29 Ottobre 2019
“Riprendiamoci la notte” era il messaggio indicato su un foglio rosa con su impressa una luna e le stelle attorno, che invitava le donne a scendere tra le strade per manifestare insieme il desiderio di sentirsi più libere. La notte è così diventata un elemento di rivendicazione del femminismo. Riappropriarsene significava riappropriarsi di se stesse e della propria indipendenza. A distanza di 43 anni, da quando le sue strade si riempirono di manifestanti, Roma assiste oggi a nuove riappropriazioni di spazio e libertà: quella della Casa Internazionale delle donne e quella della Casa rifugio Lucha Y Siesta, che oggi si organizzano per riconquistare ancora una volta la loro notte, il loro spazio.
La storia della Casa Internazionale delle donne ha origine nello stesso anno della manifestazione; quando i gruppi femministi di allora occuparono la casa di via del Governo Vecchio per farne un punto di riferimento per le manifestanti. Per giorni fecero a turno per la guardia affinché l’occupazione reggesse, ma alla fine lo sgombero da parte della polizia arrivò lo stesso. Dopo qualche tempo, nel 1983, l’associazione Centro Femminista Separatista, nata dalla convergenza fisica dei gruppi di via del Governo Vecchio, riuscì ad ottenere la gestione dell’immobile di Via della Lungara. Una scelta non casuale: lo stabile era stato negli anni utilizzato come istituto di rieducazione femminile. Per anni la struttura è stata oggetto di contenziosi che si sono concretizzati in ricorsi, diffide, ingiunzioni di sgombero, e che si sono conclusi solo nel 2001, attraverso la consegna delle chiavi alle attiviste dell’intero complesso del Buon Pastore e non più solo di alcuni locali. Gli scontri tuttavia non si sono mai del tutto conclusi e di recente l’amministrazione comunale ha nuovamento messo in discussione la permanenza delle attiviste. L’amministrazione ne ha fatto una questione meramente economica e amministrativa: le attiviste sono indietro con i pagamenti dell’affitto e quindi devono lasciare lo stabile. Pur non svolgendo attività a scopo di lucro (come hanno spesso specificato) negli anni sono riuscite a pagare gran parte dell’affitto (fissato a 9.000 euro al mese) ossia 600.000 su 800.000. Ma per il Comune non basta lo stesso e ancora oggi si dice pronto a sgomberare la struttura. La Casa Internazionale delle donne sta rispondendo alla possibilità di sfratto con un crowdfunding che possa raccogliere la quota rimanente (300.000) per provare a chiudere il contenzioso con l’amministrazione.
Accanto all’esperienza della Casa Internazionale delle donne è nata nel 2008 quella di Lucha Y Siesta: un gruppo di donne che ha occupato uno stabile abbandonato nel quartiere Tuscolano dove ha dato vita ad una casa rifugio per donne e bambini con trascorsi di violenza. Ad oggi la struttura ospita 15 donne e 7 bambini ed è a rischio di sfratto. L’ATAC, che detiene la proprietà dell’immobile, intende vendere la struttura per superare le difficoltà di malagestione a cui l’azienda è andata incontro. Per il 15 settembre era fissata la data della sospensione delle utenze, rinviata poi al 13 Novembre. C’è fretta di vendere e forse c’è già un acquirente. Per scongiurare l’operazione è nato il comitato Lucaallacittà che, attraverso un crowdfunding, sta cercando di ottenere la somma economica necessaria per comprare l’immobile dentro la quale l’impegno sociale delle attiviste è nato e cresciuto. Se l’amministrazione comunale continua a non comprendere l’importanza che il luogo ha e se intende ancora rifiutarsi di aprire una trattativa con le attiviste, allora tanto vale provare a rendersi uniche protagoniste. Quindi comprando l’immobile e rivendicando lo spazio e la storia di questi anni.
Riappropriarsi della propria notte: era il monito e lo slogan di migliaia di donne e resta oggi un desiderio e bisogno comune. Soprattutto per le attiviste che per anni hanno lavorato all’interno della Casa Internazionale delle donne e Lucha Y Siesta sostenendo e aiutando donne e bambini in difficoltà, le cui vite sono state segnate da episodi di violenza. Facendo questo, l’attivismo dell’organizzazione si è sostituito al dovere dell’amministrazione comunale di interessarsi personalmente all’aiuto e al sostegno alle persone con trascorsi di violenza. Lucha Y Siesta possiede circa 16 posti letto e rappresenta il 60% di quelli disponibili a Roma: ne mette a disposizione più di quanto faccia il comune.
Ciò che le donne hanno creato nella capitale non può semplicemente essere imballato e portato via. Non può essere relegato a problematica meramente amministrativa o economica. La città ha bisogno delle mura di questi luoghi, per rifugiarsi e in esse trovare conforto e forza. Per confrontarsi e interrogarsi sulla parità di genere, e serve alle donne per riappropriarsi delle proprie battaglie. La violenza esiste ancora. E ancora sono importanti luoghi in cui affrontare in modo costruttivo questa violenza, sia pensando a politiche sociali in grado di prevenirla sia offrendo un rifugio sicuro a chi l’ha subita. Tutto ciò è indispensabile per la creazione di una società più giusta e più incline ad una piena realizzazione della parità di genere. Un bisogno sociale che si sta lentamente trasformando in un dovere dello Stato, in virtù del quale si dovrebbero creare accordi e non minacce di sgombero con Lucha Y Siesta e la Casa Internazionale delle donne. In attesa che questo accada, ad ogni modo, le attiviste non lasceranno che i progetti a cui hanno lavorato per tanto tempo vengano distrutti. Ancora una volta saranno pronte a difendere i valori su cui hanno organizzato le loro attività, attraverso i crowdfunding, ma soprattutto attraverso quello spirito che non le ha mai abbandonate, quello di riappropriarsi della propria notte.
Antonella Maiorino