19 Agosto 2021
Abilismo: atteggiamento discriminatorio nei confronti di persone con disabilità. É la definizione offerta dal sito web della Treccani, citando un articolo del Corriere e un contenuto del blog sofiarighetti.it, scritti entrambi da Sofia Righetti, filosofa italiana specializzata in Disability e Crip Studies, attivista e femminista intersezionale e campionessa paralimpica di di sci alpino. Ed è proprio Sofia Righetti a ricordarci che, nel 2021, in un periodo di transizione, risveglio, riappropriazione dei propri spazi e delle proprie abitudini, dall’abilismo non si scappa. La petizione creata su Change.org per un turismo più accessibile, nasce proprio dalle sue denunce.
Durante l’ultima settimana di luglio, l’attivista si è recata in Toscana presso il Giardino dei Tarocchi (Pescia Fiorentina, comune di Capalbio), parco artistico ideato e finanziato dall’artista Niki de Saint Phalle nel 1979 e aperto al pubblico nel 1998. Il giardino è abitato da 22 statue dedicate alle figure degli Arcani Maggiori dei Tarocchi. “Niki de Saint Phalle ha elaborato e realizzato l’altro stretto rapporto tra arte, architettura e design, mentre, ancora, presenti ed evidenti sono l’integrazione arte-natura, tradizione-contemporaneità, forme-colore, materia-spirito, così da fare del Giardino dei Tarocchi” -citando la descrizione pubblicata sul sito ufficiale del parco- “un’opera totale.” Peccato che sia totalmente inaccessibile alle persone disabili. Sofia Righetti denuncia tramite una diretta instragram la totale mancanza di attenzione e tutela per le persone disabili da parte dell’amministrazione del Giardino.
Sul sito, all’atto della prenotazione, si comunicava l’accessibilità al parco “parziale”. Oltre alle difficoltà di prenotazione dell’ingresso (l’accompagnatore dell’attivista, nonostante fosse previsto anche per lui l’ingresso gratuito, ha pagato comunque per intero il prezzo del biglietto), i primi ostacoli si presentano al parcheggio: non essendo presente un’area parcheggio adatta alle persone disabili e in carrozzina, è possibile soltanto lasciare la persona disabile all’ingresso del parco, posare l’auto nel parcheggio sottostante e poi risalire all’entrata, senza tener conto: a) della possibilità che le persone disabili possano anche essere autonome, guidare, visitare da sole il Giardino dei Tarocchi e quindi non poter eseguire le operazioni richieste; b) una persona disabile potrebbe invece avere bisogno di assistenza maggiore, tale da non poter permettere a chi la accompagna di lasciarla sola all’ingresso per parcheggiare la propria auto. Dopo aver avuto accesso alla prima parte del parco -una piazza circolare in cui si accede soltanto ad una scultura- Sofia Righetti si rende conto di non poter visitare nemmeno parzialmente il Giardino dei Tarocchi, poiché verticale e collegato al suo interno solamente da scale. L’accessibilità parziale si è rivelata quindi totale, e la turista ha visitato il sito trasportata di peso per le scale per arrivare alle statue, insieme alla carrozzina e al triride, sotto lo sguardo attonito e indignato delle persone presenti, dimostratesi pronte ad una protesta inviando PEC e offrendo gratuitamente le proprie competenze per rendere accessibile la struttura. Il personale addetto non ha invece offerto alcun aiuto per rendere la sua visita dignitosa.
La diretta della Righetti ha provocato un call out piuttosto cospicuo. Sia Tripadvisor (su cui erano presenti già due commenti negativi relativi al tema) che Google sono stati inondati di recensioni negative di utenti relative ad inaccessibilità e mancanza di comunicazione da parte dell’amministrazione, che ha risposto prima cancellando tutti i contributi negativi, poi chiudendo la possibilità di commentare la struttura su Tripadvisor e poi ancora pubblicando un post di scuse su Instagram, parlando di episodi rari, di “portatori di handicap” -espressione vetusta e discriminatoria- e di impossibilità di intervenire sulla struttura poiché “modificherebbe la conformazione e la struttura stessa del parco” (per rendere accessibili i luoghi alle persone in carrozzina, basterebbero spesso delle semplici rampe, senza apportare grosse modifiche architettoniche). Sul sito è apparsa una sezione relativa all’accessibilità che spiega finalmente quanto il Giardino dei Tarocchi sia inaccessibile.
