12 Marzo 2019
All’interno del video-spot sull’Università di Salerno, curato da Fanpage, risuonava, in merito alla sede principale dell’Unisa, la frase “Un campus sicuro, dove le famiglie possono affidare serenamente i propri giovani” che lasciava intuire come l’ateneo fosse all’avanguardia sotto i più disparati punti in merito alla strutturazione delle due sedi: attenzione al verde, proporzionalità tra gli spazi chiusi e quelli aperti, navetta di collegamento tra un edificio e l’altro, bar posizionati nei punti strategici e altri vanti di questo tipo. L’ateneo si è dunque presentato, ancora una volta, come il fiore all’occhiello del sud Italia, un supereroe chiamato a rappresentare e difendere la cultura accademica del mezzogiorno.
Noi che viviamo assiduamente quegli ambienti, abbiamo imparato a conoscere bene tutti i punti deboli dell’ateneo e si dia il caso che uno di questi sia proprio legato all’aspetto strutturale degli edifici. La kryptonite dell’ateneo salernitano è per eccellenza il cattivo tempo. Ogni volta che una nube sfiora il cielo su Fisciano, improvvisamente un nastro giallo, in stile CSI Miami, finisce col circoscrivere e limitare diverse zone del campus. È accaduto di recente quando, in seguito a giornate segnate dal maltempo, sono state danneggiate numerose zone: le residenze di Penta, l’edificio D2 di Scienze Politiche, la zona dell’aula delle lauree.
Un primato speciale spetta alla Biblioteca Scientifica. Dopo esser stata misteriosamente chiusa al pubblico dopo solo quattro giorni dalla sua inaugurazione, dopo aver affannosamente concluso il trasferimento dei libri di testo dalle sedi di Baronissi a Fisciano che richiese oltre due mesi di lavoro e dopo aver abituato gli studenti ad un ambiente completamente diverso da quello della biblioteca umanistica, è arrivata la pioggia. Accompagnata, come sempre, dagli onnipresenti secchi. Pronti ad essere sparpagliati per la biblioteca per raccogliere tutta l’acqua piovana. Come una biblioteca così all’avanguardia possa ancora non riuscire a debellare il nemico delle infiltrazioni è un mistero che, probabilmente, continuerà a tormentarci nelle più oscure notti insonni.
Quella tra l’Unisa e il cattivo tempo è una rivalità di cui nessuno più ormai rammenta l’origine. Solo due anni fa gravi problemi alle strutture si riscontravano a Scienze Politiche dove l’intero secondo piano è diventato inagibile a causa dell’esorbitante quantità d’acqua caduta al secondo piano. L’anno scorso, invece, ha ritardato nel comunicare la chiusura delle sedi di Fisciano e Baronissi, quando era stata già diramata un’allerta meteo per possibili nevicate, che ha consentito agli studenti di raggiungere l’ateneo, per sostenere esami e seguire corsi, restandovi poi bloccati. Circa tre anni fa, invece, ha inaugurato il nuovo terminale bus che però sembra esser stato costruito non tenendo molto in considerazione dell’antico nemico dell’ateneo: le pensiline adibite all’attesa dei pullman sono piuttosto piccole, strette, inadatte come riparo dal vento e dalla pioggia.
Eppure l’Unisa non ha mai perso la speranza. Si è sempre adoperata per la costruzione di nuove strutture, più grandi, più belle, più selfie-friendly, al punto che l’ateneo sembra aver assunto l’aspetto di un cantiere permanente: nell’ambito del progetto “Costruendo Unisa” sono stati fatti numerosi lavori e molti altri sono stati avviati, come l’allargamento della mensa e i nuovi corridoi che conducono al terminal. Ma saranno, questa volta, costruiti in modo da reggere il peso di qualche goccia d’acqua? Non vorremmo che, alla fine dei conti, l’Unisa, piuttosto che essere un degno Superman, si rivelasse soltanto un Clark Kent.