risultare mai inappropriato, portandoti sempre più all’interno di questo fantastico mondo. E questo è un grande pregio della serie, sa prenderti e accompagnarti senza farti sentire a disagio o disinteressato, nonostante il tema degli scacchi, e il mondo che vi orbita attorno, non sia per niente semplice da trattare senza annoiare.
È già stato instillato il dubbio di una possibile seconda stagione, la notizia divide in due gli spettatori: c’è chi spera in un ritorno con il sequel e chi preferisce il finale attuale con la paura che la serie televisiva venga poi rovinata in seguito. Fotografia monumentale di Steven Meizler, costumi perfetti e musiche molto immersive di Carlos Rafael Rivera che ti accompagnano indietro nel tempo staccandoti dalla realtà e portandoti in un mondo passato e nostalgico.
Gaia Troisi e Chiara Napoli