L’attivista, poco dopo e ancora in Toscana, sarà protagonista di una nuova discriminazione abilista a Cala Violina, celebre meta marittima della regione dove, dopo aver avuto accesso alla spiaggia tramite l’ingresso per persone disabili e con un permesso valido fino alle 19:00, a causa di un ritardo dovuto alla strada e alla sbarra d’accesso chiusa per tornare all’area pedonale, mentre il suo accompagnatore si sposta per cercare di capire come uscire dall’area, un addetto, innervosito dal ritardo della Righetti, l’apostroferà dicendole “Signora, la prossima volta eviti di venire”, con una spiaggia piena di persone abili, senza alcun problema di orario ne di accesso alla meta.
“La prossima volta eviti di venire” ha rappresentato per “Proud Travelers”, un gruppo informale che si occupa di fare divulgazione e informazione per un turismo più accessibile, la scintilla per creare e provare ad avere incidenza sulla regione Toscana e sul territorio nazionale per quanto riguarda l’accesso alle mete turistiche per le persone disabili e le discriminazioni abiliste che avvengono a macchia d’olio in tutta Italia, uno stato poco pronto per quanto riguarda la tematica. La petizione “lettera aperta per un turismo accessibile” denuncia proprio quanto gli episodi sopra citati siano soltanto la punta dell’iceberg di un sistema che esclude pedissequamente chiunque abbia una disabilità dal poter avere e pretendere una quotidianità pari a quella delle persone abili, anche nello svago e nel turismo. “Quello di Righetti non è che uno dei numerosi episodi di discriminazione abilista che avvengono ogni giorno nei confronti di molte persone, che vedono violato il loro diritto allo svago, al riposo e all’accesso alla cultura e ai suoi luoghi. […] il turismo è plasmato su standard che non includono o prendono in considerazione realmente tutte le persone. Chi appartiene a gruppi sociali marginalizzati ne risente in modo particolare e le persone con disabilità forse più di chiunque altro.”
Ed è effettivamente emblematico quanto il concetto di svago, riposo, non debba, a causa del nostro pensiero associativo, appartenere alle persone disabili. Loro non riposano, mai, dal non godere di un privilegio. Soprattutto chi, come Sofia Righetti e tante altre persone che si occupano del tema, tenta tutti i giorni di far presente quanto sia ancora presente una velata apartheid per chi è disabile in questo paese. L’abilismo si esplica infatti non soltanto nella discriminazione verbale, nella strumentalizzazione della disabilità come offesa dell’individuo, nel pietismo verso una categoria marginalizzata, ma anche in questa incomunicabilità sottesa e persistente che dice, ad una persona disabile di non essere nemmeno visibile, di essere talmente oscurata da non percepire il dovere di informarla, abolire una barriera architettonica per far sì che possa usufruire di un servizio. Un corpo non conforme come quello disabile diventa, in questo caso, invisibile.
A proposito di spiagge, giravano tempo fa alcuni contenuti social relativi a quale dovesse essere un corpo da spiaggia. Tali contenuti si riferivano ovviamente agli standard di bellezza imposti dalla società, che non accettano corpi non conformi a quel diktat. Il contenuto, fondamentale e importantissimo per la body positivity, la fat acceptance, per i corpi queer e per la performance di genere dei corpi delle donne, recitava: “per andare in spiaggia non serve un corpo da spiaggia, serve soltanto un corpo”. Fu proprio la Righetti a puntualizzare che, per andare su una qualsiasi spiaggia, attualmente, serve anche un corpo abile, perché sulla sabbia, a causa delle barriere architettoniche, una persona con disabilità non può neanche pensare di arrivarci. Chi è disabile, è così fuori anche dalla discussione e rivoluzione politica sul corpo, nonostante debba esserne figura portante, ed è fondamentale comprendere quanto la discussione attiva sul corpo delle persone disabili si interseca con quella sul femminismo, sulla comunità LGBTQIA+, sul razzismo, sul lavoro e la lotta di classe. L’abilismo (nessuno lo ricorda) è parte integrante del DDL ZAN, una legge che propone di fare il minimo indispensabile per prevenire ulteriori discriminazioni, in cantina a causa della classe politica di questo paese.
L’ultima discriminazione abilista a tema turismo e accessibilità dei luoghi d’arte, è avvenuta all’artista fotografa pugliese Claudia Amatruda, vincitrice tramite un concorso di uno spazio all’interno del Palazzo Palmieri per il festival internazionale di fotografia e arte -PHEST- di Monopoli. L’artista racconta, attraverso un lavoro fotografico, la sua condizione di donna con una rara malattia degenerativa. Palazzo Palmieri, tuttavia, è inaccessibile alle persone con mobilità ridotta, insieme a tutte le altre mostre. Il tema portante del festival, quest’anno, è il corpo.
Che si parli, per ogni attività che pervade la nostra vita, di corpi sì, ma di tutti i corpi. Le spiagge, il mare, le opere d’arte non possono essere abiliste. Le persone invece sì.
Maria Vittoria Santoro