13 Febbraio 2021
I cambiamenti climatici e l’effetto serra sono argomenti costantemente al centro dell’attenzione pubblica, da qualche anno ormai la sensibilità sta cambiando e sempre più persone si interessano alle tematiche ambientali. Ma quanti sono consapevoli del loro ruolo fondamentale giorno per giorno per l’inquinamento, per l’emissione di gas serra, per la produzione di materiali non riciclabili?
Gli esseri umani per vivere hanno bisogno primariamente di acqua e cibo. Le nostre scelte riguardo l’approvvigionamento e il consumo di questi elementi prese singolarmente possono sembrare insignificanti, ma quando miliardi di persone consumano tonnellate di cibo senza curarsi di come questo venga prodotto, di cosa ci sia dietro i pacchetti confezionati nei supermercati, l’impatto sull’ambiente è devastante.
Dietro ogni alimento c’è una filiera di produzione, che implica l’impiego di risorse. Per la produzione di carne (e derivati) viene utilizzato circa il 40% del totale di cereali prodotti. Poi c’è l’acqua. È facile trovare informazioni sulla quantità enorme di acqua necessaria per allevare un singolo bovino, ma si deve tenere bene a mente che tutto il mangime che questo necessita ha consumato altri miliardi di litri di acqua per essere coltivato. Senza contare che la produzione cerealicola ha bisogno di terreni molto vasti, che vengono sfruttati intensivamente. Anche gli ortaggi molto spesso vengono coltivati in maniera intensiva, causando l’impoverimento del suolo rendendolo inadatto a essere riutilizzato, creando un circolo vizioso che porta a consumare sempre più terra. L’impronta ecologica è molto più grande di quella che immaginiamo.
Diverse sono le questioni che spingono la maggioranza dei consumatori ad acquistare alimenti ad alto impatto ambientale: l’aspetto economico, dato che molto spesso questi prodotti sono poco costosi rispetto agli equivalenti più sostenibili; la facilità di reperimento; il poco tempo a disposizione da dedicare alla scelta dei prodotti e alla cucina.
In ogni caso l’attenzione all’ambiente compare anche nelle campagne pubblicitarie e nel packaging alimentare, basti pensare che dieci anni fa sarebbe stato difficile trovare in un supermercato un intero reparto dedicato ai prodotti biologici e vegetariani. Dal bio alla “finta” carne e ai prodotti “senza”, l’industria alimentare si adatta al sentimento della popolazione. Ma non dimentichiamo che è pur sempre un’industria.
Molto spesso nel considerare la sostenibilità di un prodotto non si tengono in considerazione gli imballaggi e il trasporto. La plastica è un tema molto discusso, ma bisogna tenere in considerazione tutti quei materiali che non possono essere riciclati e la mancanza di direttive sul corretto smaltimento di molti imballaggi. Per quanto riguarda il trasporto il problema è dovuto anche ad una mancata consapevolezza. Non è scontato che un avocado che ha viaggiato migliaia di chilometri dal Sud America sia più bio di un pollo allevato in Italia.
Un fenomeno che si è sviluppato negli ultimi anni parallelamente al biologico è quello del food porn. Il cibo “instagrammabile”, l’avvento dei delivery, la diffusione del fast food. La moda culinaria è stata racchiusa in un bun. Nella maggior parte dei casi gli alimenti in questione sono molto lontani dall’essere sostenibili. E il danno sia ambientale ma soprattutto etico è considerevole.
Qual è la soluzione allora? Perché doversi complicare la vita quando chi ha il potere decisionale non attua misure a salvaguardia dell’ambiente? Nella giungla globale è difficile trovare una risposta. Non bisogna però ricorrere al benaltrismo e sottovalutare la responsabilità di ogni singolo individuo. Intanto possiamo iniziare a comprare prodotti locali e sostenibili, a chilometro zero, di cui possiamo controllare la provenienza e la filiera di produzione. Ma soprattutto comprare meno: lo spreco alimentare è un problema reale. Se non per il mondo almeno per noi stessi.
Martina Bianchi
Tratto dal bollettino informativo “Arrocchi Artificiali“.