24 Febbraio 2019
Quest’anno, candidati agli Oscar 2019 come “Miglior cortometraggio d’animazione” abbiamo i seguenti titoli:
Animal behaviour, di Alison Snowden e David Fine, che racconta di un gruppo di animali con problemi emotivi e psicologici che si incontra per la terapia di gruppo con il Dr. Clement: una sanguisuga che soffre di ansia da separazione, una mantide religiosa che ha problemi con il genere maschile, un maiale con un disturbo alimentare, un uccello con i sensi di colpa e un gatto ossessivo-compulsivo. Ogni animale rappresenta una determinata patologia in base alle sue caratteristiche. La loro seduta terapeutica viene improvvisamente interrotta da un nuovo membro, un gorilla con problemi di gestione della rabbia, che non crede nel successo di una terapia psicologica e si rifiuta di farsi curare.
Bao, di Domee Shi e Becky Neiman-Cobb, è il nuovo corto della Pixar che affronta la dolorosa tematica della sindrome del nido vuoto: una donna si siede a tavola con il marito per cenare e l’ultimo “bao” rimasto – che in cinese significa raviolo ma anche qualcosa a cui si tiene fortemente – prende vita e viene trattato come un figlio. Col passare del tempo, il “piccolo esserino” capisce che è in grado di socializzare con altre persone, di farsi degli amici, di innamorarsi e infine di allontanarsi da casa. C’è una scena particolarmente forte, quella in cui la madre rifiuta l’abbandono del “figlio”, che provoca nello spettatore una stretta allo stomaco mista ad un forte e spiacevole stupore.
Late afternoon, di Louise Bagnall e Nuria González Blanco, è un toccante mini-capolavoro irlandese che affronta con dolcezza il tema dell’Alzheimer e della demenza senile. Emily è una signora anziana che ha perso totalmente la memoria e trascorre le sue giornate seduta su una poltrona, ma tutto cambia quando una giovane donna, dopo essersi presentata, le dà una tazza di tè: da quel momento in poi i ricordi, confusi e frammentari, iniziano a tornarle alla mente in un mutare continuo di immagini, frutto di un accurato lavoro di computer grafica in 2D misto a tecniche pittoriche che ricordano la scuola francese che ci accompagnano verso un tenero finale che fa versare – legittimamente – qualche lacrima.
Weekends, di Trevor Jimenez (story artist alla Pixar), racconta la triste condizione di un bambino costretto a dividersi tra i due genitori separati. Il progetto – che si concentra sul modo in cui il giovane protagonista percepisce i due diversissimi mondi – è interamente disegnato a mano, non è dialogato ed è accompagnato da una colonna sonora a tratti malinconica.
One small step, di Andrew Chesworth e Bobby Pontillas, racconta la storia di una ragazzina che sogna di diventare astronauta ed è supportata dal padre che per mantenerli lavora riparando scarpe. Crescendo, la ragazza si trova ad affrontare ogni tipo di sfida, capendo che la vita non è proprio come immaginava da bambina. È una storia commovente incentrata sui sogni e sull’amore smisurato di un padre per la figlia, che arriva dritta al cuore e che porta avanti il messaggio di non smettere mai di combattere per i propri sogni. Il titolo del corto è un chiaro omaggio alle parole di Neil Armstrong: “un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità.”
I cortometraggi d’animazione in gara, dunque, se da un lato risultano essere molto diversi tra loro per quanto riguarda l’aspetto tecnico/grafico che spazia da un semplice 2D ad effetti di un certo livello, dall’altro lato hanno in comune il fatto di riuscire a trasmettere messaggi importanti che arrivano dritti al cuore dello spettatore (la rabbia, il dolore, la famiglia, i sogni) e riescono a provocare emozioni fortissime. Ma quale, tra questi, sarà il vincitore del premio cinematografico più importante di tutti?
Michela Monaco