23 Gennaio 2019
Ieri, martedì 22 gennaio, si è alzato un polverone in ambito politico/artistico: il Ministro del Lavoro Luigi di Maio, ha annunciato che sarà Lino Banfi, attore 81enne, a rappresentare il governo nella Commissione italiana per l’Unesco. Ciò che ha sconcertato maggiormente i cittadini italiani sono state proprio le parole che l’attore ha pronunciato sul palco: “Basta con tutti questi plurilaureati nelle commissioni, io porterò un sorriso“. Per poi continuare dicendo: “Ho posto subito le mie due condizioni: niente inglese e niente laurea“. Matteo Salvini, ormai esperto fashion blogger, non poteva non reagire alla notizia con una diretta Facebook in cui ha dichiarato: “E Jerry Calà, Renato Pozzetto e Umberto Smaila? Scherzi a parte, l’Italia è così bella che chiunque può difenderla e valorizzarla”.
L’UNESCO è un’agenzia creata con lo scopo di promuovere la comprensione tra le nazioni con l’istruzione, la scienza, la cultura, la comunicazione e l’informazione. Una delle sue missioni principali è quella di conservare il patrimonio culturale e naturale del pianeta e per preservare i diritti umani. L’annuncio fatto da Di Maio non permette di capire se Banfi sarà nominato nel Consiglio direttivo oppure come membro dell’Assemblea. Ciò che è certo è che Banfi è stato invitato a prendere il posto del documentarista e scrittore Folco Quilici (rappresentante del ministero dello Sviluppo economico dell’Unesco), morto lo scorso anno, grazie al cui lavoro il patrimonio culturale era entrato nella conoscenza e nel desiderio di milioni di italiani. Sarà Alberto Bonisoli, ministro delle Cultura, l’esponente del governo con cui Lino Banfi sarà chiamato a interfacciarsi soprattutto per quanto concerne le future candidature alla lista del patrimonio mondiale.
La domanda, a questo punto, sorge spontanea: cosa c’entra Lino Banfi con tutto ciò? Perché un attore comico, seppur molto bravo e capace nel suo mestiere, dovrebbe entrare a far parte di una commissione atta a “proteggere e conservare luoghi significativi dal punto di vista storico, culturale e ambientale”? Le ipotesi, le idee e i commenti a riguardo sono stati tantissimi. C’è chi non si è affatto stupito dell’accaduto, sostenendo che il governo pecchi di scarsa credibilità e che anche l’Unesco ormai non è altro che una gigantesca agenzia turistica che ogni anno è costretta ad inventarsi qualcosa per attrarre nuovi visitatori. Ma anziché rassegnarsi e accettare passivamente che ciò avvenga sarebbe stato opportuno nominare per questa carica qualcuno di competente che avrebbe potuto provare a “far rinascere” l’organizzazione, invece di una persona totalmente incompetente da questo punto di vista, che non ha conoscenze e che non sa nemmeno parlare in inglese. C’è chi crede, o vuole sperare, che quello di Banfi sia solo un ruolo simbolico: si sa bene che un personaggio famoso e popolare non avrà alcuna funzione in quella commissione se non di “portare un sorriso”, come l’attore stesso ha dichiarato.
Anche l’Osservatorio Internazionale Archeomafie esprime preoccupazione a proposito della nomina di Banfi sottolineando il fatto che il nostro Paese è il secondo contributore complessivo dell’Unesco, dopo il Giappone. Inoltre dal 1999 è uno dei membri del Consiglio Esecutivo dell’Organizzazione, l’organo di governo dell’Unesco eletto ogni quattro anni dalla Conferenza Generale. L’Italia, infine, è stata recentemente per la prima volta designata dai 195 Stati membri dell’Unesco alla Presidenza della Commissione Cultura della Conferenza Generale Unesco per il periodo 2017-2019. Questi traguardi sono stati ottenuti grazie alla competenza diplomatica e culturale della nostra delegazione e questa scelta rischia di far perdere all’Italia la credibilità e la fiducia degli altri stati, ma soprattutto la posizione di leadership faticosamente conquistata negli ultimi decenni.
Tutta questa faccenda ha aperto gli occhi un po’ a tutti mettendo in evidenza il fatto che al “governo del cambiamento” non importa nulla delle competenze e delle qualifiche. A loro non interessa degli storici dell’arte, degli archeologi, dei laureati in discipline umanistiche che sono costretti a cercare lavoro all’estero perché in Italia non vengono apprezzati come si dovrebbe, soprattutto perché si pensa che “chiunque possa occuparsi della bellezza”. Fare questo ragionamento in Italia, che a livello artistico e culturale non ha eguali, è vergognoso: è la conferma che in Italia il merito non conta per niente.
Il messaggio che il governo ha lanciato è il seguente: tutti possono fare tutto, anche ciò che non gli compete. Ed è un messaggio pericoloso, sbagliato ed ingiusto. Con quest’ultima “arlecchinata”, l’Italia apparirà agli occhi del mondo ancora una volta come un paese incapace di farsi prendere sul serio. Governo del cambiamento? Cambiamento sì, ma in peggio.
Michela Monaco