7 Settembre 2020
Il 23 settembre 2020 è stata approvato l’inserimento dei medicinali per il cambio transitorio di genere (quali testosterone, testosterone undecanoato, testosterone entantato, esteri del testosterone e estradiolo, estradiolo emiidrato, estradiolo valerato, ciproterone acetato, spironolattone, leuprolide acetato e triptorelina) nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale. L’atto ha reso accessibile gratuitamente, a coloro affetti da disforia di genere, la possibilità di intraprendere una terapia ormonale avvalendosi dell’assistenza medica necessaria nel percorso che gli garantirà il cambio di sesso. Dopo la pubblicazione della norma, la prima Regione a rendere ufficiale il diritto e a fare in modo che questo venga rispettato è stata l’Emilia Romagna pubblicando il 30 settembre una nota in tema di “Interventi in materia socio-assistenziale e socio-sanitaria”.
Il 1 ottobre 2020 la gratuità della terapia farmacologica è stata estesa a tutto il territorio nazionale. Nella regione Toscana la cura ormonale era già presente dal 2006, grazie ad una decisione presa dall’allora assessore per il diritto alla salute Enrico Rossi attualmente presidente della Regione. Coloro che intendono accedere al servizio gratuito prima di farlo dovranno sottoporsi ad una diagnosi di disforia di genere che sarà formulata da un equipe specifica. La terapia è aperta anche ai minori, in questo caso è necessaria l’autorizzazione da parte di entrambi i genitori o tutori. Un altro tassello importante riguarda l’intervento anatomico per il cambio di sesso, inserito tra i “livelli essenziali di assistenza” (LEA). La Corte Costituzionale, con una sentenza del 5 novembre 2015, ha ritenuto l’operazione, che in molti casi può causare la sterilizzazione, non necessaria per effettuare il cambio di sesso all’anagrafe. Una decisione presa dopo il caso sottoposto al tribunale civile di Trento nel 2014, nel quale una persona, dichiarando di riconoscerci sin dai 7 anni in un’identità di genere maschile pur non essendolo anatomicamente, chiedeva la modifica del suo nome all’anagrafe ritenendo l’intervento non ancora necessario. Il testo della sentenza, scritta dal giudice Giuliano Amato, fa riferimento alla norma della Corte europea dei diritti dell’uomo che fa rientrare il diritto all’identità di genere nell’articolo 8 della CEDU (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà).
L’articolo 8 non è stato recepito completamente da almeno nove paesi europei. Finlandia, Lettonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Serbia, Bosnia- Erzegovina, Montenegro e Kosovo prevedono la sterilizzazione obbligatoria, causata dall’intervento chirurgico, per il riconoscimento giuridico del cambio di sesso. Requisito che le Nazioni Unite hanno riconosciuto come una forma di tortura e di trattamento crudele, inumano e degradante. In altri paesi tra cui Francia, Portogallo, Grecia, Belgio, Danimarca, Norvegia e Malta è possibile procedere al cambio di sesso all’anagrafe senza sottoporsi all’operazione, come prevede anche l’Italia dal 2015.
Per l’Italia, rendere accessibile gratuitamente la terapia è sicuramente un passo in avanti, considerando che solo l’anno scorso un singolo farmaco poteva arrivare a costare anche 10 euro a confezione. Come nel caso del “Progynova”, un farmaco a base di estrogeni da assumere due volte al giorno e di cui il prezzo è stato triplicato ad ottobre del 2019. Un’altra questione è quella relativa alla carenza di farmaci, infatti molti dei medicinali prescritti regolarmente possono risultare introvabili. Questa situazione ha dato il via appena due anni fa ad una petizione online “La salute delle persone trans* in Italia è in pericolo” che continua a raccogliere numerosi consensi. Ma la salute di quest’ultimi non è la sola ad essere stata messa in pericolo, perché alcuni dei farmaci prescritti per le persone che si trovano nella transizione di genere, diventano essenziali anche per chi soffre di menopausa precoce o, in generale, per coloro a cui l’organismo non produce abbastanza ormoni. È doveroso specificare che quello della terapia ormonale non è il primo passo del percorso che una persona transessuale deve seguire.
Il protocollo della ONIG (Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere) prevede due step che a loro volta si suddividono in più fasi. Il primo, denominato “introspezione”, riguarda la presa di coscienza della persona che, autonomamente o tramite associazioni, si rivolge a psicologi o psicoterapeuti specializzati. Una volta trascorsi almeno 6 mesi dall’inizio del percorso psicologico, è possibile iniziare a valutare l’eventualità di intraprendere una terapia ormonale che durerà per tutta la vita. Lo step successivo, definito “test di vita reale”, si avvale comunque del supporto psicologico e va di pari passo con l’inizio della cura ormonale. Durante questa fase, la persona inizia a vivere la quotidianità con il nome ed il sesso con il quale si sente a proprio agio. In tutte le fasi del protocollo, il potersi rivolgere a figure come quella dello psicoterapeuta, è considerato fondamentale.
Anche gli atenei universitari hanno seguito l’esempio dell’Emilia-Romagna e della Corte Costituzionale. Ne sono una prova quello di Torino, Perugia, Basilicata e Salerno, che hanno attivato il doppio libretto “Alias” che consente, a chi è nella situazione transitoria di genere, di utilizzare duranti gli anni accademici il nome che corrisponde alla propria identità. Nell’Università degli studi di Salerno, proprio per l’anno accademico 2020/2021, è stato istituito tra gli insegnamenti a scelta “Storia delle Donne e Studi di Genere”, il che gli permette di rientrare tra i pochi istituti accademici (lo 0,001%) che offrono corsi di questo tipo. Lo studio è la risposta giusta per comprendere realtà che spesso riteniamo a noi estranee e le università italiane sembrano iniziare a capirlo.
Costruire una società più consapevole, priva di discriminazioni e in cui ogni individuo possa sentirsi libero di essere se stesso senza indossare alcuna maschera, sembra una realtà avvicinabile sempre di più anche se con passi lenti, ma importanti. La strada da percorrere è ancora tanta e raggiungere il traguardo è un compito che spetta sia alle istituzioni che ai singoli.
Annaclaudia D’Errico