14 Novembre 2018
Ad essere smantellata il giorno 13 Novembre a Roma non è stata la Baobab Experience, ma Maslax. Il piazzale adiacente alla stazione ferroviaria Tiburtina si chiama così, o meglio: l’hanno chiamato così. La decisione dell’organizzazione risale al 2017 quando un migrante, di nome Maslax Moxamed, per un breve periodo ospite della struttura, dopo essere tornato in Italia a seguito del fallito tentativo di sistemarsi in Belgio, il 15 Marzo si toglie la vita. Aveva solo 19 anni. Quello spazio era dedicato a lui. Un modo per ricordarlo e per chiarire a tutti che non c’è uomo o donna sulla terra che possa essere considerato da un paese, da un governo o da qualsiasi altro potere, un peso.
Gli abituali frequentatori di quel piazzale, proprio come Maslax, sono migranti transitanti: arrivano a Roma, ma sperano di poter ripartire presto per raggiungere altri paesi dell’Unione Europea. In Italia vorrebbero sostare solo per qualche giorno e andare via subito, ma spesso capita che i giorni diventino mesi e i mesi periodi ancora più lunghi. Si tratta della diretta conseguenza del Trattato di Dublino che prevede che lo Stato competente a esaminare una domanda di asilo sia lo Stato in cui il richiedente ha fatto il proprio ingresso nell’Unione Europea. Senza la conclusione di quest’azione di verifica, i migranti negli altri paesi europei vengono letteralmente rispediti nel paese in cui la domanda è stata già presentata. Sono detti dublinanti: bloccati qui, in Italia, nella morsa della burocrazia. È accaduto a Maslax e accade spesso a tantissimi altri migranti. Tanto che l’UNHCR ne ha messo in discussione lo spirito sostenendo che il regolamento, non garantendo una distribuzione equa delle richieste d’asilo tra gli Stati membri, non riesce a fornire una protezione efficiente ed efficace ai tanti che ne fanno domanda.
Lo sgombero del piazzale Maslax è stato richiesto da Ferrovie dello Stato Italiane per riappropriarsi del parcheggio su cui è nato il presidio. A darne piena attuazione, nonostante il ministro dell’interno sui social ne abbia rivendicato l’operazione, è stata la Prefettura e l’amministrazione romana. Il capo della Lega è stato invece autore di una circolare con la quale ha invitato le amministrazioni comunali ad effettuare le operazioni di sgombero anche senza aver prima garantito alle persone dei luoghi alternativi in cui alloggiare. Una direttiva che soppianta del tutto quella precedente, dell’allora ministro Minniti, che invece antecede al momento dello sgombero quello delle strutture alternative.
Gli attivisti di Baobab sapevano già da settimane che ci sarebbe stato lo sgombero del presidio e, proprio per prevenire situazioni spiacevoli come quelle che poi sono si sono verificate, il giorno 23 ottobre hanno sottoscritto una lettera per chiedere che l’operazione avvenisse con preavviso e nella garanzia che le persone lì presenti sarebbero state immediatamente ricollocate in apposite strutture. Nelle settimane ancora precedenti, hanno provato ad incontrare l’amministrazione nel tentativo di concordare con loro fin da subito gli alloggi dove i migranti si sarebbero potuti sistemare. La riposta dell’amministrazione è stata chiara: all’alba del 13 Novembre, senza alcun preavviso, i blindati della polizia hanno circondato il piazzale, hanno fatto andare via tutti e hanno distrutto con ruspe tutto quello che hanno rinvenuto. Per l’amministrazione comunale quelle erano solo baracche, per Matteo Salvini anche antiestetiche, ma per circa duecento persone quelle costruzioni erano una casa. Un mondo. Un piccolo spazio, scavato a Roma, dove sentirsi parte di una comunità, parte di una aggregazione umana dove l’odio razziale non ha mai varcato la porta.
Dal momento che l’amministrazione romana si è sempre trovata nella posizione di procedere con altre modalità (garantire prima gli spazi, effettuare i trasferimenti e solo allora entrare nel piazzale), è chiaro che l’operazione stessa sia stata fatta per immagine: per permettere alle ruspe di distruggere tutto e a Salvini di mostrarsi nuovamente come il nemico dei poveri, deboli e di chi non ha opportunità di difendersi. Oggi tanti migranti sono di nuovo in strada, soli, e senza cure. Ancora senza assistenza, ancora alla deriva, ancora isolati. Gli attivisti di Baobab, come hanno già dichiarato, non si fermeranno: si sposteranno da un’altra parte e ricreeranno il presidio. Saranno di nuovo il punto di riferimento non solo dei migranti, ma di ogni persona bisognosa. Continueranno a camminare accanto ai migranti, a chiedere all’amministrazione comunale degli spazi idonei all’accoglienza, a infondere speranza. Quel piazzale ora è vuoto, ci sono soltanto le strisce bianche che tracciano i confini delle auto ed è nuovamente di gestione delle Ferrovie dello Stato Italiane. Ma Baobab Experience c’è ancora. E c’è anche Maslax.
Antonella Maiorino