28 Agosto 2019
Al netto dei risultati del 4 Marzo, si profila con una sempre maggiore insistenza la possibilità di inscenare nel quadro politico italiano uno dei capisaldi del programma elettorale del Movimento 5 Stelle (prima forza politica con il 32,8 per cento dei voti), il Reddito di Cittadinanza.
La suddetta manovra economica prende piede a partire dal XVIII secolo in Europa, consistente nell’erogazione di una quota fissa, da parte dello Stato a tutti i suoi cittadini, indipendentemente dalla loro condizione economica e sociale.
Ciò che propone il Movimento oggi sembra snaturare il concetto di Reddito di Cittadinanza, avvicinandosi più a un’idea di Reddito Minimo Garantito. Esso è infatti rivolto alle 9 milioni di persone che oggi vivono in Italia sotto la soglia di povertà (Secondo i dati ISTAT, in Italia chiunque vive da solo con meno di 780 euro al mese si trova sotto la soglia di povertà. Tale soglia, inoltre, varia a seconda del numero dei componenti della famiglia).
I beneficiari dovranno rispettare alcuni punti per poter usufruire del reddito, tra i quali ricordiamo: aver raggiunto la maggiore età; partecipare a progetti di utilità sociale; frequentare corsi di formazione professionale; ricerca attiva di un nuovo posto di lavoro; non rifiutare più di tre proposte di lavoro, pena l’estinzione del reddito.
Ciò che a primo colpo può sembrare un provvedimento utile, se non necessario, al Paese, dovrà fare i conti con il reperimento dei fondi necessari. Le stime oscillano tra i 16 e i 20 miliardi di euro annui, che il Movimento è intenzionato a ricavare tassando il gioco d’azzardo, le banche, le compagnie petrolifere e tagliando i finanziamenti ai giornali e alla politica.
D’altro canto, è entrato in vigore dal 1 Gennaio 2018 il Reddito di Inclusione (REI) che si presenta come una misura nazionale di contrasto alla povertà. Si compone di due parti fondamentali: un beneficio economico, erogato mensilmente attraverso una carta di pagamento elettronica (Carta REI) e un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà.
Un grattacapo in meno dunque per il Movimento 5 Stelle? Il REI soddisfa una clientela più ridotta rispetto ai 9 milioni di poveri che sarebbero coperti invece dal Reddito di Cittadinanza, presentando delle condizioni in parte differenti per l’accesso al finanziamento: cittadinanza italiana; Isee in corso di validità non superiore a 6.000€; particolari condizioni familiari, quali per esempio un componente di minore età e/o una persona con disabilità e/o una donna in stato di gravidanza; obbligo di frequenza scolastica per i minori.
Il finanziamento ha durata di 18 mesi, dopo i quali bisogna che trascorra un periodo di 6 mesi per poter presentare nuovamente la domanda.
Il tetto massimo dei fondi reperibili varia a seconda dei componenti della famiglia, con somme che oscillano dai 187.5 € mensili per una sola persona, ai 490.75 € per 5 o più persone per famiglia.
Risulta evidente quanto questi fondi siano distanti dal poter sostituire a tutti gli effetti anche uno stipendio medio/basso. Il REI di fatto incarna una misura di emergenza primaria in soccorso delle sempre più numerose famiglie italiane sotto la soglia di povertà.
Lo smacco nei confronti del Reddito di Cittadinanza proposto dal M5S risulta dunque evidente. Il REI può essere interpretato come un timido (ma necessario) tentativo di procedere verso il riconoscimento di un reddito di cittadinanza, o quantomeno di un Reddito Minimo Garantito, venendo dunque incontro ad una volontà espressa chiaramente dall’Unione Europea, che vede tutti i suoi Stati membri già da tempo protesi verso questa direzione, fatta eccezione per la Grecia e la stessa Italia.
Antonio Saporiti
Articolo tratto dal bollettino informativo “Con-fini Comuni“.