28 Settembre 2021
Il 28 settembre 1990 venne istituita la Giornata Internazionale dell’Aborto sicuro ad opera di attiviste sudamericane e caraibane che si mobilitarono a favore della depenalizzazione della pratica. La prima adozione di legge legalizzante l’aborto fu approvata nel 1920 nell’Unione Sovietica grazie all’intervento della femminista Alexandra Kollantai, prima donna nella storia a far ufficialmente parte di un governo.
In Italia la legge che legalizza l’aborto risale al 1978. Dopo quarantatré anni nessuno immaginerebbe che un paese non sia in grado di applicare perfettamente un dispositivo normativo, ma invece è proprio così. La figura dell’obiettore di coscienza che si rifiuta di praticare aborti è ancora fortemente presente nel paese e le denunce di donne che hanno affrontato difficoltà e pregiudizi nella scelta di abortire sono purtroppo non poche. Per contrastare questo fenomeno è nata nel 2008 LAIGA (Libera Associazione Italiana Ginecologi non obiettori per l’Applicazione della 194) che si propone di fare rete tra personale sanitario addetto al servizio IVG e all’aborto terapeutico.
Il frutto di questo lavoro combinato è una mappa interattiva di tutti gli ospedali presenti sul territorio italiano per ciascuno dei quali è possibile conoscere quale tipo di aborto (IVG farmacologica, IVG chirurgica, ITG aborto terapeutico) è lì effettuato. Alcuni siti posseggono “sì” a tutti e tre i punti, altri possiedono alcuni “sì” e altri “no”, e altri dei “non specificato”. Ma non solo. La mappa mostra anche in quali giorni e quali orari è possibile accedere alla struttura e quale numero telefonare per ricevere informazioni. Il bisogno di garantire tutte queste informazioni ha l’evidente scopo di aiutare le donne ad esercitare un diritto verso il quale sono talvolta indotte a provare vergogna. Un sentimento così angosciante e pregnante da condurre nell’imbarazzo la donna che deve telefonare e capire quale tipo di aborto eseguire con una alta percentuale di possibilità di ricevere risposte negative (oltre che giudiziose).
L’associazione non si limita a fornire soltanto informazioni relative agli istituti medici, ma cerca concretamente di sostenere le donne attraverso una sezione del sito che dice chiaramente quello che spesso si cela, ossia che se un ospedale si rifiuta di effettuare un aborto non è in alcun modo qualcosa da far passare come normalità. Ma anzi, si tratta di una grave negligenza della struttura sanitaria da far presente e denunciare. Come recita l’art.9 della legge infatti “gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure”. Se ciò non accade, è possibile presentare diffida alla direzione generale.
Anche dopo quarantatré anni, purtroppo serve continuare a ribadirlo: abortire è un diritto delle donne che sono libere (e devono esserlo) di scegliere quando, se e come condurre una gravidanza. È una libertà e come tale va rispettata sempre e comunque. Continuare a discutere sulla sua moralità, su quanto sia giusto o sbagliato a seconda della propria moralità, o a fare discorsi del tipo “è una cosa terribile ma ci si deve anche rendere conto delle persone che economicamente non possono prendersi cura di un bambino” sono terribilmente sbagliati. La legge non precisa alcun requisito se non quello della salute della donna, dei tempi e della sua personale decisione. Pertanto qualsiasi tipo di discorso volto a giustificare o a colpevolizzare una donna che abortisce è sbagliato, moralmente e giuridicamente. Ciò che dopo quarantatrè anni resta in Italia del tema aborto è proprio questo: una accozzaglia di discorsi inutili volti unicamente ad esprimere giudizi pieni di presunta moralità verso scelte di vita di altre persone. Un’interferenza nella sfera personale altrui a dir poco irrispettosa. Se le donne che devono abortire hanno paura di recarsi in ospedale, chiedere informazioni e parlare con i medici, è merito di tutta questa retorica tossica che altro non fa che accrescere un senso di vergogna nelle donne che vogliono abortire. Ecco perché all’Italia serve ancora un lavoro come quello di LAIGA, che informi le donne, che ricordi loro che abortire è un diritto e una libertà per i quali non può esistere un “no” o un “però” come risposta. E soprattutto ci ricorda che ci sono dottori e medici comprensivi che hanno desiderio di garantire i diritti legati alla salute delle donne. E l’Italia ne ha proprio un disperato bisogno.