26 Ottobre 2021
Si è svolto il 19 ottobre il cosiddetto “manovra-day”, giornata nella quale il Consiglio dei Ministri guidato dal presidente Draghi ha approvato la legge bilancio per il 2022 che sarà successivamente presentata in Commissione Europea. Tra tassazioni, tagli, reddito di cittadinanza e aliquota, spicca la manovra che prevede la riduzione dell’Iva – dal 22% al 10% – sui prodotti assorbenti per l’igiene femminile. Una notizia che dovrebbe portare con sé esclusivamente sentimenti positivi ed entusiasmo, ma la sensazione di amarezza è difficile da cancellare e per capirlo basta volgere uno sguardo al passato.
Inizialmente applicata al 12%, la tampon tax esiste dal 1973 e categorizza i prodotti necessari all’igiene femminile durante il periodo mestruale all’interno dei beni di lusso. Successivamente, la percentuale dell’Iva è aumentata fino ad arrivare alla soglia del 22%, tra le più alte dell’Unione Europea. In pratica fino pochi giorni fa avere le mestruazioni o comprare un pezzo di tartufo erano considerati più o meno la stessa cosa, con la differenza che il costo di un singolo pezzetto di tartufo non copre decisamente quello dei pacchi di assorbenti necessari per il periodo mestruale. In media una donna affronta 460 cicli prima di entrare in menopausa il che significa dover spendere 4.140 euro solo in assorbenti senza contare il costo previsto per eventuali farmaci ed analgesici per affrontare i relativi dolori. Una spesa decisamente onerosa che non tutte possono permettersi di affrontare. Ad avallare la tesi è una ricerca del gruppo “Women for Independence”, secondo la quale quasi una donna su cinque ha sperimentato la “period poverty”, l’impossibilità economica di potersi garantire un’igiene adeguata durante tutto il periodo mestruale. Un problema che si ripercuote anche sull’istruzione, costringendo le studentesse a rimanere a casa durante il ciclo, e sulla vita lavorativa, in Italia il tasso di assenza dal lavoro per mestruazioni risulta tra il 5% e il 15%.
Dopo 43 anni dalla sua esistenza, nel 2016 in Italia ha luogo la prima diatriba politica sulla tampon tax con la proposta di Giuseppe Civati di una riduzione al 4%, iva prevista per i prodotti considerati beni di prima necessità. Dibattito che è caduto nel dimenticatoio, ignorando anche la direttiva dell’Unione Europea del 2007 che consente ai Paesi membri di ridurre l’aliquota. Durante questi anni di silenzio sono state numerose le manifestazioni e le protesta che si sono unite allo slogan “Il ciclo non è un lusso”, campagna dell’associazione Onde Rosa che oltre a lanciare nel 2018 una raccolta firme su Change diretta a Elena Bonetti (Ministro della Famiglia e delle Pari opportunità) ha spinto alcune farmacie e singoli comuni ad agire autonomamente per l’abolizione della tampon tax nell’attesa di una risposta governativa. Ad aprire le danze è stato il comune di Firenze che, su istanza della consigliera Laura Sparavigna, ha sospeso la tassa in 21 farmacie a fine aprile 2021. A seguire, nei mesi sono state centinaia ad aggiungersi alla lista, come le Lloyds e le Sfera, che hanno punti vendita in tutta Italia. Nel 2020 dei segnali sono stati lanciati anche dagli atenei come quello di Milano che ha installato all’interno dei bagni dei distributori di assorbenti a 20 centesimi.
La strada finora percorsa per l’effettiva abolizione della tampon tax non è stata priva di ostacoli e ad ogni curva imprevista la meta sembrava sempre più lontana. Nonostante sul tavolo fosse presente la possibilità di una riduzione al 4%, per il momento si è preferito scendere ad un compresso che, in effetti, non si allontana di molto dalla prima percentuale di tassazione applicata. Nonostante il rifiuto di considerare gli assorbenti e i bisogni femminili alle stregua di una rasoio da barba, la decisione accorcia il divario con il resto dell’Europa. Precedentemente, l’Italia risultava tra i paesi con una maggiore tassazione, la proposta presente nella legge bilancio porterà la nazione a posizionarsi a metà classifica, tra l’Austria e la Slovacchia, superando la Grecia. L’obiettivo dovrebbe essere quello di raggiungere l’Irlanda, paese in cui la tassazione sugli assorbenti è pari a zero. Per le scuole e le università, invece, un buon esempio da seguire è quello della Nuova Zelanda che da quest’anno garantisce assorbenti e altri prodotti gratis per l’igiene femminile alle alunne per sconfiggere il fenomeno della “povertà mestruale”.
In seguito alla manovra si sono registrati numerosi commenti positivi, un entusiasmo più che giustificato dopo 48 anni di tassazione, ma che non riesce a far tirare alle donne un completo sospiro di sollievo perché sulle loro spalle grava ancora il “peso” – seppur in quota minore – di avere le mestruazioni.
Annaclaudia D’Errico