Spazi: tutte le falle del bando

Spazi: tutte le falle del bando

17 Agosto 2018

L’Università degli Studi di Salerno è stata spesso definita come il classico campus all’americana: 1.350.000 mq di terreno, tra Fisciano e Baronissi, su cui sono stati costruiti edifici, giardinetti, piazze, fontane e persino un floreale datario. Dalla sua fondazione ad oggi, in seguito a numerosi interventi edilizi, ha assunto sempre più l’aspetto di un agglomerato urbano dove gli studenti sono considerati “cittadini del campus” [Art. 2 Statuto degli studenti]. Da tempo infatti si è radicata un’idea di vita accademica che va ben oltre il naturale conseguimento dei doveri legati alla propria carriera: ormai gli studenti, e in particolar modo le associazioni studentesche, rivendicano un grado di partecipazione più ampio, influenzati anche dalla presenza di tutti quei servizi che permettono di trattenersi nel campus anche oltre i momenti dedicati allo studio.

Considerare gli studenti cittadini del luogo universitario significa consentire loro di non essere solo fruitori dei servizi e dell’ambiente, ma di essere protagonisti e quindi parte attiva della struttura. L’Università di Salerno, per non circoscrivere questo concetto ad una sola sfera ideale, deve, perciò, garantire al suo interno la fruizione di spazi fisici dove gli iscritti e le associazioni possono creare momenti di aggregazione e vivere il campus sotto un aspetto meno formale. Le realtà studentesche che attualmente sono iscritte all’albo d’ateneo sono 73 e, probabilmente, l’Università non dispone dell’adeguato numero di spazi per concedere a tutti un punto di riferimento fisico. Ecco perché, a cadenza più o meno biennale, indice un bando per affidare la gestione di stanze, gabbiotti e più generalmente di strutture adeguate. Dal Regolamento [D.R. 25.06.2013 – rep. 1878], che disciplina l’assetto generale delle procedure, è possibile constatare innanzitutto che quanti e quali spazi mettere a disposizione del corpo studentesco non è deciso preliminarmente dall’Unisa che, invece, preferisce affidare di volta in volta il compito di selezione dei luoghi al Consiglio d’amministrazione.

La mappatura prodotta non riceve pubblica diffusione e diventa pertanto difficile verificare su quali valutazioni è avvenuta la selezione e, soprattutto, se questa è il risultato di almeno il tentativo di garantire il maggior numero di strutture o se, invece, è il prodotto di un ragionamento completamente opposto. Per l’esame delle domande, l’assegnazione dei punteggi e la stesura della graduatoria finale l’Università istituisce una Commissione in seno al Consiglio d’amministrazione cui fanno parte i rappresentanti degli studenti del suddetto organo e due docenti. Relativamente alle associazioni che prendono parte alle elezioni studentesche, la commissione attribuisce i punti in base ad alcuni criteri che sono specificati all’interno dei bandi emessi, mentre, per le associazioni socio – culturali, cui viene riservato solo il 10% di tutti gli spazi messi a disposizione, i bandi si limitano solo a informare che la commissione potrà attribuire da 0 a 5 punti a ogni singola attività che le stesse presenteranno. Non chiarisce, però, secondo quali valutazioni si potrà attribuire un punteggio maggiore ad una attività piuttosto che a un’altra.

Dallo studio della documentazione emerge chiaramente che l’assegnazione degli spazi per le associazioni che fanno rappresentanza è agevolata. Non solo perché a queste è garantito il 90% dei luoghi messi a disposizione, ma anche per l’attento modo con cui sono state indicate le condizioni per le quali sarà possibile risultare assegnatari. A ciò si aggiunge anche la composizione stessa della commissione: due docenti e due rappresentanti. Se da una parte tale assetto corrisponde per l’università alla volontà di rendere partecipi gli studenti in un momento che li riguarda, dall’altra non si tiene conto della diversificazione delle realtà associative presenti sul campus. Aver meticolosamente predisposto i criteri e i corrispettivi punti difficilmente permetterà alla commissione di essere meno obiettiva.

Ma come si potrà garantire la stessa imparzialità alle associazioni socio – culturali che, non solo non hanno alcun interlocutore in commissione, ma le cui attività saranno arbitrariamente valutate secondo una scala che va da 0 a 5? Qualificare gli studenti come cittadini del campus non serve a molto se nel frattempo si continuano a limitare gli spazi e se si agevolano soltanto le associazioni che sono riuscite ad accaparrarsi un rappresentante in seno agli organi apicali. Resterà, così, soltanto una costruzione formale non corrispondente alla realtà.

 

Antonella Maiorino